Interviste

Martin ‘Youth’ Glover – Intervista

Scritto da Caterina Lucia

”Come puoi vedere sono un romantico. Il romanticismo oggi è l’avanguardia”.

E’ il 1979 quando in Inghilterra nascono i Killing Joke che con il loro ibrido di veemenza hardcore e desolazione dark, fatto di ritmi tribali, suoni meccanici ed elettronica distorta, hanno posto le basi per la nascita della musica industrial. Emuli dell’art rock nevrotico dei Pere Ubu, ma anche del dark-punk spettrale di Siouxsie and The Banshees, i Killing Joke danno vita pezzi dirompenti, che li portano alla ribalta nella scena underground britannica. La band annovera il cantante Jaz Coleman, il batterista Paul Ferguson, il chitarrista Geordie e il bassista Martin “Youth” Glover: quest’ultimo, oltre ad essere membro fondatore dei Killing Joke, insieme a Paul McCartney ha dato vita ai Fireman. E’ produttore di innumerevoli album che hanno segnato la storia del rock e non solo (Pink Floyd/ The Verve/Cranberries), ma soprattutto ha una sensibilità innata. In occasione del concerto insieme ad Emilio Sorridente, che si terrà al Museo del Rock il 13 giugno, abbiamo avuto il piacere di ospitare Youth sul pulmino di SOund36 per una lunga chiacchierata.

Quando vai in studio di registrazione, sai già cosa fare o ti lasci andare all’ispirazione del momento?
Dipende. Principalmente in una produzione cerco di capire cosa fare e verso quale direzione andare. Prima di entrare in studio lavoro in sala prove con la band o con l’artista, scelgo una direzione e gli arrangiamenti (che possono cambiare in modo radicale rispetto alla loro idea iniziale e questo a volte può essere difficoltoso. Normalmente ascolto la canzone più volte e ne seguo il flusso). Quando compongo per me o per altri butto giù qualcosa e molto spesso il mio punto di riferimento può essere una canzone o una produzione che amo e comincio da lì. Credo che siano le emozioni a determinare il tono e il colore del mio lavoro.

Quando qualcuno ti chiede di produrre un disco cosa ti porta a dire istintivamente “sì” o “no”? Ma soprattutto, cosa ti porta a collaborare con artisti di fama e contestualmente con artisti meno conosciuti?
Sono interessato alle persone e questo mi porta all’apertura verso nuovi orizzonti. La condizione indispensabile che mi fa avviare una produzione è la voce, se non mi piace tendo a lasciar perdere. Nel caso degli artisti di fama, sono loro che si approcciano a te ed è come essere invitati ad una festa. Quindi è una questione prettamente legata alla musica: è il tuo lavoro che porta altro lavoro.

Cosa ti ha portato a collaborare con una personalità come quella di Paul McCartney?
Paul aveva letto una mia intervista e così mi contattò per remixare una traccia, ma invece si trasformò in un album… Il primo album dei Fireman! Paul ebbe ottime orecchie e un intuito incredibile.

Quando i Killing Joke irrompevano per la prima volta in scena operavano fuori dal mainstream e producevano musica in tal senso. Trovi che quando si sceglie di lavorare con nuovi artisti questo funzioni ancora?
Certo che è possibile. Il mainstream è molto ristretto e quando è al suo peggio tira fuori musica banale, ma allo stesso tempo può tirare fuori i Beatles o Dio sa cos’altro. Internet serve la nicchia abbastanza bene, l’underground oggi è più esteso di prima e il mainstream è sempre informato sull’underground. È come un cane che si morde la coda.

Quanto sono cambiate le tecniche di produzione dall’inizio della tua carriera fino ad oggi e in che modo hanno aiutato o ostacolato il tuo lavoro?
Al giorno d’oggi chiunque è un produttore. Tutti possono uploddare dal computer un pezzo su soundcloud e, per quanto possa apprezzarlo, tutto questo ha creato un mercato completamente saturo. Bandcamp ha più di mezzo milione di album chill-out fuori e la maggior parte sono decisamente mediocri, quindi bisogna cercare di fare qualcosa di veramente bello e se si riesce brillerà di luce propria. Viviamo in un Warhol insta word, gran parte di quello che vediamo o ascoltiamo non è reale… La musica che parla al cuore è autentica, è vera e si fa strada in mezzo alle stronzate! Pensa che mi sono considerato per la prima volta un “producer” dopo aver prodotto i Pink Floyd nel 2014 e lavoravo già da trentacinque anni!

Quando lavori con nuovi artisti come raggiungi il “tuo” suono?
E’ ancora un mistero e ci penso su ogni giorno. E’ più facile da spiegare col senno di poi piuttosto che sul momento. Questa risposta potrebbe essere lunghissima e ci sarebbero da spiegare molte cose combinate tra loro che vanno a creare la magia e l’alchimia.

Qual è stato un momento musicale fondamentale per te?
Un momento fondamentale per me è stato poter mettere insieme la band per il mio production award qualche anno fa: Richard Ashcroft, Paul Cook dei Sex Pistols, Guy Pratt dai Pink Floyd, Jah Wobble, Alex Paterson degli Orb, Mark Stewert e Gerry Diver e l’incredibile cantante folk Lisa Knapp, il tutto accompagnato da una sezione di archi. C’era anche James McCartney alla chitarra… Tutti a dividere lo stesso palco. Che band! Sembrava si fosse fermato il tempo, mi sono sentito profondamente onorato.

Che cos’è l’improvvisazione per te?
Semplicemente non avere direzione.

I tuoi lavori sono un inno alla creatività, eccentrici, con un sound ricercato in poche parole: unici. Come riesci a dare una forma alle tue idee?
Gran parte del mio processo creativo e della mia filosofia risiede nella mia spiritualità, che è radicata nella Natura. La Natura da e la Natura prende, ma la Natura non ha mai tradito il cuore di chi l’ha amata (un titolo di un mio album). C’è una certa devozione nell’essere un artista…è come riconnettersi ad una vibrazione e a una verità universale, richiede autenticità e sacrificio. Devi essere ispirato e allo stesso tempo capace di ispirare, affidarti all’idea del sublime e vedere la Bellezza ovunque, questo viaggio diventa la tua vita. Come puoi vedere sono un romantico. Il romanticismo oggi è l’avanguardia.

Tu sei fra coloro i quali dal punk/post punk sono passati all’elettronica, si può mantenere un forte sentimento punk anche nell’uso dei sintetizzatori? Consideri il punk/post punk uno stile di vita o un movimento del passato? Ha ancora senso il punk oggi?
Il Punk è, oggi come allora, fare quello che vuoi fare. Essere sempre sfidanti e sperimentali. Deve essere un rilascio catartico di emozioni sia che suoni un synth, una chitarra elettrica o un violino. È l’attitudine, non il vestito che indossi o lo strumento che usi.

A te la parola! Concludi questa intervista con un tuo pensiero … Essenzialmente quello che facciamo come artisti diventa utile alla comunità. Questo è tutto…metti su un laboratorio artistico e inizia a interagire!

 

About the author

Caterina Lucia

Ribelle, testarda e con un animo fortemente punk. Sempre alla ricerca della bellezza, sono amante della musica, dell’arte, della poesia e del caos. Guardo oltre le apparenze, mi riconosco nei particolari impercettibili. La scrittura è una necessità per dissestare i miei pensieri.

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