Recensioni

Iosonouncane – Ira

“IRA” è una goccia di splendore, è un capolavoro

Dare seguito ad uno dei gioielli più luminosi del panorama discografico italiano degli ultimi anni, il pluri-acclamato “DIE” del 2015, poteva essere impresa non semplice per Jacopo Incani: quella straordinaria prova di talento compositivo e musicale poteva infatti risultare una sorta di gabbia dorata per l’artista di Buggerru, specie alla luce delle alte aspettative che si sono create negli anni per il suo lavoro successivo.
E’ notte fonda, ed alla fine dell’ultimo ascolto di “Ira”, il nuovo, attesissimo album di Iosonouncane, uscito il 14 maggio, non possiamo che acclamare questo disco come un capolavoro.
“Ira” è un’opera complessa e affascinante, una vera e propria “Odissea musicale” dove l’ascoltatore viene accompagnato in un viaggio attraverso suggestioni sonore e suoni che raccontano di sogni lontani, frontiere inesplorate, mari in tempesta e spiagge deserte e assolate.
Nell’ora e cinquanta di durata dell’album l’artista, accompagnato dai musicisti Mariagiulia Degli Amori, Serena Locci, Simona Norato, Simone Cavina, Francesco Bolognini e Amedeo Perri, trascende qualunque concetto di genere spaziando attraverso l’elettronica, il jazz, richiami alla musica africana, turbinii di chitarre elettriche e ballate sincopate e dove è il suono che indirizza il linguaggio: la voce diventa strumento, per fondersi insieme a tutte le altre componenti ritmiche e armoniche e tracciare la rotta per anime migranti e desiderose di bellezza.
L’album si apre sulle note di “Hiver”, una ballata struggente che segna l’inizio del nostro viaggio sonoro, per proseguire con i suoni metallici ed ossessivi di “Ashes” e “Priere”, in bilico tra influenze mitteleuropee e ritmiche stoner.
Nei pezzi successivi “Foule” e “Jabal” è forte l’influenza della musica maghrebina così come nella splendida “Hajar”. “Ojos” strizza l’occhio, al pari di “Prison” e “Fleuve”, al miglior Thom Yorke in un trionfo di ritmi ipnotici ed elettronici mentre le atmosfere diventano più rarefatte nella ballad maledetta “Nuit”, vera e propria ninna nanna per cuori in tempesta.
“Horizon” e “Niran”, così intrise di epicità e disperazione, rappresentano il cuore pulsante dell’album, insieme alla meravigliosa “Soldiers” con una melodia in bilico tra Morricone e Danger mouse.
“Sangre” e “Petrole” sono il tappeto elettronico che ci accompagna verso la fine della nostra Odissea musicale rappresentata da “Cri”, la cui lunga chiusura strumentale porta l’ascoltatore ad una sensazione di percorso completato, di pacificazione raggiunta, di fragorosa quiete.
Nelle parole dell’autore è un “disco corale di un uomo che rinuncia in parte alla propria voce per abbracciare quella di una moltitudine che attraversa terre e mari” e tale interpretazione si riversa anche nella lingua scelta per il cantato, una miscellanea di italiano, inglese, arabo, francese, spagnolo, tedesco, quasi a voler dare voce alle storie di tutti gli uomini e le donne che si incontreranno in questo migrare attraverso percorsi musicali non consueti ma che porteranno alla fine del viaggio l’ascoltatore all’inevitabile ed agognata catarsi.
Lo dicevamo in apertura, “Ira” il terzo lavoro di Iosonouncane, è un capolavoro.
Un capolavoro “drammatico” perché non lascia adito a speranze di sorta, un capolavoro complicato ma vibrante e pieno vita ed emozioni e soprattutto un capolavoro che ci restituisce un artista in grado di poter essere considerato non solo come una bella promessa nel panorama italiano ma come una splendida realtà di livello internazionale.
“Ira” è una goccia di splendore.

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Claudio Di Benedetto

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