Esplorare orizzonti sempre nuovi restando fedeli alla propria vocazione tra radici, ispirazione e sperimentazione. Potrebbe riassumersi così il viaggio musicale che il chitarrista calabro Giorgio Caporale plasma da diversi anni con dovizia e dedizione imbracciando il suo fedele strumento.
Una passione quella per la musica che animandolo fin dalla tenera età, gli ha consentito di cavalcare nel tempo il richiamo ancestrale di cui è pregno il creato e del quale i portatori sani di talento si fanno da sempre tramite per generare arte in qualsiasi accezione a partire da un bacino d’ispirazione primordiale.
<<Credo che la fonte primigenia a cui attingo per dar forma ai miei progetti artistici sia la natura stessa– riflette Caporale. I suoi suoni, i ritmi e i silenzi mi parlano e mi ispirano come nessun’altra esperienza. A partire da ciò, esploro una moltitudine di influenze, dalla musica tradizionale alle atmosfere rock e jazz, con cui cerco di mantenere un legame sincero. È come se cercassi di trasporre il respiro della natura in musica, in quel dialogo tra elementi diversi che, pur non “pestandosi i piedi”, si armonizzano in un suono nuovo e in costante evoluzione>>.
Un percorso che come nella tradizione dei sentieri arricchenti e stimolanti intercetta negli incontri umani delle pietre angolari imprescindibili. Perché non esiste apprendimento senza confronto, non esiste allievo in crescita senza una guida che lo indirizzi per poi lasciarlo libero di spiccare il volo.
<< La vicinanza nella mia fase di crescita artistica, di un maestro chitarrista come Gigi Cifarelli – come anche quella del maestro Franco Cerri – si è rivelata molto significativa. Loro mi hanno insegnato l’importanza dell’ascolto e del lasciare spazio, sia nella musica sia nelle relazioni umane. Mi han fatto capire quanto sia fondamentale aprirsi all’altro e permettere a influenze diverse di arricchire il proprio percorso>>. Così Giorgio Caporale, che ha fatto incetta di collaborazioni ed incontri ci introduce alle origini di un grumo ispirazionale sfaccettato e al contempo limpido da cui trae energia anche nel presente.
È proprio seguendo tali suggestioni che l’artista riesce a miscelare diverse atmosfere melodiche più variegate senza che ciò equivalga a generare confusione. Si tratta piuttosto di un “caos generativo” da coltivare con cura, proprio perché culla di una fruttuosa semina che non trascura nessun lembo di realtà anzi ne è alla continua ricerca. È così che il guizzo jazz, blues, rock, country e il folk sperimentale possono naturalmente conversare con le incursioni Street, dando forma ad un rigoglioso giardino sonoro.
<<Per me– ammette il chitarrista lametino-il mondo esterno è una fonte inesauribile di ispirazione, dai suoni della strada fino alle tracce più classiche della musica d’autore. Cerco di portare questi elementi dentro i miei brani, integrandoli in modo naturale. Così come Lennon usava la musica per raccontare la realtà intorno a lui, anch’io cerco di interpretare le vibrazioni del mondo che mi circonda, plasmandole in modo che possano fondersi con il mio linguaggio musicale. È una forma di rispetto per la realtà e un modo per creare qualcosa che possa essere universale. Ho un metodo compositivo piuttosto intuitivo che parte sempre da un’emozione specifica o da un’immagine mentale. Una volta individuata lascio che sia la chitarra a guidarmi: è il mio strumento principale, quello che dà inizio alla struttura del brano. Ogni elemento che aggiungo – dal pianoforte ai fiati o altri strumenti – deve inserirsi come un “colore” che arricchisce il quadro senza mai sovrastarlo. Non cerco una meta definita, ma un equilibrio che possa toccare chi ascolta, accompagnandolo verso un viaggio interiore>>.
È nell’ottica di una contaminazione che fluttua tra passato, presente e futuro che diviene interessante comprendere quali energie umani e trascorsi professionali possano aver condotto Giorgio Caporale (il quale serba nel proprio bagaglio esperienze certamente legate al territorio natio ma non solo) a concepire l’ultima in ordine temporale tra sue creature di note: il brano “The Day After”.
Una traccia che arriva dopo la tripartizione conseguenziale nella costruzione e nelle intenzioni comunicative (confluita nel 2023 con un ultimo pezzo) e trova in questo nuovo tassello una evidente prosecuzione in termini di ricerca stilistica ed espressiva come già fu per le pregresse operazioni connesse ad una personale rivisitazione del repertorio di John Lennon (Testa o Croce), con i brani ispirati alla città di Madrid (Menina) con immagini fortemente urbane nonché quella rilettura in salsa contemporanea dei chitarristi statunitensi degli anni 50 e 60 senza dimenticare le sonorità jazz di” ExSir” o quelle folk- blues di “Suite of the Six Mountains” ed ancora la declinazione rock progressive in “Sunflower”.
In qualità di chitarrista multi stilistico che rifiuta le etichette e le compartimentazioni sterili, Giorgio Caporale si è nutrito di incontri, celebrando ogni volta la nascita di un nuovo cosmo creativo che lo conducesse ad immaginare cosa gli avrebbe riservato “il giorno dopo” senza mai scordare il punto di partenza.
<<Le mie radici sono presenti in ogni nota che suono: la Calabria, con i suoi paesaggi e la sua storia, è parte del mio mondo interiore. Non mi sento vincolato a esse, piuttosto cerco di portarle con me come un’ispirazione che si unisce alla mia ricerca musicale universale. È un equilibrio tra appartenenza e trascendenza: nelle mie composizioni c’è una parte di quell’energia antica, ma lo scopo è toccare l’universale, creare musica che possa parlare a tutti, al di là di confini geografici o culturali. Per esempio la trilogia che precede il mio ultimo lavoro incarna un percorso di scoperta e introspezione. Ogni traccia ha una sua identità precisa, ma insieme formano un viaggio che attraversa diverse fasi emotive: il primo brano, Sun Flower, è più radicato e riflessivo; il secondo, Menina, introduce un’apertura verso atmosfere più fluide e il terzo, Red Lizards, pur mantenendo quella ricerca, esplode in una sintesi musicale. È come un racconto di cui The Day After rappresenta la conclusione: un brano che si fa distillato emotivo di tutti e tre i singoli precedenti e quindi anche delle esperienze che rappresentano>>.
Ma come si potrebbe condensare lo spirito sotteso a questo nuovo micro universo (in cui Caporale si avvale del talento pianistico di Lucio Ranieri e la cui natura visiva è restituita nel videoclip diretto da Andrea Grande), battezzato “ The Day After”?
<<The Day After è– sintetizza il chitarrista-un dialogo, ma potremmo dire che è anche un confronto. In questo brano, la chitarra rappresenta quasi una voce che si impone, attraversando le note del pianoforte come un grido, un lamento d’anima per chi ascolta. Ho voluto creare una musica che non canta se stessa, ma tende note come mani aperte, un dolore offerto, non per compiacersi ma per lasciare tracce su altre vite. Non cerca specchi né applausi, vibra in segreto, ardendo nell’ombra, e si propone come una ferita che si dona agli altri. È un segno d’amore, un sacrificio di suoni>>.
Se è vero che le più grandi storie di passione e trasporto sono un equilibrio di contrasti e armonie, cosa più di un “RING” strumentale che invita ad attendere un nuovo giorno può tradurre al meglio questa sensazione di tumulto e pace che si alterna in chiave complementare? In questo guscio di contrasti armonici si agita il battito di Giorgio Caporale, che vive di suono, giorno dopo giorno.
Credits:
Gerli Music Management
Foto: cover singolo- Roberta Scardamaglia
Foto: Giorgio Caporale – Pasqualino Caparello