Il mondo del giornalismo videoludico, anche se non sembra, é vasto e sarebbe sicuramente variopinto di idee e di opinioni, se solo non fosse per alcuni fattori che intossicano il sistema. Ma quali sono questi fattori? E perché sono così nocivi?
Innanzitutto, come hanno fatto gli sviluppatori di Enotria, i publisher possono bloccare le chiavi di gioco gratuite a quei giornalisti che parlano male o in modo indesiderato del gioco in uscita, i quali, per riuscire fare una recensione completa, devono poi comprare il gioco all’uscita finendo per far uscire l’articolo quando ormai non frega più a nessuno se non, citando testualmente, alle loro madri.
Per questo motivo molti giornalisti rilasciano recensioni con opinioni sempre più condivise, piatte e al livello di tutte le altre, cercando di non sbilanciarsi troppo, perché nessuno vuole perdere la propria fetta di pubblico e di click, ma per riuscirci non devono infastidire chi fornisce le chiavi di gioco in anticipo, ovvero i publisher stessi.
Una soluzione che mi viene in mente implicherebbe l’entrata in azione di un nuovo attore nel sistema, il quale fungerebbe da tramite tra publisher e giornalisti e dovrebbe essere l’unico ad avere il “privilegio” di ricevere le chiavi di gioco in anteprima per poi smistarle in maniera univoca alle testate e ai creator che le richiedono, andando ad eliminare il problema di questa “subdola corruzione” che ha portato il giornalismo videoludico a perdere di credibilità.
In realtà, nel suo articolo “Ulteriore piccolo vademecum sul giornalismo videoludico”, Lorenzo Fantoni sottolinea più volte che non c’è alcun tipo di corruzione esplicita, nessuno viene pagato per scrivere bene di un gioco, quello che sta succedendo è semplicemente la conseguenza di un abuso di potere da parte dei publisher che, investendo un lauto capitale nello sviluppo e nella pubblicizzazione di un gioco, non possono permettersi che questo muoia anche prima dell’uscita per via delle troppe recensioni negative, andando però ad appiattire gran parte della critica.
Quindi alla fine sono anche le aziende stesse ad essere intrappolate nel circolo vizioso che le porta a dover mettere in pratica certe misure per non rischiare di “floppare”, che con i budget di produzione di oggi equivale a chiudere i battenti.
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