È dal buio che nasce il concerto di Niccolò Fabi, un buio pesto che si tinge di blu e poi d’azzurro nell’incedere lento delle prime note su un fondale di stelle. Le sagome dei musicisti si scorgono appena in controluce, la musica si fa sempre più piena, abbraccia la platea e sale sulla gradinata fino all’ultima fila lasciando il pubblico che riempie il teatro con il fiato sospeso per un tempo che sembra fermarsi, dilatarsi, allungarsi sopra le teste, dentro le menti.
Si aspetta ammutoliti, si ascolta, ci si ascolta, si cerca di guardare oltre il buio, si staccano i telefoni (almeno per il momento).
Il percorso emozionale in cui Fabi ci guida, non può che iniziare con Alba, uno dei brani più intensi e particolari del suo ultimo album, Libertà negli occhi, uscito a maggio scorso. È un brano che ha un unico verso e un’infinità di sfumature musicali, dall’acustica all’elettronica: una frase che, ripetuta, si fissa nella mente, ci inchioda al momento, ci ricorda di prenderci una pausa e viverla fino in fondo. Quel momento, breve o rallentato che sia, sta tra ciò che c’è fuori (intorno, prima, altrove, senza…) e quello che è in ognuno di noi (dentro, ora, qui, con, dopo…), sospeso, quasi in apnea, “tra capire e cambiare”. Ecco, il concerto di Niccolò Fabi, con tutto il suo buio e poi tutte quelle luci meravigliose, con tantissimi strumenti sul palco e sei ottimi musicisti, accade in quella “pausa” che ci siamo permessi di attendere emozionati, che ci siamo concessi di donarci e di vivere in una serata d’autunno come tante che è divenuta all’improvviso speciale e che vorremmo non finisse mai, anche se ogni attimo ha il suo peso ed è un valore altrettanto prezioso.
Ogni suono, ogni singola parola ed ogni lampadina accesa su quel palco rivelano una cura infinita e una costruzione precisa, eppure nulla appare artefatto. No, non è la perfezione, perché non è quella che conta davvero – e il pubblico di Niccolò lo sa molto bene. Tutto scorre con apparente naturalezza eppure penetra, scuote, svuota, rivolta, apre, accarezza, graffia, prende per mano, rovescia, riflette, accende, ritorna. Va oltre, scava, tira fuori i personali imbarazzi (sotto e sopra il palco), supera i pudori, le lacrime, i sorrisi, la pelle d’oca. Le tensioni si allentano, gli sguardi si allargano. Già al terzo brano la connessione è totale, dopo forse un iniziale leggero spiazzamento: il pubblico è completamente coinvolto, partono sottovoce i cori, poi si alzano di tono, ma sempre rispettosi, educati, e anche molto intonati.
Intorno a Niccolò Fabi, che non sovrasta mai la scena ma sta un passo indietro rispetto al fronte del palco destreggiandosi tra chitarre acustiche, piano e harmonium, c’è la notevole presenza di ottimi musicisti a partire da Roberto Angelini alle slide e alle chitarre (e alla voce in duetto con Fabi nel brano Chi mi conosce, di cui è coautore del testo), Alberto Bianco al basso, Filippo Cornaglia alla batteria, e poi due giovani talenti provenienti dall’Officina delle Arti Pasolini: Cesare Augusto Giorgini e Giulio Cannavale alle tastiere, chitarre e cori.
In scaletta il nuovo album è naturalmente protagonista: dopo il brano di apertura (che apre anche il disco) e i successivi tre brani che sono tra i classici più amati del repertorio del cantautore, vi sono altre quattro canzoni di seguito tratte da Libertà negli occhi, un disco che segna per Fabi un ritorno all’essenza, del tutto controcorrente rispetto al rumore della scena musicale attuale e alla frenesia degli eventi che sconvolgono il mondo in questo momento storico.
Lo stesso tentativo di “nascondersi” di Fabi sotto ad un cappellino per proteggersi dai riflettori, la penombra e il suo passo indietro sul palco sono, stando alle sue parole, dovuti ad una sorta di pudore che ancora ha nella “svestizione” difronte al pubblico. Del resto, secondo Niccolò, il compito degli artisti è quello di cercare e ricreare un altrove ideale, dove poterci confrontare alla pari perché “andando a scavare siamo tutti uguali”, ci ricorda tra un brano e l’altro, e quindi la sua poetica diventa “una forma di politica”.
Il concerto lascia traccia profonda ad ogni brano. Dopo ogni buio ritorna ad esplodere la luce, la musica si fa a tratti possente, in altri momenti delicatissima e poi di nuovo in crescendo, alternando l’invito alla riflessione personale al mantra liberatorio condiviso. Le luci, splendide, di Fabrizio Valinotti accompagnano i brani e sostengono l’immaginazione degli spettatori creando un’atmosfera onirica e contemplativa. Al suono c’è come sempre il buon Riccardo Parravicini, che ha curato gli arrangiamenti anche dell’album, e che è, per i concerti di Niccolò, una garanzia.
Il pubblico presente sa a cosa va incontro, ironizza lo stesso Fabi, ma non è difficile continuare a stupirsi anche all’ennesimo suo concerto, magari per un nuovo arrangiamento o un brano inaspettato e non eseguito da anni, che fin dalla prima frase fa riaffiorare immagini d’infanzia care ad ognuno di noi. O ancora cogliere uno scambio di battute tra i musicisti, assaporare una intro musicale inedita, ritrovarsi in un trittico di brani lacerante a seguire sottovoce parola per parola, con il sorriso sulle labbra nonostante gli occhi visibilmente allagati.
Il finale poi è sempre quello festoso e rassicurante, che riporta alla realtà e alla condivisione del momento. Ci si guarda sottopalco, ci si ritrova, ci si riconosce, ci si libera di ogni peso, si salta e si danza, prima del commiato e della gratitudine. Si guarda al palco, mentre gli artisti si inchinano, salutano, osservano il pubblico, ringraziano, sorridono, e si rimettono insieme i pezzi del nostro “dentro”, in modo un po’ diverso e forse un po’ più bello di com’erano prima.
Perché questo è, anche, un concerto di Niccolò Fabi. Oltre, naturalmente, a tutto il resto.
Il Tour Libertà negli occhi è organizzato da Magellano Concerti, che ringraziamo con Zed Live per la gentilezza e l’opportunità.
NICCOLÒ FABI _ Libertà negli occhi Tour 2025
Gran Teatro GEOX, Padova _ 20.10.2025
Scaletta 20.10.2025
Alba
Andare oltre
È non è
Una somma di piccole cose
L’amore capita
Nessuna battaglia
Casa di Gemma
Chi mi conosce meglio di te
I cerchi di gesso
Io sono l’altro
Scotta
Ecco
Vince chi molla
Una mano sugli occhi
Una buona idea
Costruire
Libertà negli occhi
Facciamo finta
Lontano da me
Lasciarsi un giorno a Roma
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