Interviste

Valerian Swing – Intervista

A giugno è uscito Liminal, l’ultimo lavoro dei Valerian Swing, un disco importante che arriva a 7 anni di distanza dal precedente Nights e che segna una svolta epocale per la band emiliana, soprattutto sotto l’aspetto puramente compositivo. Abbiamo intercettato Stefano (guitars, synth and electronics), Francesco (guitars, synth and electronics) e David (drums and percussion) poco prima del loro concerto allo Scumm di Pescara il 18 dicembre.

Iniziamo partendo proprio da Liminal: quali novità avete introdotto in questo nuovo album?
F: Sicuramente con Liminal abbiamo aggiunto e tolto molte cose, se prima avevamo un incedere frenetico e chitarroso, diciamo così, adesso abbiamo voluto sperimentare molto di più con le tastiere e i campionatori. Le chitarre sono sì presenti, ma molto meno incisive, molto meno distorte.

D: Un tratto distintivo di questo disco è che, a differenza degli altri che hanno avuto una composizione piuttosto organica, questo è nato a distanza e di conseguenza ha avuto bisogno del suo tempo. 

S: Ovviamente sono cambiati anche i nostri ascolti negli anni, ci siamo allontanati dal math rock e da quel tipo di sonorità. Ci siamo avvicinati alla musica elettronica, ma anche al jazz. Abbiamo cercato di far coesistere queste nuove influenze in un qualcosa di personale. E’ stato, alla fine, un processo naturale, senza alcuna pianificazione né forzatura.

F: Arrivare in studio con un disco fatto e finito mi aveva un po’ stancato. Ho trovato tutto sommato stimolante produrlo man mano. Avere più controllo sul risultato finale ci ha regalato una visione non solo da musicisti,ma anche da co-produttori.

Da cosa deriva il titolo?
D: Di base questo album mette subito in chiaro dal primo ascolto questa grande contaminazione tra musica elettronica e strumenti acustici, che rappresenta il nostro cambiamento. Abbiamo pensato che il titolo fosse abbastanza calzante per far cogliere questo concetto, cioè quello che siamo stati e quello che saremo. 

Mi è balzata all’occhio la collaborazione con Giovanna Cacciola degli Uzeda: come siete riusciti a  coinvolgerla?
S: Tutto è nato da un’idea in studio: avevamo questo pezzo dal titolo “Indigo” e mentre ci stavamo lavorando abbiamo immaginato che si prestasse bene ad un timbro femminile. Subito ci è venuta in mente Giovanna, ci intrigava utilizzare la sua voce in un contesto diverso da ciò che fa con gli Uzeda. Anche lei ha riconosciuto che il prodotto che è venuto fuori le renda giustizia, pur portandola oltre i suoi canoni standard.

Il disco nuovo ha coinciso con il cambio di etichetta: avete scelto quindi di scollarvi da tutto quello in cui prima vi identificavate?
D: Abbiamo voluto fare un passo da “adulti”, autoproducendoci il disco. Pax Aeternum è l’etichetta che si è occupata della parte digitale. L’album l’abbiamo stampato noi con questa sorta di contenitore che si chiama Transition Totem, dove inseriremo tutti i nostri contenuti da Liminal in poi, per cercare di sostenerci in autonomia.

Quest’anno ricorrono i 10 anni di Aurora, forse il vostro album più emblematico: che ricordi avete di quell’epoca?
D: 10 anni fa avevo più capelli e meno figli (risate, ndr). 

S: Non mi sembra passato tutto questo tempo. C’era Alan al basso con noi. E’ stato un disco importante perché ci ha permesso di costruire tante relazioni che ci siamo portati avanti negli anni. Ricordo il produttore di Aurora, Matt Bayles che da Seattle era venuto a Correggio. L’abbiamo portato a vedere Juve – Napoli allo Juventus Stadium e poi a cena in un posto surreale per mangiare le tigelle, questo pane fritto con salumi ed altre blasfemie nostrane. Ricordo questi momenti con grande piacere.

Curiosità mia personale, visto che il 2024 volge al termine: qual è il vostro disco preferito di quest’anno?
F: “Damaged” di Ghost Dubs, un disco di musica elettronica di un produttore di Stoccarda, che prende le distanze dalla solita dub, togliendoci tutta la parte divertente, mettendoci una pesantezza estrema all’interno di un panorama rarefatto e nebuloso. Ve lo consiglio.

D: La prima cosa che mi viene in mente, anche se non sono certo sia del 2024, è “The Line Is A Curve” di Kae Tempest. E’ un lavoro che mi è piaciuto tantissimo, nonostante io non sia molto affine all’inglese e lei sia un’artista che fa un genere completamente distante da ciò che sento abitualmente. 

S: In realtà non mi sono molto dedicato all’ascolto quest’anno,ma così su due piedi ti dico “Cascade” di Floating Points. E’ un bel trip.

 

Valerian Swing: https://www.facebook.com/valerianswingmusic

Pax Aeternum: https://www.facebook.com/paxaeternumdigital

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Giovanni Panebianco

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