Pop Corn

Neo Sora Ryuichi Sakamoto: Opus (FILM)

Scritto da Marco Sampietro

“Opus” non è semplicemente un film; è un dialogo silenzioso tra padre e figlio, l’ultimo.

Che sia una singola nota, una tonalità di modo maggiore o minore oppure una ben definita combinazione armonica; in quel modo di fare musica, sembra che il tutto sia preceduto da un inchino di estrema riconoscenza, per l’arte in sé e per chi l’ascolta. Questa è stata la mia impressione, quando anni fa ebbi la fortuna di assistere ad un concerto di Ryūichi Sakamoto sensei.
Con “Opus” il concerto testamento di Sakamoto, film diretto dal figlio Neo Sora, il maestro ci regala una sintesi delle sue opere più belle, prima del suo ultimo inchino.
Nato a Nakano, quartiere speciale di Tokyo, agli inizi degli anni cinquanta, in un Giappone ancora non propenso all’apertura verso l’occidente ed in particolar modo verso quel tipo di musica, il giovane Ryūichi, già eccellente pianista, grazie alla sua forza creativa riesce a fondere la musica etnica orientale e le sonorità elettroniche occidentali, spaziando tra molteplici generi musicali come pop, dance, bossa nova, world music e la classica, creando il suo unico stile.
Insieme al bassista Haruomi Hosono e al batterista Yukihiro Takahashi, fonda nel ‘78 la band Yellow Magic Orchestra, nota anche fuori dal paese del sol levante per essere stata considerata una “laser novità” grazie all’uso di drum machine, campionatori e sequencer ed in modo particolare conosciuta per il brano Rydeen con le sue particolari sonorità videoludiche, Ryūichi diventa quasi una pop star dell’elettronica al pari dei coetanei occidentali. Lo stesso Sakamoto sosteneva che l’eclettismo del gruppo era l’equivalente di una porzione di bentō (sorta di pranzo preconfezionato) giapponese, e dichiarò che gli Yellow Magic Orchestra non “facevano distinzione fra suono e rumore”.
In seguito allo scioglimento degli Yellow Magic Orchestra avvenuto nel 1984, si può dire che nasce il maestro, nonché premio Oscar per la colonna sonora del film L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, che tutti oggi conosciamo. Collabora con artisti del calibro di David Sylvian, Iggy Pop e Caetano Veloso, compone indimenticabili e ben note colonne sonore che resteranno nell’olimpo della musica.
Sakamoto è stato anche un attivista per la conservazione dell’ambiente e la promozione della denuclearizzazione e la pace nel mondo, attraverso la sua musica ha mandato messaggi importanti a chi decide il destino di tutti noi. Nel 2012 organizzò il concerto No Nukes 2012, a cui parteciparono 18 gruppi, inclusi Yellow Magic Orchestra e Kraftwerk.
Instancabile lavoratore, vuole che la sua musica possa trasmettere sempre coerenza e originalità facendo in modo che complesso e semplice si possano fondere in un unico stile gentile capace di arrivare al cuore di chi ascolta restando vivo nell’immaginario musicale di tutti. Nel 2014 purtroppo scopre di essere gravemente malato, avendo inoltre difficoltà nel comporre e suonare dal vivo, ha però la capacità, l’amara consapevolezza e la forza di dedicarsi a qualcosa che non è concesso a tutti di poter fare, lasciare qualcosa di più intenso e duraturo di un testamento cartaceo, un modo di dire addio intimo ed essenziale.
“Opus” non è semplicemente un film; è un dialogo silenzioso tra padre e figlio, l’ultimo.
Nella sala in penombra, il piano, da sempre prolungamento delle mani di Sakamoto diventa ancor di più componente inscindibile dall’artista, creando insieme una perfetta simbiosi musicale. Ad ogni sospiro del sensei corrisponde uno scricchiolio dei martelletti che colpiscono le corde dello strumento a coda e anche quelle del cuore di chi ascolta.
Sakamoto spiegò così il suo progetto: “Dall’8 al 15 settembre 2022 mi sono dedicato a qualcosa di molto importante per me: filmare Ryuichi Sakamoto – Opus. Il progetto è stato concepito come l’occasione per registrare una mia performance – quando ancora ero in grado di esibirmi – che valesse la pena preservare per il futuro. Abbiamo preso in prestito lo Studio 509 dell’NHK Broadcast Center per registrare: un luogo che penso offra la migliore acustica possibile in Giappone. Il regista, Neo Sora, era piuttosto severo. Ha insistito perché decidessi con largo anticipo l’intero repertorio dei 20 brani che avrei suonato, in modo da preparare meticolosamente le riprese. Ho suonato a casa ogni pezzo che abbiamo poi registrato su un iPhone, per costruire la composizione dell’intero concerto che vuole idealmente rappresentare il tempo che trascorre dalla mattina alla sera. Tutto è stato meticolosamente realizzato con uno storyboard, in modo che la posizione delle camere e l’illuminazione cambiassero con ogni brano. Dal canto mio, quando ho iniziato le riprese ero un po’ nervoso al pensiero che questa potesse essere l’ultima possibilità di condividere una mia performance. Abbiamo registrato alcuni pezzi al giorno, con molta cura. Ho suonato alcuni brani che non avevo mai suonato al pianoforte solo, come “The Wuthering Heights” (1992) e “Ichimei – piccola felicità” (2011). Ho suonato “Tong Poo” in un nuovo arrangiamento a un ritmo più lento di quanto l’avessi mai eseguito. Quindi, in un certo senso, mentre pensavo a questa come la mia ultima opportunità di esibirmi, sentivo anche di essere in grado di aprirmi a nuovi orizzonti. Suonare semplicemente qualche brano al giorno con molta concentrazione era tutto ciò che potevo fare a questo punto della mia vita. Forse a causa di questo sforzo, in seguito mi sono sentito completamente vuoto e le mie condizioni sono peggiorate per circa un mese. Ma, nonostante questo, mi sento sollevato di aver potuto registrare prima della mia morte una performance di cui ero soddisfatto”.
Da questa dettagliata spiegazione e dal suo modo di salutarci, sembra quasi che il maestro abbia voluto esprimere uno dei concetti fondamentali della cultura del suo paese, concetto racchiuso in un termine spesso intraducibile per noi occidentali ovvero Shoganai – 仕方がない, che potrebbe essere inteso come “l’accettazione di ciò che è fuori dal nostro controllo, e dunque concentrarsi solo su ciò che si può controllare”, invitandoci in un certo senso ad andare avanti nonostante tutto, aprendosi come ha spiegato “a nuovi orizzonti”. E dunque, immerso nel suo mondo, lì solo con il suo pianoforte, lo vedrete dapprima organizzare i suoi spartiti, sistemare per bene ai lati i ciuffi bianchi del suo caschetto, posizionare per bene gli occhiali e dopo un sospiro, far volare libere nell’aria le sue uniche e indimenticabili note.
Stavolta l’inchino sarà il nostro nei suoi confronti. Arigatou gozaimasu Sakamoto sensei.

 

NEO SORA – RYUICHI SAKAMOTO: OPUS (FILM)
REF – Romaeuropa Festival 2024
il 07/09/2024
AUDITORIUM MAXXI
ROMA (RM)
ITALIA

 

About the author

Marco Sampietro

Sono il samurai partenopeo, figlio degli anni ’80. Scrivo, racconto e imparo senza mai sentirmi “arrivato”, altrimenti sarei già carne morta. Pubblicista, autore e…giurista, sempre aperto al confronto. Appassionato amante del paese del Sol Levante, dove il futuro esiste poiché legato e mai lontano dal suo misterioso passato. Ascolto musica H24, curiosando nei suoi meandri, attraversandola in tutti i sensi, perfetta compagna di scrittura insieme al profumo di incenso di hinoki e una tazza di buon matcha, ampiamente sostituibile con una sacra birra. Sono ciò che sono come ognuno di voi, complesso ed unico. Oso per la conoscenza di ciò che spesso non si nota, adoro la libertà di pensiero.

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