Non capita spesso di giocare ad inventare il mondo circostante. Forse più la vita che vorremmo…forse più il mestiere che vorremmo fare “da grandi”. Ed altrettanto raramente, soprattutto per noi che mangiamo rock e indie a colazione, gli uffici stampa e le label ci fanno conoscere dischi che sicuramente conservano in se una tradizione lunga di generazioni ma che al grande pubblico non arrivano con facilità e sembrano quindi autentici miracoli del tutto originali. Ma a lavorare con la Protosound Records, per esempio, di sicuro questo non accade. Quindi vi presento Michael Hedges, lo conoscono in molti, vi presento nomi impossibili da non citare, Artisti mondiali e attualissimi come Tommy Emmanuel. E gli esperti del settore avrebbero forse nomi e nomi e nomi…una lista lunga quanto un treno merci. Scendendo più sulla TERRA oggi ascolto SIMONE AGOSTINI, un disco di sola chitarra acustica. Si intitola “MAKA” che significa proprio TERRA in lingua Sioux e questo credo basti a farvi un riassunto epistolare di cosa sta per raccontarci la sua Lowden, la sua Larrivée…ma Agostini suona anche un Flauto dei nativi americani, suona anche un Bouzouki Greco e si fa impreziosire dalla Viola del M° Peppino Pezzulo come nella infinita traccia dal titolo “Time”…si fa gratificare e arricchire anche dal violino di Francesco Moneti dei Modena City Ramblers che non a caso fa la sua comparsa in brani più ritmati come “Spring Dance” o “Mediterranea”, brano questo in cui fanno degna comparsa anche i colori etnici e vaporosi delle percussioni del M° Walter Caratelli.
Mi sento disarmare dal normale approccio alla musica e si rende necessaria quella cultura che fa codificare un simile bagaglio tecnico e compositivo. Di certo, queste 10 tracce non stupiscono di quel virtuosismo evidente e sfacciato e questo è (credo) segno anche di grande gusto e maturità e, non meno importante, di quella semplicità che rende facili anche le cose impossibili. La cura del suono e delle poesie melodiche mi trascina e mi fa sognare, il viaggio che intende regalarmi lo propone con decisione e carattere e non spaventa ma, senza presunzione, stupisce.
“MAKA” è il secondo disco di Simone Agostini, forse ancora troppo giovane o forse già fin troppo maturo. Un disco che mai per una volta arriva in vetrine mediatiche che in genere, dischi di questa portata, non li vedono passare neanche scritti per sbaglio. E noi di Sound36 già ne avevamo parlato, già più volte e già dal suo esordio.
Forse è anche questa l’altra faccia di una cultura discografica che rende preziosa la produzione del nostro paese. Lascio agli esperti del Fingerstyle e dell’arte compositiva della chitarra acustica fare i professori sulle esecuzioni e sulla diteggiatura. Io, sotto suggerimento del suo producer e cantautore Paolo Tocco, mi limito a chiudere gli occhi e lasciare i bagagli dietro la porta di casa. Avevi ragione Paolo: la chitarra di Simone Agostini ha saputo fare tutto il resto.
Pino Moretti