Noi donne abbiamo mille sfumature, siamo diverse l’una dall’altra ma la lotta per i diritti di una sola di noi è la vittoria di noi tutte. Da sempre siamo state definite in rapporto al modello maschile, credo, invece, che la nostra forza sia nel non avere mai avuto modelli a cui riferirsi.
E’ stata fatta molta strada ma ancora ce ne è molta da percorrere per raggiungere una parità nei diritti piu’ equa sul percorso di emancipazione della donna e sulla condizione femminile nel mondo.
Guardiamo ad esempio il rapporto pubblicato dal World Economic Forum che valuta i progressi fatti verso la parità di genere nei settori della politica, dell’economia, dell’istruzione e della salute di 153 paesi, nel 2019 l’Italia si classificava al 76esimo posto.
Per me, come immagino sia per molte altre donne, è un atto automatico contare oggi le firme femminili sui giornali oppure vedere quante sono invitate alle riunioni di potere importanti. Queste assenze riflettono una carenza del pensiero: si ragiona ancora troppo in termini maschili a cominciare dal linguaggio usato. Il femminile esiste, perchè continuare ad ignorarlo?
La parola riflette la cultura di chi parla e che troppo spesso non combacia con la realtà dei fatti. E’ il linguaggio che determina la realtà ecco perchè è importante che la lingua sia un mezzo fondamentale e imprescindibile per il raggiungimento della parità di genere, per una narrazione rispettosa delle donne e del loro agire.
Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il 22 marzo inaugura (fino al 27 giugno) la mostra Io dico Io – I say I ispirata dall’opera di Carla Lonzi, una scrittrice che ha sempre trattato nelle sue opere la condizione della donna nel mondo. La mostra coinvolge 40 artiste la cui soggettività va a ricomporre una sola moltitudine.
Diceva un’altra donna forte Goliarda Sapienza che: “Il tema dei diritti civili deve essere al primo punto dell’agenda politica: fino a quando non saranno rispettati i diritti delle donne, non ci sarà possibilità di difendere ed estendere i diritti di nessuno.”
Prima di arrivare ad un’equità di genere totale e mondiale possiamo sempre continuare ad appellarci al diritto all’immaginazione. Scrive, infatti, Azar Nafisi in “Leggere Lolita a Teheran” (Adelphi 2004) «La mia fantasia ricorrente è che alla Carta dei Diritti dell’Uomo venga aggiunta la voce: diritto all’immaginazione. […] Per vivere una vita vera, completa, bisogna avere la possibilità di dar forma ed espressione ai propri mondi privati, ai propri sogni, pensieri e desideri; bisogna che il tuo mondo privato possa sempre comunicare col mondo di tutti. Altrimenti, come facciamo a sapere che siamo esistiti?».
E’ proprio appellandosi a questo diritto che la scrittrice iraniana è riuscita insieme ad un gruppo di sue studentesse a sopravvivere al periodo cupo della rivoluzione di Khomeini. Grazie alla letteratura, tutte sono riuscite a superare le condizioni di privazione dei diritti più elementari, leggendo insieme importanti capolavori della cultura occidentale e andando contro le regole di un regime censorio.
SOund36 augura a tutte le donne una buona festa e spera che possa essere e avverarsi ogni giorno.
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