Prima di gettarmi a capofitto nella recensione vera e propria del nuovo attesissimo album di Lucio Corsi vorrei brevemente cercare di spiegare cosa significhi – per coloro che amano la musica e la raccontano in maniera pienamente libera – avere la fortuna di assistere al passaggio di un artista dall’essere “conosciuto solo dai così detti intenditori” a “conosciuto praticamente da tutti”.
Sì perché, per quanto ci si possa accontentare di avere un proprio pubblico, ancorché fedele e pieno conoscitore, ogni cantautore ha in fondo la legittima aspirazione di portare la propria arte a più persone possibile. Questo ragazzo toscano, che per molti è uscito dal nulla, in realtà ha fatto la gavetta per anni, portando in giro per l’Italia le sue canzoni che sembrano uscite più dalla testa di un bambino che di un uomo.
Il sogno, l’irrazionalità e la fiaba sono tre linee guida chiave per cercare di avvicinarsi a “Volevo essere un duro” che contiene una manciata di brani uno più bello dell’altro e letteralmente fuori dal tempo e dallo spazio.
Lucio ha ascoltato tonnellate di musica del passato, questo lo si intuisce al primo ascolto, e se n’è innamorato. Ha filtrato tutto attraverso la propria creatività unica nel panorama musicale attuale. Pensare ad un disco intero prevalentemente suonato da strumenti tradizionali, senza rap, senza trap, senza autotune purtroppo sembra ormai quasi impossibile da concepire e invece, per i tanti che scrivono e suonano canzoni andando nella sua stessa direzione, Corsi rappresenta in qualche la speranza che un giorno verrà anche il loro momento.
Entrando più nel merito dei 9 episodi (tralasciando la title track, di cui ormai si sa praticamente tutto grazie all’esposizione mediatica post Sanremo) voglio, per questioni di sintesi, concentrarmi su quelle che considero le più significative. “Sigarette” è una ballata elettro acustica che solo apparentemente è una sorta di apologia del vizio di fumare, ma in realtà non è difficile accorgersi di quanto rappresenti solo l’occasione per parlare di sé, del modo di rapportarsi alla vita e agli altri. Semplicemente splendida.
“Francis De Lacroix”, a metà fra il primo Bennato e Ivan Graziani (dichiaratamente fra i suoi punti di riferimento principali) raccoglie in sé l’estro creativo di Corsi che tira fuori dal cilindro un personaggio che sembra uscito da uno dei libri della trilogia “I nostri antenati” di Calvino.
Ma la cosa bella è che il protagonista immaginario viene citato anche in “Situazione complicata” come se fungesse da filo conduttore, magari nel tentativo di tenere un po’ tutti insieme i brani dell’album. Come chiarito nella conferenza stampa di presentazione di Vorrei essere un duro è proprio l’aver scelto di descrivere dei protagonisti ben definiti è un po’ la novità di questo disco rispetto a quelli pubblicati in passato, come il simpatico sfigato raccontato in il “Re del rave”.
Le ultime due canzoni “Questa vita” e “Nel cuore della notte”, molto diverse per ritmo e stile, hanno però un legame che le tiene unite e cioè che fra 20 o 30 anni verranno ancora ascoltate da più di qualcuno. E se mi chiedete perché lo so, è perché hanno chiaramente l’anima dell’instant classic, fidatevi.
Lucio Corsi ci ha regalato un sogno e quando se ne renderà conto sicuramente lo renderà molto felice, perché è quello che ha probabilmente sempre desiderato.
Lucio Corsi – Volevo essere un duro
“Volevo essere un duro” contiene una manciata di brani uno più bello dell’altro e letteralmente fuori dal tempo e dallo spazio