Nel cielo invernale di Roma, tagliato dal profilo delle cupole, nel rosa acceso, caldo e limpido del tramonto, si muovono le nuvole degli stormi. Provengono a migliaia dal nord e dall’est Europa e si fermano nella Città Eterna a svernare, al riparo tra i rami dei platani di Lungotevere. Forse soggiogati anche loro dalla bellezza dell’Isola Tiberina, nel loro continuo pìpìnare attratti dalla vista del Tevere, osservano lo scorrere lento del fiume sotto Ponte Sisto.
Impossibile non rimanere ipnotizzati davanti alle nuvole mutevoli del loro volo. Impossibile non sentire il piacere estasiato, non coglierne la bellezza nella fugacità delle forme del loro volo, il senso del mondo nel movimento, nella metamorfosi, non nella permanenza.
Si trova gioia nella transitorietà. Non c’è nessuna mente centrale che guida gli stormi, non c’è disegno prestabilito, ma ogni movimento ne crea uno nuovo. Da quell’intreccio locale, da un’iniziativa individuale, nasce un movimento collettivo che sembra pensiero. Non c’è ordine e non c’è caos. C’è ordine e c’è caos. Se gli uccelli smettono di muoversi, smettono di esistere come forma: la bellezza che nasce dall’interazione, non dalla perfezione.
Dal punto di vista scientifico, questi fenomeni sono oggi studiati con la fisica statistica dei sistemi complessi, la stessa che descrive fluidi, turbolenze e campi magnetici. Ogni uccello segue regole semplici, evitare le collisioni, allinearsi con i vicini, mantenere una distanza media. Da queste interazioni locali, dall’iniziativa del singolo individuo nasce una coerenza globale.
Il fisico italiano Giorgio Parisi ha contribuito a comprendere questo tipo di complessità introducendo modelli statistici per descrivere la distribuzione delle fluttuazioni nei sistemi caotici, mostrando che esistono correlazioni invisibili, schemi che resistono al caso.
È la forma del disordine che si organizza, l’intelligenza della materia. Alcuni fenomeni si possono descrivere solo nel loro divenire, quando non ha senso fissare le forme ma si devono invece capire le regole del loro mutare. Poesia e scienza si fondono nel cogliere l’effimero che si dissolve, nel descrivere qualcosa che è già finito nel momento stesso in cui lo si osserva.
La realtà è impressionante transitorietà, inesorabile trasformazione delle cose. Nascita e morte e in mezzo un continuo divenire, una combinazione continua di condizioni.
Galassie, soli, pianeti, piante, animali, uomo non sono altro che effimere nuvoli. Energia e materia che nella loro vorticante danza continuano ad assumere figure diverse, si uniscono, si separano, disegnando forme mutevoli, nuvole vorticanti nella combinazione spazio-temporale che chiamiamo Universo.
C’è una considerazione però da fare; energia e materia, che poi sono in realtà manifestazione dello stesso fenomeno, sono costanti nell’universo e quindi ciò che è apparentemente impermanente è di fatto permanente, semplicemente l’energia che si manifestava attraverso un corpo cambia forma e diventa presente in altra forma.
Nel cielo invernale di Roma, tagliato dal profilo delle cupole, nel rosa acceso, caldo e limpido del tramonto, si muovono le nuvole degli stormi. Provengono a migliaia dal nord e dall’est Europa e si fermano nella Città “non” Eterna a svernare, al riparo tra i rami dei platani di Lungotevere. Forse soggiogati anche loro dalla bellezza dell’Isola Tiberina, nel loro continuo pìpìnare attratti dalla vista del Tevere, osservano lo scorre lento del fiume sotto Ponte Sisto e magari viene loro il sospetto che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. ποταµοῖς τοῖς αὐτοῖς ἐµβαίνοµεν τε καὶ οὐκ ἐµβαίνοµεν, εἶµεν τε καὶ οὐκ εἶµεν.“Negli stessi fiumi entriamo e non entriamo, siamo e non siamo.” Eraclito
Nota: esiste un progetto di ricerca europeo STARFLAG, coordinato da ricercatori italiani come Andrea Cavagna e Irene Giardina, insieme a Giorgio Parisi, nato per studiare il comportamento collettivo degli stormi di storni, per comprendere cioè come migliaia di uccelli riescano a muoversi in modo coordinato, come se fossero un unico organismo.

