E’ la cadenza finale, è l’ultimo colpo andato a segno per l’ennesima volta dei Verdena. Quello che ci aspettiamo dagli artisti è che riescano a trasformare in musica e parole tutte le nostre emozioni, che riescano a scrivere la colonna sonora perfetta per le nostre giornate, che ci facciano compagnia con le parole giuste nei momenti in cui ci si isola. Alcune volte anche le parole più dolci o i sentimenti più puri possono essere espressi e tramutati in suoni taglienti, in melodie quasi inquietanti ma sicuramente impregnate di emozioni vere e di senso profondo.
I Verdena hanno urlato la rabbia adolescenziale delle generazioni di quasi un ventennio fa, hanno raccontato la ribellione, accompagnato le notti insonni, trovato parole di conforto per tutte quelle storie che ti si cuciono addosso e lasciano le cicatrici che con il tempo impari a guardare con meno disprezzo. Spesso chi riesce a crescere e sperimentare attira verso se le critiche più feroci. Basta con la nomea dei “Nirvana italiani”! Loro sono semplicemente i Verdena. Con il tempo gli orizzonti si allargano e si guarda oltre, in fondo è quello che ha fatto il gruppo bergamasco. A prescindere da tutto, scrivere tanti pezzi senza risultare ripetitivi o banali per comporre un album (che è stato diviso in due parti per volere della casa discografica) non è facile. Abbiamo pregustato il sapore di questa seconda parte del loro lavoro con il singolo “Colle Immane” brano che ha nascosto bene la crudezza dell’intero album e questo non poteva far altro che stimolare la curiosità nell’ascolto.
Le major non sbagliano quando decidono di puntare sul trio, che nel 1999 vede le luci della ribalta e l’album d’esordio varrà loro il premio come “Miglior Gruppo Rivelazione“. In tutti questi anni non hanno mai smesso di catturare l’attenzione del pubblico lanciandosi in sfide azzardate e mettendosi sempre in gioco senza temere le critiche, ma questa volta la prolissità non costituisce un elemento innovativo, già nel 2011 avevano pubblicato “Wow” un album doppio che viene considerato come il disco della maturità. Maturità, che sfocia definitivamente con la pubblicazione di Endkadenz Vol. 1 lo scorso gennaio e sette mesi più tardi la seconda parte Endkadenz Vol. 2 come giusta conclusione di quest’opera monumentale.
A differenza del primo, questo secondo volume ha una veste più veemente; elemento chiave anche qui diviene la distorsione, la voce di Alberto Ferrari è prepotentemente artefatta pur rimanendo graffiante e le seconde voci sono sostituite giocando con il fuzz, giusto per dare il solito tocco grunge. Mescolati bene al grunge compaiono strumenti insoliti come ad esempio il clavicembalo in Identikit, la zampogna che compare in Nera Visione o l’oboe in Waltz del Bounty, che non intaccano l’aggressività dell’album mantenendo sempre la loro linea rock. A tratti brani come Dymo seppur involontariamente si rifanno nel sound a Battisti del periodo sperimentale, come ha dichiarato Alberto Ferrari stesso.
Sicuramente il disco merita un attento e approfondito ascolto nella sua interezza, vista anche la sua complessità, per poter cogliere pienamente le diverse atmosfere sulle quali si struttura. Sono proprio le sfumature che rendono il lavoro dei Verdena davvero interessante. Siamo abituati alla loro stravaganza artistica portata avanti sempre con molta coerenza, che gli ha permesso di rimanere ancora una band alternativa sul panorama rock italiano. I Verdena possono dirsi senza ombra di dubbio fieri di questi ultimi lavori, hanno dato il giusto merito al nome che porta l’album colpendo con tutta la forza possibile.
Verdena – Endkadenz vol. 2
Endkadenz vol. 2 il colpo finale dei Verdena