Il cammino de La Macchina di Von Neumann inizia nel 2014 nel milanese. L’idea alla base di questo progetto è quella di proporre una musica strumentale riflessiva che attinge anche da generi musicali diversi, fondendoli ed elaborandoli a tal punto da creare una non facile formula in grado di destare interesse anche ad un distratto ascoltatore. Una musica la cui libera espressione in cui vengono richiamati post rock, shoegaze e sperimentale della più varia estrazione nutrendosi di una propria linfa, capace seguendo anche uno stile dal carattere imprevedibilmente accademico. Ne sono testimonianza l’omonimo Ep di esordio dedicato al loro ispiratore John von Neumann ed a Heather Parisi (?, ndr) messo fuori alla fine del 2014 ed il successivo BUONA MUSICA!, un three tracks rumorosamente avanguardistico.
L’atteso primo album esce ad ottobre del 2018 e si presenta ben concepito nei minimi dettagli che per un lavoro interamente strumentale non è assolutamente poco. Per capire meglio cosa ci si possa aspettare da questi 35 minuti di musica, ci viene in soccorso l’interpretazione data dal gruppo al titolo del disco, un deduttivo anteporre un significato realista alla stessa musica proposta nella quale vanno a confluire attivamente e senza pregiudizio, emozioni libere da ogni forma di coercizione. Un disco in grado di rivelarsi – senza penalizzare quanto realizzato, – più pregno di certezze che sorprese, ove l’obiettivo di dar vita a materiale dal forte impatto emotivo supera anche quell’inclinazione melodica che ci si aspetterebbe, ma senza sminuirne il valore. Una volontà di continuità nella direzione stilistica intrapresa ad inizio di carriera che si manifesta anche in nome di un sound grezzo ed inclemente dominato da intuizione ed immediatezza che fa dei brani, segmenti differenti legati l’uno all’altro da cui ne emerge una sezione ritmica replicante e densa. Un’ironia di fondo che prende forma da titoli fuorvianti dal genere proposto, come “Arturo” (delicata quanto pungente) “Legna del mattino” (soft-grunge brioso ed intelligente) o “Trattore” (lenta e ossessiva ), che non va assolutamente a danno della qualità sonora proposta. Non apparirà di certo come una profanazione se ascoltando “L’estate del ‘76” sembrerà di poter cogliere quel link spesso mancante che collega la lucentezza sixties dei Ride (di Oxford) alle vibranti armonie degli Swervedriver o se nell’introduzione di “Purovška”, sarà difficile non respirare una versione desertica dei Black Sabbath, lasciando all’intensità di “Lipsia” (scelta non a caso a far da traino all’album) incarnare quel ruolo di riuscito mix apparentemente controverso ma trascinante di suoni stridenti ove la portanza ritmica ben si amalgama a tratti nostalgici, riuscendo a riprodurre quell’immaginario di nuovo e tradizione che ha sempre distinto la città sassone a cui il brano è dedicato.
Le chitarre di Davide Magni e Francesco Lissoni, e l’audace sezione ritmica affidata a Stefano Camboni (basso) e a Samuel Nicoli (batteria), danno vita ad un lavoro che è un vulcano di frammenti visionari e fluttuanti, ben lontano dai cliché e dal rischioso tunnel del già sentito.
Tracklist:
1. Qui Una Volta Era Tutta Campagna
2. Arturo
3. L’Estate Del ’76
4. Legna Del Mattino
5.¯\_(ツ)_/¯
6. Trattore
7. Purovška
8. Lipsia
Line Up
Davide Magni – chitarra
Francesco Lissoni – chitarra
Stefano Camboni – basso
Samuel Nicoli – batteria