Non mi manca la fotografia.
Per niente.
Sono sempre uscito alla notte per svolgere puntualmente il mio lavoro, senza tradire il musicista e il gestore del locale. Sono sempre stato disponibile con chi mi offriva una serata unica. Ho sempre reso il musicista partecipe del mio lavoro, ci siamo sempre mescolati insieme. Non ho bisogno di mega obiettivi perché il mio stile è quello di essere sotto il palco per “aggredire” la scena.
Non mi manca la fotografia.
Per niente.
Ho lavorato in studio sempre con puntualità e con gente fantastica, ho condiviso momenti di rabbie e incomprensioni con momenti altissimi, senza tradire il mio lavoro e con il massimo rispetto del soggetto che devo fotografare. L’ho sempre aiutato nei momenti più difficili fregandomene di cosa poteva pensare.
Non mi manca la fotografia.
Per niente.
Ma allora cosa cerco?
Cerco l’umanità, la semplicità, lo scambio emotivo. Quando scatto, chi mi è davanti, deve scaricare tutta la sua tensione, le sue paure, deve fidarsi di me in quel momento; è capitato a volte, che dopo poco spengo la macchina fotografica e me ne vado. Non è una scelta da megalomane né tanto meno dettata da riflessioni affrettate, è un sentimento che in quel momento non parte. Non c’è niente da fare.
Non me ne vergogno, anzi, per me esiste solo il rapporto di interscambio con il soggetto, con il palcoscenico e con il gestore, chiunque sia.
Nella mia lunga vita di fotografo, tra macchine a rullino e moderne reflex, ho sempre portato con me l’entusiasmo e la semplicità per rendere lo scatto unico ed emotivamente alto.
Ecco perché la fotografia non mi manca, ora riesco a gestire tutte le mie funzioni di fotografo garantendo ai musicisti, e non solo, il massimo del lavoro, sia durante lo scatto che dopo, in post produzione, che tra le altre cose l’ho ridotto al minimo perché lo trovo un “falso scatto”.