Recensioni

Phill Reynolds – A sudden nowhere

Scritto da Giovanna Musolino

Undici ballate per un album di estrema bellezza

Scrive Marguerite Yourcenar: “Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove”.
Dilatare lo spazio, amplificare le percezioni, annullare le linee di demarcazione, ricongiungersi a quel luogo cui si sente di appartenere: i motivi che inducono a vagare sono molteplici e diversi.
Necessità, bisogno, urgenza insopprimibile: per un artista, sicuramente, il viaggio è anche esplorazione, ispirazione, estro.
Veneto dall’animo errabondo e cosmopolita, Phill Reynolds, alter ego di Silva Cantele, dalle peregrinazioni ha sempre tratto la linfa vitale per le sue composizioni. Abituato a vivere on the road, dal 2012 a oggi, ha collezionato oltre cinquecento concerti.
La forzata reclusione dovuta alla pandemia lo ha, in qualche modo, costretto a rivedere il suo approccio alla musica: più che comporre nuovi brani ha preferito dedicarsi alla cospicua mole di materiale scritto e immagazzinato nel corso degli anni. Così nasce A sudden nowhere, uscito all’inizio di quest’anno, ma che affonda le radici nel 2017. Undici ballate per un album di estrema bellezza.
Phill Reynolds è un folksinger della migliore specie, di quelli che pennellano paesaggi sonori, che riescono a emozionare grazie a poche, ma eccellenti, materie prime: una voce profonda e avvolgente, una chitarra acustica finger style, testi vividi, che sanno raccontare storie e plasmare personaggi.
Alcuni brani narrano vicende oscure come The pain I need, in cui l’amore è ormai divenuto solo ossessione mortifera (The shade, the shade on your lips/Is hurting me).
Ci sono storie di denuncia come in Officer, ispirata dall’assassinio di George Floyd (Officer please don’t come so close now/Officer please/Officer please/A law on my neck).
In The call him Rocknroll si muovono figure che rimandano a un’America di provincia, polverosa e tormentata, popolata di losers, tanto cara a Faulkner (There was a man all flag and gun/There was a lonely kid looking for fun/There was a young woman unable to run/There were two dancers with youth through their hair).
Sono presenti tre pezzi strumentali: To Agota velato di malinconia e dedicato alla scrittrice ungherese Ágota Kristóf; Spring on Second Fret soffuso di delicatezza e poesia; Nosta Cresia De s’Arena intriso di sonorità desolate e taglienti, che rimandano al Ry Cooder di Paris, Texas.
Chiude il disco una splendida cover di Nancy di Leonard Cohen, eseguita dal vivo in duetto con Francesca Amati.
E su tutto si staglia uno straordinario musicista, dalle molte anime (collabora, infatti con Nuovo Canzoniere partigiano, Miss Chain & The Broken Heels, Radio Riot Right Now) che ha confezionato un album eccellente, che si candida tra i migliori del 2021.

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Giovanna Musolino

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