Ho amato Mara Redeghieri appena l’ho incontrata. Ho amato la sua intensa bellezza, la sua immensa generosità, la curiosità profonda e vitale nei confronti del mondo. Ho amato, da anni ormai, quella sua voce pura e completamente priva di sovrastrutture, quel racconto limpido di se stessa, dell’essere donna, del far parte di un mondo al quale non riusciamo ad allinearci mai completamente. Ho amato la sua grazia originale e scevra da compromessi, la sua fragilità e la sua forza, la delicatezza con cui racconta le brutture della vita (“Noi volere bene / a badante cameriere / come a nostro cane / a seconda dell’umore…) e la passione riversata nei canti della resistenza, in quel passato di cui abbiamo immenso bisogno.
Non esiste una recensione di questo concerto, perchè un semplice elenco di fatti e di parole messe in fila non rende, non renderebbe e non renderà mai giustizia a quel tempo sospeso nel quale abbiamo avuto la fortuna di vivere per due ore, sospesi all’interno di una musica, parole e note che avremmo voluto non finisse mai.
E quindi grazie. Grazie Mara, per tutto l’amore che ci hai versato addosso, fingendo che amare così intensamente fosse semplice, grazie a Simone e a tutti gli amici di Meta Muta, il palinsesto più bello del web, grazie all’Associazione Culturale La Chute che ha, come suo solito, reso tutto possibile, grazie alla Casa del Popolo di Settignano, materiale esistente e resistente, grazie a Lorenzo Valdesalici e Nicola Bonacini, musicisti di immenso splendore. E grazie a chi c’era, e solo essendoci ha reso tutto possibile.
Articolo e Fotografie di Stefania Pucci