Interviste

Ruben Micieli: «Vivere per la Musica è il mio impegno quotidiano»

Pensi mai alla vittoria?
Sinceramente non spesso, nel senso che vincere non è una mia priorità assoluta. Sembrerà sicuramente scontato e banale, ma per me è già una enorme soddisfazione esser stato selezionato. Se poi dovesse arrivare, certo non disdegnerei la lunga tournée – ben cinque anni! – nella quale sarà impegnato il vincitore, e che prevede la possibilità di esibirsi nelle più prestigiose sale da concerto del mondo, compreso il Carnegie Hall di New York…

Abbiamo appuntamento per mezzogiorno. Eppure, quando lo squillo del telefono irrompe nella sua quotidianità, il pianista Ruben Micieli, classe 1997, residente a Comiso (Ragusa), ma cosmopolita d’adozione, sembra quasi sorpreso di esser stato distolto dalle sue incombenze musicali, dalle quali si lascia assorbire completamente. Conosciamo più da vicino il giovane talento casmeneo, reduce da una esaltante partecipazione alle eliminatorie    della diciannovesima edizione del Concorso Pianistico Internazionale “Fryderick Chopin” di Varsavia:

Ruben, il tuo è indubbiamente un talento precoce: ci racconti il tuo primo incontro con il pianoforte?
Il primo incontro con il pianoforte, avvenuto all’età di circa tre anni e mezzo, lo devo sicuramente a mia madre: avevamo una tastiera digitale in casa perché lei stessa, per un certo periodo, aveva preso delle lezioni e si dilettava a strimpellare qualcosa. Fin da bambino, il pianoforte mi attirava e da subito dimostrai un buon orecchio assoluto, oltre che un ottimo intuito musicale. Così una prozia, la cui figlia prendeva già delle lezioni di pianoforte, propose a mia madre che la stessa insegnante (la pianista serba Javorka Misic, tuttora residente a Comiso N.d.R.) seguisse anche me e io accettai, con quel pizzico di incoscienza che contraddistingue tutti i bambini. Certo, fino ai dodici anni, pur studiando musica regolarmente, toccava talvolta a mia madre spronarmi all’esercizio costante con il pianoforte, ma, nel corso degli anni immediatamente successivi, i ruoli si sarebbero invertiti e sarebbe stata lei a invitarmi a riposare di più e a suonare un po’ meno…

A quali (altri) maestri senti di dover dire grazie per averti accompagnato nel tuo percorso di formazione umana e musicale?
Sono molti i nomi che potrei fare, ma tra questi spiccano sicuramente quello di Giovanni Cultrera, al quale fui affidato entrando in Conservatorio (il Conservatorio Vincenzo Bellini di Catania, dove il Maestro Cultrera di Montesano, attuale Sovrintendente del Teatro Massimo etneo, insegna, tra le altre discipline, Pianoforte principale da molti anni, e sotto la cui guida Micieli ha completato gli studi accademici nel 2019, a ventidue anni) con il piglio totalmente anarchico di chi, formato da un’insegnante di scuola russa, aveva imparato a suonare senza passare dalla maledizione del solfeggio – immagina le facce esterrefatte dei professori quando mi presentai  direttamente all’esame per l’ammissione al quinto anno di Pianoforte! – e, in seguito quello di Aquilles Delle Vigne (pianista argentino recentemente scomparso, fondatore dell’Accademia Internacional de Musica Aquiles Delle Vigne, presso l’Università di Coimbra in Portogallo, dove lo stesso Micieli ha perfezionato i propri studi, diplomandosi nel 2018), che conobbi a Catania durante una sua masterclass al Collegio d’Aragona e al seguito del quale sarei successivamente approdato al Mozarteum di Salisburgo. Fu proprio lui a dirmi una frase che non dimenticherò mai, ovvero: «Tu suoni con le dita, ma non con la testa». Ho fatto tesoro di quella critica e, crescendo, ho capito che chi vuol fare musica ad alti livelli non deve fidarsi solo del proprio istinto, ma concedere il giusto spazio anche alla razionalità e alla tecnica.     

Tu ora ti occupi esclusivamente di musica, scelta singolare e coraggiosa per un artista così giovane, specialmente di questi tempi: come sei arrivato a maturare questa decisione?
Credo che la decisione sia arrivata naturalmente, quando mi sono reso conto che qualunque attività avessi intrapreso, la musica ne avrebbe comunque fatto parte. Da bambino chi suona sogna sempre di poter fare il pianista o il concertista, poi capita che, da grandi, le circostanze della vita impongano una deviazione da quel progetto originario. Nel mio caso questo non è avvenuto e, se da un lato devo ringraziarne il talento e la perseveranza, dall’altro non posso che ribadire di essere stato anche fortunato. Inoltre, devo dire che aver frequentato il liceo linguistico mi è stato di grande utilità: quando viaggio per lavoro, mi è sicuramente d’aiuto poter parlare anche lo spagnolo e il francese, oltre che l’inglese. Certe sfumature culturali, che altrimenti rimarrebbero in ombra, hanno tutto un altro sapore se le si può gustare nella loro lingua originale…

A proposito di esperienze all’estero, ti sei recentemente classificato tra gli ottantacinque pianisti che gareggeranno per la vittoria nella diciannovesima edizione del Concorso Pianistico Internazionale “Fryderick Chopin” di Varsavia il prossimo ottobre. Ci racconti com’è andata?
Quella sì che è stata una sorpresa! (Ride di gusto n.d.R). Per carattere sono molto pacato, tendo a non lasciarmi trasportare dalle emozioni – a meno che non stia suonando, ovviamente! – ma non nascondo che ho rischiato di svenire! Varsavia è di per sé una città intrisa di echi musicali potentissimi, una città nella quale Chopin, tanto per il Suo contributo musicale, quanto per la Sua vicenda umana, è considerato una sorta di dio pagano, circostanza che non credo d’aver mai visto verificarsi per nessuno in Italia. E poi quello di partecipare alla competizione era un sogno che coltivavo fin da ragazzino e che ho continuato a rinviare anno dopo anno perché trascinato nel vortice di altri impegni musicali. Quando mi sono accorto che questa, anagraficamente, sarebbe stata la mia ultima occasione (il regolamento fissa il limite di partecipazione alla competizione a 30 anni N.d.R.) ho deciso che era giunto il momento di provare.  La preparazione è stata lunga e laboriosa (Micieli ha approfondito la sua conoscenza del repertorio romantico e chopiniano sotto la guida del pianista latinese Roberto Prosseda N.d.R.), ma direi che ne è valsa la pena!

Pensi mai alla vittoria?
Sinceramente non spesso, nel senso che vincere non è una mia priorità assoluta. Sembrerà sicuramente scontato e banale, ma per me è già una enorme soddisfazione esser stato selezionato. Se poi dovesse arrivare, certo non disdegnerei la lunga tournée – ben cinque anni! – nella quale sarà impegnato il vincitore, e che prevede la possibilità di esibirsi nelle più prestigiose sale da concerto del mondo, compreso il Carnegie Hall di New York…

Oltre che un finissimo interprete del repertorio classico, tu sei anche compositore e direttore d’orchestra. In che modo concili questi tre aspetti della tua esperienza musicale?
La composizione è stata una esigenza naturale, ha fatto e continua a far parte della mia vita, tanto che non ho mai pensato di accantonarla, né di “sostituire” il pianoforte con qualche altro strumento, per quanto ami moltissimo gli archi e in particolare il violino e il violoncello. Non rinuncerei mai a quel sottile gioco tra sperimentazione e ispirazione che innerva ogni composizione. Talvolta “sento” la Musica in testa, tal altra cerco di afferrare e combinare molecole musicali alla rinfusa, che sulla carta pentagrammata – adoro la tecnologia, ma quando mi è possibile preferisco scrivere tradizionalmente a penna, perché trovo che il computer smorzi un po’ l’entusiasmo del processo creativo – assumono tutt’altra forma. Alla direzione d’orchestra, invece, sono approdato recentemente, nel 2022, cedendo quasi alle insistenze di Gonca Dogan, un soprano di origine turca che io accompagno al pianoforte da moltissimo tempo, e che si è sempre stupita della mia sensibilità e adattività alla sua voce e agli altri strumenti, nonché della mia fidanzata, Giulia Privitera, a propria volta pianista e soprano, che da tempo mi incitava a prendere lezioni di direzione d’orchestra. Devo dire che questa attività mi sta dando l’opportunità di riflettere a fondo sui brani che si eseguono e, soprattutto, di avere una visione d’insieme sulla loro struttura. Poi non posso negare che dirigere significhi anche imparare a negoziare tra esigenze ed esperienze artistiche diverse. È una grande palestra di diplomazia! (Ride, N.d.R.)

Nell’attesa di tornare ad applaudirti sul palcoscenico, ci riveli qualche tuo progetto o ambizione futura?
Se avessi più tempo da dedicare alla composizione, oltre che perfezionare la stesura di alcuni miei brani o effettuare la registrazione di alcune partiture già pronte, continuerei a scrivere una serie di Studi per Pianoforte – ne ho già composti quattro – che nelle mie intenzioni non sono solo tecnici, ma anche esteticamente godibili, dato che per le esigenze legate alla partecipazione al Concorso di Varsavia, ho approfondito i ventisette di Chopin. Ovviamente, non che ambisca a raggiungere i Suoi livelli – sarebbe impossibile! – ma è vero che spesso chi compone lo fa anche “per rapina” e il confronto con i grandi del passato, talvolta, si rivela inevitabile. Credo, comunque, che questo accada sempre a chiunque voglia vivere per la musica, come mi auguro di continuare a fare io…

   

About the author

Maria Concetta Trovato

Maria Concetta Trovato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filologia Moderna presso il DISUM (Dipartimento di Scienze Umanistiche) dell’Università di Catania nel 2016, con una edizione critica dei Dialoghi con Leucò di Pavese, attualmente in corso di pubblicazione per Sinestesie.
Due volte insignita del Premio Pavese per la saggistica inedita, dal 2015 è socia della MOD (Società italiana per lo studio della modernità letteraria) per la quale ha curato diversi contributi critici, editi da ETS. Nel 2021 ha partecipato all’edizione Mondadori dell’Opera Poetica di Pavese, occupandosi specificamente della sezione relativa alle prove di traduzione dello scrittore dalla poesia inglese e americana.
Ha recentemente contribuito al volume Cesare Pavese Mythographer, Translator, Modernist. A Collection of Studies 70 Years after His Death per la casa editrice Vernon Press di New York.
Attualmente è Docente di Ruolo di Discipline Letterarie e Storia, nonché Referente del Corso Serale, presso l’Istituto Alberghiero “Principi Grimaldi “di Modica (Ragusa)

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