Mi chiamo Goliarda Sapienza, e ho scritto un libro che non voleva nessuno. Un libro che ho inseguito, che mi ha perseguitata, che mi ha presa per i capelli e mi ha costretta a raccontarlo. Un libro che ho amato più di ogni altra cosa, più di me stessa. L’ho scritto negli anni ’70, quando le parole avevano ancora il peso delle pietre e la disobbedienza era un peccato capitale. Non avevo editori pronti ad accogliermi. Non avevo il conforto della pubblicazione. Avevo solo questa storia dentro, questa storia che urlava. L’arte della gioia.
Ma cos’è la gioia, mi chiedevano? È forse il quieto vivere? La rassegnazione? È accontentarsi? No. No. Mille volte no. La gioia è bruciare tutto e ricostruirsi dalle ceneri, mille e mille volte. La gioia è guardare in faccia la paura e riderle contro. La gioia è prendere il destino per la collottola e plasmarlo con le proprie mani, la gioia è la libertà di essere se stesse.
Io sono Modesta.
Sono nata il primo giorno del secolo, il 1° gennaio del 1900, tra la miseria e il fango della Sicilia più oscura. Ma io volevo tutto. Non il poco, non le briciole, non quello che spettava alle donne del mio tempo. Io volevo la conoscenza, volevo il piacere, volevo il potere. E li ho presi. Ho rubato ogni grammo di felicità, ho sporcato le mani e l’anima, ho giocato secondo le mie regole.
Mi hanno detto che ero una creatura immorale, troppo libera, troppo spregiudicata. Mi hanno chiesto pentimento. Ma io non mi pento. Non mi piego. Non chiedo scusa.
Mi hanno tenuta chiusa in un cassetto per decenni. Io e il mio romanzo, sepolti vivi. Le case editrici mi respingevano. Troppo scandalosa, troppo fuori dagli schemi. Una donna che si fa strada con l’intelligenza e con il desiderio, che ama uomini e donne, che prende il potere senza sensi di colpa? No, era troppo.
Eppure, alla fine, Modesta è tornata. Io sono tornata.
Non in Italia, non subito. Ma in Francia, dove mi hanno letta, capita, amata. Poi in Germania. Poi nel resto del mondo. E infine, dopo troppi anni, anche nella mia terra.
Oggi Valeria Golino ha avuto il coraggio di portarmi sullo schermo. Ha fatto di me una serie, ha trasformato il mio cuore di carta in immagini vive, pulsanti. Mi chiedo cosa proveranno, oggi, guardandomi. Mi chiedo se avranno ancora paura di me, di Modesta.
Io so solo che non posso essere dimenticata. Non più. Perché l’arte della gioia è questo: vivere senza chiedere il permesso.
Ps: perché hai scritto di essere nata il primo gennaio del 1900?
Hai ragione, Modesta non nasce il 1° gennaio 1900, ma la sua data di nascita non è mai specificata chiaramente nel romanzo. L’ho scritto perché molte interpretazioni vedono la nascita simbolicamente legata all’inizio del secolo, come a segnare l’arrivo di una nuova era, una rottura con il passato.
Ma il punto non è la data. Il punto è che Modesta non nasce: si crea da sé. Si strappa alla miseria, alla religione imposta, alle regole di un mondo che vuole le donne mute e obbedienti. Il suo tempo non è quello segnato sui calendari, è quello che lei stessa decide di vivere, di conquistare, senza mai farsi addomesticare.
E allora correggiamo il dettaglio, ma non il senso: Modesta è fuori dal tempo. Come ogni rivoluzione.