Guardava fuori dal finestrino del treno, mentre i campi sfumavano in un verde sempre più tenue sotto il cielo grigio. Il paesaggio si muoveva veloce, ma dentro sentiva che tutto immobile.
Nello zaino, stretto tra le mani, c’era la sua lettera. L’unica. L’aveva letta così tante volte da conoscerla a memoria, eppure non aveva smesso di stringerla, come se le parole potessero cambiare ogni volta che la riapriva.
“Mi dispiace. Ho provato a crederci, ma la verità è che non posso più farlo. Ti ho voluto bene, tanto. Forse troppo. Ma non nel modo in cui avresti voluto tu.”
Le parole ondeggiavano nella sua testa e risuonavano come un’eco lontana. Per mesi si era raccontato che Lei lo amasse, che quel sorriso fosse suo, che i silenzi non fossero altro che incertezze passeggere. Ogni gesto era una promessa, ogni attesa una speranza. Si era aggrappato a ogni parola, a ogni messaggio, a ogni sguardo, convincendosi che Lei lo avrebbe amato se solo avesse saputo aspettare.
Ma l’amore non si costruisce con la speranza. Non nasce dal desiderio di essere amati. Non è un’eco lontana. Non è illusione.
È l’incontro di due verità che si riconoscono e la sua verità, ora, non era altro che un’illusione spezzata.
Il treno rallentò e il suo sguardo si abbassò sulla lettera ancora aperta. Poi con un respiro profondo, la ripiegò con cura e la rinfilò nella tasca dello zaino. Sapeva che ci sarebbero voluti tempo e dolore per accettarlo, ma per la prima volta si concesse la verità. Non ciò che desiderava, non l’illusione, ma solo ciò che era vero.
“Nulla è più facile che illudersi, perché l’uomo crede vero ciò che desidera”