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SOund36 @ Festival del Cinema di Locarno 2018 – Intro

Scritto da Red

In questa edizione del Festival di Locarno si respira leggerezza e un invisibile ma concreto “kill your idols “

Era il 1946 e una mezza dozzina di cinefili, a seguito di un referendum locale a Lugano e dopo solo dieci giorni di preparativi incessanti, diedero vita sotto il cielo di Locarno alla kermesse cinematografica più stravagante d’Europa,
anche non facendone mai parte e si può capire senza fallo il perché…
Quella notte il parco del Grand Hotel cittadino si trasformò in un’arena sotto le stelle dove i primi gladiatori ad esibirsi furono Giacomo Gentiluomo con “ ‘O sole mio “ e Roberto Rossellini con “ Roma città aperta “, in tutto quindici pellicole di cui sei americane e cinque italiane.
Siamo nell’immediato dopoguerra e senza mai smentirsi il festival elvetico urla al mondo intero la propria indipendenza (o neutralità, come tradizione svizzera vuole, ma questa è un’altra sceneggiatura, surreale… ) :
Oltre a pellicole italiane e americane vennero proiettati lungometraggi provenienti dal blocco sovietico provocando paura e delirio in quel di Locarno e le conseguenti sospensioni nel 1951 e nel 1956.
Il 1968 contaminò anche il festival elvetico con la leggendaria occupazione e l’esclusione del pubblico borghese dalla manifestazione, oltre alla consegna del primo Pardo d’oro come premio di massimo riconoscimento che andò
al regista italiano Maurizio Ponzi per “ I visionari “.
La classica “ Vela d’oro “, omaggio al Lago Maggiore su cui si affaccia l’intera cittadina ticinese, si tramutò in un felino, forse a causa dell’acido lisergico sintetizzato da Albert Hofmann a Basilea ( che gli Dei dell’Olimpo lo abbiano in gloria! ).
Invece fu lo storico presidente Raimondo Rezzonico a chiedere allo scultore Remo Rossi di plasmare il nuovo premio associandolo al simbolo della città, il leone,
anche se agli inizi dell’ 800 erano due ma uno si disperse nella giungla e a metà degli anni ‘50 venne chiamato “pardo “ che Michael Cimino qualche anno dopo definì “ un pollo “.
Lo dicevo prima che giravano troppi acidi in quel periodo…
Sempre Rezzonico nel 1971 chiese all’architetto locarnese Livio Vacchini se avesse qualche idea per una nuova location in quanto il parco non bastava più ad accogliere tutti gli alieni e i sognatori che atterravano in città per celebrare la settima arte, e qualche giorno dopo il visionario architetto, affacciandosi alla finestra del suo studio, ebbe l’illuminazione e la piazza diventò cinema, la nuova sala di un festival internazionale che Mario Botta definì “ la più grande sala cinematografica per fumatori al mondo”, irriverente e provocatorio e dal fascino bohémian.
Rezzonico e Vacchini decisero allora di esporre le bandiere dei paesi di tutto il mondo ai balconi che si affacciavano sull’agora principale della città, la leggendaria Piazza Grande, e dopo aver bussato porta per porta si ritrovarono con l’unica che nessuno voleva: la bandiera dell’URSS.
A quel punto della tragicomedia il presidente e l’architetto, da veri sovversivi,
esibirono davanti al municipio la bandiera americana e quella sovietica, l’una accanto all’altra, e si scatenò il panico: l’idea venne abbattuta come lo dovrebbero essere tutte le barriere e i confini di questo mondo un tempo chiamato umanità.
Ma l’entusiasmo e il coraggio barbaro di Locarno prevalsero su ogni spirito conservatore o paura della novità e ancora oggi, in quest’era post atomica, post muro e post 11 settembre il Festival rimane una finestra sul mondo, con scelte coraggiose e pellicole non categorizzate in “ lingua straniera “ , “ azione “ , “commedia “ , “ fantasy “ bensì tramutate in veri e propri stati di agitazione.
Il cileno Raúl Ruiz, il britannico Mike Leigh, il polacco Krzysztof Zanussi, l’ungherese István Szabó, lo statunitense Jim Jarmusch, l’iraniano Jafar Panahi, lo spagnolo Albert Serra, il filippino Lav Díaz, il sudcoreano Hong Sang-soo, il cinese Wang Bing: registi all’epoca sconosciuti che hanno incantato prima Piazza Grande
e dopo il mondo intero.
Nel 2013 il regista georgiano naturalizzato francese Otar Ioseliani disse:
“Rispetto agli altri festival in cui ormai dominano le ragioni commerciali,
Locarno resta il più importante per il cinema d’arte, quello fatto con la muscolatura del pensiero “.
Ma arriviamo a questa 71 edizione in cui le sezioni sono:
“ Piazza Grande “ : oltre 8.000 posti a sedere ed uno schermo gigantesco per le prime mondiali e le grandi produzioni;
“Concorso internazionale” : assegna il “ Pardo d’oro “ e racconta il cinema d’autore contemporaneo;
“Cineasti del presente “ : giovani registi con opere prime e seconde provenienti da tutto il mondo;
“ Pardo di domani “ : corti e mediometraggi di giovani autori indipendenti in prima mondiale,
divisi in concorso nazionale e internazionale;
“ Fuori concorso “ : lungometraggi, corti e documentari con nessun premio in palio
ma tanto da mostrare e raccontare;
“ Histoire du cinema “ : stanza dedicata alla storia del cinema e a pellicole senza tempo;
“ Retrospettiva “ : sezione con cui il festival celebra, indaga anche e approfondisce un’epoca o un
movimento della settima arte;
“ Open Doors “ : hub, lab and screenings, ossia un palcoscenico per il cinema delle regioni del sud e dell’est del mondo, dove essere indipendenti è una sfida all’ultimo sangue: questo è il terzo e ultimo anno dedicato alla cinematografia di Afganistan,
Bangladesh, Bhutan,Maldive, Myanmar, Nepal, Pakistane Sri Lanka;
“ Semaine de la critique “ : nata nel 1990 dai rappresentanti dall’Associazione svizzera dei giornalisti cinematografici che celebra ogni anno il documentario
con sette film in prima mondiale;
“ Panorama Suisse “ : dieci film svizzeri selezionati da una commissione composta dai rappresentanti delle ‘ Giornate di Soletta ‘, Swiss Films e Swiss Academy;
“ Locarno Kids “, inutile andare oltre…

Carlo Chatrian, direttore artistico dopo questa edizione lascia Locarno per dirigere il Festival di Berlino e lo fà in grande stile e umanità, mettendo al centro del programma la donna e l’uomo a mò di Leonardo Da Vinci, rendendo omaggio al 70 anniversario de “La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Si respira leggerezza e un invisibile ma concreto “ kill your idols “ in quel di Locarno, come quando una coppia di giovani invece di fare una domanda sulla sua carriera o sui suoi film chiese ad Alejandro Jodorowsky di essere sposata da lui.
Da oggi sarete ipnotizzati da questa magia perché…Le vie delle Signore sono infinite.
Articolo di Alessandro Marchetti.

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