In un momento storico in cui le nostre giornate appaiono drammatiche, l’antologia tratta dai testi di Antonin Artaud si profila strumento salvifico, ossimoro provocatorio. Come mostrare una suggestione reale in un mondo alterato, in cui l’ambiguo fonde in maniera pericolosamente indissolubile le sovrastrutture con il gesto? Artaud ci aveva tratteggiato la scena come elemento percettivo, contaminato dei sensi. Abbiamo patito con lui l’insofferenza di un teatro “verista”, di “Stato”, proposto a forza di morale liturgica borghese. Adesso è il momento, con il volume Il Teatro e la Crudeltà pubblicato da edizioni e/o nella collana diretta da Goffredo Fofi Piccola Biblioteca Morale, di lasciare ancora spazio alle rappresentazioni integrali fatte di movimento, parole, luce, verità.
Non è più tempo per la scena che alloggia la mimesi, ma di recupero ancestrale, di restauro; soprattutto per quei rituali che riescono a spolverare l’esistenza umana, ordinarla autentica e feroce così da comprendere il presente. Un testo propizio al momento che viviamo: gli eventi tragici lo ripuliscono, loro malgrado, da quei modelli da intrattenimento frivoli, che ripetono sul palcoscenico le caricature della realtà. Il libro non vuole essere un’ordinaria commemorazione dell’artista, ma intende recuperare quel percorso di lucidità poetica mai interrotto; solo un po’ sopito.
Lo illustra bene Rodolfo Sacchettini nella sua prefazione in cui si ripercorre il tratto storico, ma anche percettivo dell’idea contemporanea sull’artista scomparso poco più di settant’anni fa «Artaud è nascosto nelle premesse e riappare poi inaspettato in quegli spettacoli che ambiscono al grande affresco, ma perseguendo strutture narrative e linguistiche moderne». Idea rafforzata nell’introduzione di Alex Giuzio che chiarisce quanto «All’eterna domanda “di quale teatro abbiamo bisogno oggi?”, Artaud non risponde dandoci un metodo, bensì indicandoci una essenziale direzione di catarsi da seguire».
Artaud, quindi, oggi può essere la direzione da prendere e la prima parte del testo (Manifesti, teorie) ci indirizza evidenziando la sua esigenza di un teatro puro e di un pubblico con cui legare un patto solenne: «Lo spettatore andrà a teatro come va dal chirurgo o dal dentista, con lo stesso stato d’animo, pensando cioè che non morirà per questo, ma che sta per fare una cosa grave e dalla quale non uscirà integro». Il Teatro della Crudeltà non è sangue, violenza, ma necessità, liberazione; e lo strappo dai Surrealisti ne è la sua testimonianza energica.
Sarà cura della seconda parte del testo (Lettere, interventi) mettere a fuoco l’elaborazione del pensiero di Artaud più affilato e tagliente: le critiche ai teatri francesi e alle amministrazioni vicine richiamano le intensità Rimbaudiane e le lettere che scrisse a Jean-Louis Barrault dal manicomio del dr. Ferdière – sperimentatore dell’arte terapia ma anche fautore dell’elettroshock – sono realizzazioni letterarie allucinate e mistiche che non lasciano scampo alla mediocrità del teatro che tanto combatteva. L’ultima sezione, un’Appendice composta da suggestive testimonianze tratte dal dossier Teatro della Crudeltà, ha il potere di far riemergere urla, deliri e poetica come in una mescolanza di sensazioni: «Una poesia di Artaud è innanzitutto uno choc, un trauma inferto ai punti del corpo più atti a subire un immediato sconvolgimento» (Arthur Adamov da Sipario n. 230, giugno 1965).
Un testo necessario e intenso, nel quale affiora un potente quanto attuale «Artaud, certamente insoddisfatto delle gioie artificiali fornite dal teatro» (Jean-Louis Barrault da Antonin Artaud et le théâtre de notre temps, Cahiers de la Compagnie Renaud-Barrault, 1958).
Antonin Artaud
Il teatro e la crudeltà
novembre 2019, pp. 160
ISBN: 9788833571645
Area geografica: Letteratura francese
Collana: Piccola Biblioteca Morale