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Lucidi

Scritto da Giulia Carlucci

Siamo nati per cercare, non per essere nutriti come bestiame davanti a uno schermo

2045.La Terra ormai non è altro che un’enorme distesa di città digitali. Gli esseri umani abitano il virtuale e la realtà resta per loro solo un lontano ricordo. 
I neonati ricevono immediatamente un visore cerebrale collegato alla Rete Globale delle Esperienze (RGE). Un sistema capace di simulare ogni tipo di vita: viaggiare, amare, lavorare, tutto senza muoversi dal proprio pod.
Nessun dolore, niente conflitti, niente fatica. Ma nemmeno contatto, memoria vera, o lotta.
Il mondo reale è ormai decadente, sommerso da un clima impazzito e finti governi.
Gli individui, persi nel flusso di appagamento istantaneo, non ricordano più come si cammina per una strada, né il calore della pioggia sulla pelle o l’emozione di un incontro inaspettato.
Solo in una zona dimenticata dai grandi server della RGE — le rovine di un’antica biblioteca italiana — un gruppo di giovani si è disconnesso.
Elia, diciotto anni, figlio di due ex sviluppatori della RGE che, prima di essere “assorbiti” dal sistema, gli hanno lasciato una biblioteca reale: libri fisici, impolverati, in lingue morte ma pieni di vita. Uno su tutti… la Divina Commedia.
Quel verso — “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” — lo aveva marchiato.
“Siamo nati per cercare, non per essere nutriti come bestiame davanti a uno schermo” ripeteva  agli altri Lucidi. Questo il nome che si è data quella piccola comunità. Unico obiettivo: risvegliare, svelare al mondo che la vita vera, con ogni ruvidità, vale più di mille felici simulazioni. Attraverso vecchie onde radio, riescono a trasmettere messaggi ai dormienti, frammenti di letteratura, di arte, di verità. Alcuni, anche se pochi, iniziano a dubitare. Alcuni si svegliano. Il sistema li chiama “contaminati”. Ma ogni risveglio è una scintilla.
Un giorno, Elia parla in diretta globale per pochi secondi. Poi il sistema gli blocca il segnale:
“Non siamo nati per sognare sogni costruiti da altri. Il dolore, la fatica, la realtà… sono il prezzo della libertà. Svegliatevi. Vivete. Lottate. Siete fatti per conoscere, non per consumarvi nella più bruta ignoranza.”
E poi: silenzio.
Basta. Come nel tempo oscuro della storia antica, quando un canto poetico poteva guidare eserciti o accendere rivoluzioni, quelle parole risvegliano davvero un comune sentimento. Una miccia che in breve tempo divampa…perché in fondo, anche in un’epoca di algoritmi e illusioni perfette, la sete di conoscenza e di verità non può spegnersi mai.

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Giulia Carlucci

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