Era una notte come tante altre quando Jason accese la TV, come se la routine di quella sera lo avesse condotto, senza vera consapevolezza, a quello schermo opaco. I suoi occhi, ancora pesanti di una giornata confusa e disordinata, si fermarono su uno spot. Non era uno di quelli che si dimenticano appena finiti. C’era qualcosa di strano in quell’immagine, un richiamo in bianco e nero che pareva estendersi oltre il vetro dello schermo, fino a toccargli il cervello.
Quella sera qualcosa cambiò.
Niente colori vivaci, nessuna musica allegra. Solo un bianco e nero di registi d’autore e quel volto. Di un uomo, ma non proprio. O forse sì, ma sembrava scolpito male. C’era qualcosa di sbagliato, un’incrinatura invisibile che faceva tremare l’immagine. Jason sentì un brivido lungo la schiena, eppure non riuscì a distogliere gli occhi.
L’uomo si guardava intorno spaesato, con l’espressione di chi non riconosce più la realtà attorno a sé. Come se fosse caduto fuori dal mondo senza neanche accorgersene. In lontananza, una donna gli faceva cenno di stare zitto, mentre fluttuava nello spazio. O forse no, non fluttuava. Era l’aria attorno a lei a muoversi. O forse era il cervello di Jason a girare in tondo come una trottola impazzita.
Anche Jason cominciò a sentirsi diverso, come se i confini del suo corpo e del suo appartamento si stessero dissolvendo in una nebbia grigia. Si toccò il viso, per sentire se il suo naso era ancora lì. Sì, tutto al suo posto, per ora.
Poi accadde.
La testa dell’uomo nello spot si staccò dal corpo con la calma assurda di una foglia che si separa dal ramo, e cominciò a fluttuare nello spazio come una bolla di sapone. Jason trattenne il fiato, come se quella testa stesse per volare anche fuori dal suo schermo e rotolare fino a lui. Si toccò il collo, convinto che la sua stessa testa potesse fare lo stesso da un momento all’altro, come se il suo corpo fosse stato improvvisamente convinto di poter vivere meglio senza. E ancora, l’uomo tornò integro. Ma non per molto. Dalla sua bocca uscì un braccio, come un coniglio estratto dal cappello di un mago ubriaco.
Jason non riusciva più a capire dove finisse la pubblicità e dove iniziasse il suo incubo personale.
Il braccio si tese nell’aria, annaspando come cercasse qualcosa, forse il resto del corpo che aveva appena abbandonato. E allora il braccio si ritrasse, ma non abbastanza.
Jason cercava un senso, come si cerca un telefono perso sotto i cuscini del divano, ma non lo trovava. C’era solo fumo, tanto fumo.
“Benvenuto nel Terzo Luogo”, disse il papero, con una voce bassa e distorta, di chi non ha fretta di svegliarti dal sonno.
La testa di Jason fece un giro di novanta gradi, ma solo nella sua mente. Cos’era questo Terzo Luogo? Non era un posto, non c’erano mura né strade, solo quel fumo che si addensava, dissolvendosi in un divano. Su quel divano sedevano tre figure. Una era l’uomo di prima, o forse era il suo doppio, o il doppio del doppio. Un’altra era una mummia, avvolta in bende come se volesse nascondere una verità orribile. L’ultima figura era il papero umanoide, quello che parlava senza parole.
In quel momento, Jason capì che qualcosa di irreversibile era accaduto.
Il Terzo Luogo. Doveva essere lì, perché tutto attorno a lui cominciava a sgretolarsi. Gli oggetti della sua stanza non avevano più senso. Il divano su cui si trovava divenne molle e inconsistente, come fosse fatto d’acqua. Il pavimento sotto i suoi piedi iniziava a sciogliersi come sabbia bagnata, e il suono stridente di un vecchio sintetizzatore invase l’aria. Una voce lontana, acuta come il grido di un bambino, gridava “PlayStation 2”.
Jason fissò il lampeggiare del led blu sullo schermo, il primo tocco di colore in quell’incubo in bianco e nero. Stava forse vivendo il suo stesso spot pubblicitario? All’improvviso, tutto si spense.
Jason rimase al buio, in piedi nel suo soggiorno.
Il silenzio era così profondo da essere assordante. Si accorse di star respirando a fatica.
La pubblicità era finita, ma lui rimase lì, intrappolato in quello spazio vuoto tra il divano e il Terzo Luogo. Il televisore si era spento da solo. Schermo nero. Ma Jason non era più nel suo appartamento. Qualcosa, da qualche parte, aveva ormai cambiato le regole.
Il Terzo Luogo… esisteva? O era stato tutto frutto di una mente stanca e troppo esposta alle stranezze di Lynch che aveva appena visto? Stava ancora cercando una risposta, quando il telefono vibrò nella tasca. Non osò guardare chi fosse, troppo spaventato da quello che poteva accadere se avesse toccato qualunque cosa in quella nuova realtà. Era davvero tutto finito o lo spot continuava a giocare con la sua mente, portandolo in un mondo dove le regole del reale non esistevano più?
Fonte di ispirazione David Lynch e il suo video: