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Raymond Carver – La casa di Chef

Scritto da Liceo Tasso

“Chi siamo?” è la domanda intorno alla quale Carver ha costruito “La casa di Chef”. Noi siamo quello che siamo ed essere noi stessi è l’unica scelta che abbiamo.

di Giulia Butturini

“La casa di Chef” è un racconto breve dello scrittore e poeta statunitense Raymond Carver. L’autore, nato nel 1938 nell’Oregon e vissuto in una famiglia di umili origini, capisce presto che la sua passione è la scrittura. Così, incoraggiato anche dalla moglie Maryann, decide di continuare gli studi e intraprendere la carriera di scrittore.
Il racconto fa parte della raccolta “Cattedrale”, pubblicata poco prima della sua morte, scritta dunque nell’ultimo periodo della sua vita, quando la malattia lo stava piano piano svuotando sia dal punto di vista fisico che morale.
Wes, ex-alcolista, ritrova finalmente un momento di stabilità e chiede alla moglie Edna, narratrice della storia, dopo due anni di separazione, di andare da lui. Lei accetta e i due passano un’estate bellissima nella casa sul mare che Wes aveva affittato a basso costo dall’amico Chef. All’improvviso però sono costretti a lasciarla. Questo sembra turbare profondamente l’equilibrio che si era creato.
Il racconto fotografa un frammento della vita dei due protagonisti, con pochi riferimenti al passato ed un totale blackout sul futuro: si chiude lasciandoci in sospeso. Cosa succederà ai due dopo aver lasciato la casa? Si lasceranno anche il loro amore alle spalle? Sta a noi dare la nostra personale interpretazione ed immaginare il futuro dei due personaggi.
La narrazione di Edna è una mera descrizione dei fatti; la narratrice non commenta gli eventi e non dà spiegazioni. Lo stile è lineare ed essenziale. Il tracciato che giunge a noi è uno spaccato di vita vera, i cui protagonisti sono persone umili, profondamente umane.
Nel racconto non compare alcuna descrizione fisica dei personaggi, e ciò pone in maggior rilievo gli aspetti psicologici. Ma neppure questi ultimi sono oggetto di un esame esplicito da parte dell’autore: trapelano invece tra le righe, spingendo il lettore a formulare delle ipotesi sulle ragioni soggettive che muovono le azioni dei due protagonisti. In pratica Carver avvince chi legge incastrandolo in una relazione introspettiva con i personaggi, nella quale il lettore stesso è parte attiva.
“La casa di Chef” è una storia sulla fragilità di coloro che sono soggetti a dipendenze alla cui base sta un vuoto che queste persone sentono la necessità di colmare. Wes ha sempre tentato di riempire il suo vuoto con l’alcol. La “casa felice” di Chef e la compagnia di sua moglie creano un contesto positivo, una sorta di favorevole congiuntura astrale che permette ai due di ritrovare un equilibrio e di colmare quel vuoto con una forma di serena normalità e di ritrovare l’apparente stabilità che tempo prima aveva perduto… ma la fragile realtà del loro essere incombe fuori della casa. Infatti, nel momento esatto in cui Wes si rende conto che il contesto emotivo accogliente viene meno e che presto dovrà uscire allo “scoperto”, si sente perduto e scivola di nuovo in quel vuoto che lo aveva trascinato verso l’alcool… Edna “conosce bene quell’espressione” del suo volto, quei gesti stereotipati che compaiono come a sostituire la “presenza” di suo marito…. E quello sguardo si para all’improvviso anche davanti ai nostri occhi, la terra traballa sotto i nostri piedi, perché nulla può Edna e nulla possiamo noi per arginare il vuoto che avvolge chi sta per perdere ancora una volta la propria identità.
“Metti che niente di tutto il resto fosse mai successo… Dove saremmo allora? Gli ho detto.”
E’ nel momento in cui Edna pronuncia questa frase che Wes prende “la sua decisione”…
C’è una distanza abissale che li divide in questo momento: lei, quando l’equilibrio viene alterato, si sveglia quasi da un sogno, e percepisce che quell’estate era stata un’illusione e una serie di circostanze fortunate aveva permesso loro di vivere un periodo sereno, una parentesi idillica di una storia che non era più reale.
Così si prende la libertà di immaginare come sarebbero andate le cose se avessero vissuto la loro vita diversamente.
Lui invece le risponde: “Allora immagino che saremmo altre persone. Persone che non siamo”.
Wes non vuole immaginare: ha bisogno di rimanere ancorato alla realtà per non precipitare di nuovo nell’abisso che per anni lo aveva intrappolato. A differenza di Edna infatti non vive nell’illusione. Per lui quell’estate è stata reale, la casa è stata reale, il loro amore è stato reale.
“Chi siamo?” è la domanda intorno alla quale Carver ha costruito “La casa di Chef”. Noi siamo quello che siamo grazie ai nostri vissuti e a tutte le nostre esperienze. Possiamo agire in modo tale da cambiare il nostro futuro, ma il nostro passato è lì, ed è quello che ci ha resi noi stessi.
L’estate felice di Edna e Wes discende dal loro passato e, per questo, immaginare di cambiare il passato per Wes significa negare il presente, ed egli non può e non vuole accettarlo. Noi siamo quello che siamo ed essere noi stessi è l’unica scelta che abbiamo.

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Liceo Tasso

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