Un addio che non stupisce ma abbraccia quello di Joan Baez ai palchi, nello scenario unico delle Terme di Caracalla, lunedì 6 luglio e lo fa come solo gli artisti grandi e assoluti sanno fare.
Poco dopo le 21:00, l’orario previsto per l’inizio del concerto, sale sul palco sola, imbraccia la chitarra e sembra così piccola e tutto così grande attorno a lei…poi le prime note e tutto all’improvviso sembra diventare molto piccolo e lei così immensa, in un silenzio quasi devoto dei circa 4000 spettatori inizia a brillare e lo fa per tutta la durata del concerto.
Un lungo, emozionante viaggio attraverso la carriera di una donna e artista eccezionale, che si apre con le note di Don’t Think Twice di Bob Dylan, la cui presenza sembra aleggiare sul palco per tutta la serata e in particolare in pezzi come Forever Young e It’s all over now, Baby Blue.
Pezzi tratti dall’ultimo lavoro, come Whistle Down The Wind che dà il nome all’album e Another World, ballate impegnate come Amazing Grace, e canzoni d’amore come Diamonds and Rust: un repertorio vasto per un concerto toccante, che senza fronzoli parla d’amore, di vita, di immigrazione e diritti e che arriva dritto al cuore come Joan Baez ha sempre fatto.
Non avrà più la voce di un tempo ma la passione è sempre lì e viene fuori determinata in pezzi come Deportees di Woody Guthrie, dedicata ai rifugiati e The President Sang Amazing Grace, che racconta la storia di Dylann Roof, suprematista bianco di 21 anni, che uccise nove persone in una chiesa di Charleston e del presidente Obama che, non trovando parole per ricordare le vittime, intonò una toccante versione di Amazing Grace.
“C’è stato un momento in cui, come succede a tutti, mi sono innamorata dell’Italia” – Joan Baez si ferma a raccontare del suo incontro con Furio Colombo e del consiglio che le diede di ascoltare le canzoni di giovane artista italiano. “Ed eccoci qui”: sale sul palco un emozionato Gianni Morandi e insieme cantano Un mondo d’amore e poi ancora C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones.
Una chitarra che stenta ad accordarsi, l’attacco sbagliato di una strofa e un italiano non sempre perfetto rendono il tutto spontaneo e bello, che se la perfezione davvero esistesse bisognerebbe immaginarla così.
Prima di lasciare il palco un suggestivo omaggio a Joan Baez: Morandi intona a cappella Roma nun fa’ la stupida stasera, con il pubblico che la canta insieme a lui, quasi sussurando.
Joan non poteva salutare il suo pubblico prima di dedicargli l’indimenticabile Gracias a la vida e chiudere con la bellissima The Boxer di Simon & Garfunkel, acclamata dal pubblico.
Se qualcosa resta da dire di una serata memorabile e di una donna a cui la musica (ma non solo lei) deve davvero tanto è un sincero, grande, commosso grazie.
Articolo di Paola Varricchio,
Fotografie di Bruno Pecchioli