Siamo rimasti particolarmente incuriositi da un progetto musicale interessante e abbiamo voluto approfondire un po’ il discorso con Giovanni Urizio, che ci ha parlato di “North Cape Light”.
Ciao ragazzi e benvenuti su SOund36. Andiamo subito al dunque, chi sono i North Cape Light?
North Cape Lights è una medaglia con due facce: da una parte c’è la ricerca introspettiva. Dall’altra, uno spunto autoironico volto a non prendersi troppo sul serio, come si evince anche dai miei testi. E’ il mio progetto, non si tratta sempre di una band. Lo siamo stati, forse lo saremo ancora. Attualmente sono solo io. E’ lo pseudonimo con cui pubblico le mie canzoni e con cui suono dal vivo. E’ un progetto che ha cominciato a produrre musica diversi anni fa, e che continua a farlo, anche se solo recentemente ha raccolto molti di quei brani nell’album, “I don’t know where Daria is from”.
Il nome deriva da un’esperienza vissuta durante un viaggio in Europa del Nord, anche alcune canzoni sono intrise da questa esperienza …
Sì… la cosa singolare è che molte di queste canzoni sono state scritte prima che io facessi quel viaggio. Eppure sono sempre stato attratto dalle atmosfere che quei luoghi trasmettono, ed ho composto sulla base dell’immaginazione e di qualche fotografia. Il viaggio non ha fatto altro che rafforzare un’idea e uno stato d’animo che, probabilmente, erano già in me, e che da quell’esperienza sono stati alimentati. Penso abbia a che fare con l’introspezione e la ricerca interiore. Ho sempre sentito che i luoghi freddi e un po’ cupi aiutassero queste attività. E forse erano questi i motivi per cui ne ero attratto e che mi ispiravano fortemente i quegli anni.
Ti ispiri al Brit-rock dei primi anni ’90, il sound ricorda molto quello di alcune band di spicco del panorama indie rock inglese, con sfumature post punk. Che riscontro c’è con il pubblico italiano?
Ho la presunzione di pensare che i miei pezzi siano (forse banalmente) orecchiabili… E la convinzione che un pezzo orecchiabile esca dagli stili e dalle forme. Pertanto credo che, in ambito italiano, dove la cultura indie tarda ad arrivare e si distanzia comunque da quella britannica, chi apprezza la mia musica sia attratto più dall’orecchiabilità dei ritornelli che non dallo stile “alternativo”. Per quanto riguarda il pubblico più strettamente hipster, invece, non penso che la mia musica sia considerata sufficientemente “indie”, e credo che venga ritenuta un po’ troppo “rock-melodico-tradizionale” , e quindi un po’ snobbata..
Come sono state le esperienze live in Inghilterra?
Fantastiche. Malgrado i miei timori, alla gente non importa da dove vieni. Anzi, quello che cerca il pubblico è scoprire nuova, ottima musica. Quindi nei pub ci vanno per ascoltare “unsigned” bands, e non ti considerano un ostacolo alle loro chiacchiere, come in Italia. Sono lì per ascoltarti e stanno in silenzio per farlo. Inizialmente mi sentivo un po’ a disagio. Suonando un genere nato là, mi sembrava di provare a rifilargli una “imitazione”.. Un po’ come se un inglese aprisse una spaghetteria in Italia, per intenderci. Ma dopo aver capito che questi stereotipi erano solo miei, e che quello che conta davvero per loro è la qualità della tua musica, mi sono deciso ad affrontare i concerti cercando di mostrare quanto più possibile chi fossi e cosa volessi comunicare.
Quali sono i progetti per il futuro?
Continuare a suonare e diffondere il verbo. Continuare a viaggiare e suonare anche nella patria della nostra musica, cercando di alimentare la nostra fan base in Italia e all’estero. Al momento penso che i North Cape Lights abbiano bisogno di farsi conoscere ancora tanto, quindi dò la precedenza all’attività dal vivo e alla promozione. Non appena potrò dirmi soddisfatto di questi aspetti, ho tante nuove idee che aspettano solo di passare un po’ di tempo in studio.