Interviste

Intervista esclusiva a Jim Sturgess

Scritto da Eva Milan

L’attore inglese debutta come musicista indie con un album eclettico, “Common sense for the animal”, fuori dai radar e sotto il curioso pseudonimo di King Curious, di cui ci rivela i retroscena nei dettagli, con l’estrema genuinità e affabilità che sempre lo caratterizza

Sono passati diciassette anni dal suo debutto nel musical “Across the Universe”, il film-cult ispirato alla musica dei Beatles che lo ha lanciato come giovane promessa di Hollywood e che lo ha visto subito dopo coinvolto con Anne Hathaway nella commedia romantica di successo “One Day”. E poi, catapultato in una serie di ruoli rilevanti accanto ad alcune delle Star più famose come Natalie Portman, Scarlett Johansson, Ed Harris, Harrison Ford, Kevin Spacey, Colin Farrell, Tom Hanks, Anthony Hopkins, Ben Kingsley, in film diretti da altrettanti registi di fama mondiale come Peter Weir e persino il nostro Giuseppe Tornatore ne “L’Ultima Offerta”… un curriculum impressionante per un attore britannico che è sempre rimasto più volentieri lontano dai riflettori e dagli ambienti dello Star system, preferendo condurre un’esistenza sobria nella sua casa di Londra, spostandosi in metropolitana, frequentando gli amici di sempre e sostenendo quando e come possibile progetti di cinema indipendente e registi esordienti… parliamo dell’attore inglese Jim Sturgess, che non tutti conoscono anche come musicista indie. È uscito infatti proprio in questi giorni il suo primo album solista, “Common Sense for the Animal”, sotto lo pseudonimo di King Curious, un’autoproduzione totalmente indipendente e distribuita su Bandcamp da un’etichetta indie di Londra, la Small Matter Records, e post-prodotta dal duo electro-post-rock ToyDrum, autori di numerose colonne sonore di cinema e serie tv indipendenti.
L’uscita dell’album è stata preannunciata esclusivamente sul suo profilo Instagram con ben quattro videoclip pubblicati autonomamente su YouTube e autoprodotti da Sturgess avvalendosi della collaborazione di registi, coreografi e artisti visivi indipendenti, il tutto diffuso al di fuori di ogni circuito mainstream e con praticamente scarsissima risonanza mediatica. Per Jim ciò che più conta davvero è essere riuscito finalmente a realizzare l’album che aveva accantonato da anni a fronte degli impegni cinematografici, ed averlo condiviso con le persone più vicine.
Common Sense For the Animal, apparentemente ripercorrendo un vasto background generazionale che va dagli anni ’80 e ‘90, passando per l’hip hop, il post rock e l’electro-pop, è un album che ha molto senso nel percorso artistico più intimo di Jim, specialmente quando si destreggia sui tasti del suo vecchio pianoforte e con la sua voce evocativa prende forma il suo mondo interiore, denudandosi in brani come Asleep with Books, The Makeshift Numbers, Think of Planets, rivelando il sound più emotivo a cui gira intorno l’intero lavoro. Ogni traccia continua a sorprendere aprendo uno scenario inaspettato e allo stesso tempo mantiene coerenza e continuità come una sceneggiatura che pian piano si svela insieme alla poetica dei testi; essi ci parlano di fragilità, crisi esistenziali e disagio psichico nel tempo contemporaneo, in brani come Anxiety, The Hollowman Come, Fears of London, e nei più intimi e visionari Another World, Are you there, A premonition of a Lonely Soul… echi e venti di proteste di massa, distopie del Potere, apocalissi teleguidate, incubi e stati onirici si mescolano con emozioni più intime, il tutto rappresentato in una serie di videoclip psichedelici che non poteva mancare nel retaggio cinematografico di Sturgess: musica e arti visive, un percorso artistico vissuto su più piani che offre uno sguardo autentico nella giungla contemporanea. Ho rivolto a Jim alcune domande per farmi spiegare meglio da lui il senso di un’opera d’esordio fuori dai canoni e soprattutto fuori da un ambiente mainstream invaso da tanti falsi ribelli preconfezionati.

Il grande pubblico ti ha conosciuto per il film Across the Universe in cui hai reinterpretato diversi brani dei Beatles in maniera straordinaria… in realtà tu hai iniziato con la musica da giovanissimo, avendo suonato in alcune band, per poi concentrarti sulla recitazione nel cinema. Finalmente dopo molti anni sei tornato alla musica come King Curious, con un album solista che unisce il tuo background musicale alla sperimentazione di suoni contemporanei. Cosa ti ha fatto decidere che era ora di realizzare quest’album? Come sono nati questi brani, il processo creativo che infine ha unito sound diversi in un’opera eclettica così magicamente coerente?
Credo che ciò che mi ha spinto a comporre e realizzare l’album è stato l’aver iniziato un nuovo capitolo nella mia vita e in quel momento ho potuto riflettere molto e più tranquillamente sul mio passato. Sono stato impegnato con la musica per tanti anni, eppure tutto sembrava restare sullo sfondo perché non avevo ancora realizzato nulla in questo senso. Sfortunatamente, per ragioni personali, la musica che avevo composto e a cui avevo collaborato non aveva avuto sbocchi e dunque un sacco di lavoro ed energia creativa restava nel cassetto… A un certo punto ho deciso di abbandonare la musica per concentrarmi sul mio lavoro di attore poiché è una delle mie grandi e urgenti passioni. Ho pensato davvero di potermi lasciare la musica alle spalle, e così ho fatto per un certo tempo – ma la mia mente non funziona così. Non sono riuscito a voltare pagina del tutto.
Avevo da poco cambiato casa e il mio pianoforte ha trovato un nuovo spazio. Prima era rimasto nascosto in uno stanzino, al buio, ricoperto da scatoloni e vecchi vestiti. Avevo quasi dimenticato che fosse lì. Ma nella nuova casa ora si trovava in una stanza dove passavo ogni giorno. Lui mi guardava e io cercavo di ignorarlo, l’ho ignorato per un po’ e lui ogni giorno continuava a guardarmi. Alla fine un pomeriggio ho osato sedermi al piano, giusto per strimpellare qualche nota… e prima che me ne rendessi conto, avevo già scritto un brano intero. Quella canzone s’intitola ‘The Makeshift Numbers’ ed è inclusa nell’album. Avevo avuto bisogno di scriverla e provai un grande sollievo. A quel punto si sono rotti gli argini, quindi ho pensato: ‘Ho appena scritto una canzone sul passato, ora forse dovrei scriverne una sul futuro’, ed è arrivato ‘Asleep With Books’, il brano che apre l’album. Creativamente, tutto iniziava ad evolvere e ho continuato a comporre.  Dentro di me sapevo, dopo tutte le esperienze che avevo fatto con la musica, che se a un certo punto non avessi realizzato un disco avrei avuto dei rimpianti. Ho sentito che era il momento di farlo, che dovevo procedere e affrontare il mostro. Mi sono tormentato per un certo tempo e ho continuato passo dopo passo finché non era finito. 

Anche i testi di ciascun brano hanno tematiche diverse tra loro, alcuni sono più intimi, esistenziali, onirici, altri esprimono disagio per il tempo contemporaneo, eppure anche in questo caso si avverte un filo che lega ogni cosa, come se lo stato interiore riflettesse lo stato del mondo… è questo il senso del titolo che hai scelto per l’album, “Common sense for the animal”? Siamo tutti in balia di un tempo che ci rende interiormente, umanamente, fragili…?
Sì, credo che il senso sia quello. Ho avvertito che nell’esprimere le mie paure e fragilità interiori stavo entrando anche in una prospettiva esistenziale collettiva. In brani come ‘The Hollowman Come’, ‘Bright Light / Black Star’ e ‘Another World’ sono io che guardo il mondo esterno. Osservo la follia del mondo e cerco di comprendere il tutto. Mentre i brani ‘A Premonition Of A Lonely Soul’, ‘The Makeshift Numbers’ e ‘Are You There’ sono rivolti più interiormente ed esprimono di più la sfera emotiva personale. Ho sempre voluto scrivere un brano sull’ansia e i problemi che mi ha dato in passato, ma non volevo farlo in modo vittimistico, quindi in ‘Anxiety’ ho giocato un po’ con quell’idea per trovare il modo giusto per farlo. Volevo da sempre anche scrivere un brano su Londra, perché è una città che ha avuto un ruolo importante nella mia esperienza di vita su questo pianeta. Dice tanto su chi sono io. Quindi, anche con ‘Fears Of London’ ho cercato di capire come farlo in modo da sentirlo autentico senza apparire forzato o confuso. Infine, sapevo anche che volevo scrivere un brano sullo spazio, sui pianeti e il fatto che galleggiamo nel Cosmo, perché io ci penso tantissimo. Quindi ho scritto ‘Think Of Planets’
È solo quando l’album è finito che inizi a vedere l’intero senso dell’opera. Una volta finito, ho capito che l’album parla dell’esperienza umana sia a livello personale che collettivo. Ricorreva sempre questa frase nei miei appunti e avevo cercato di usarla in altri testi di canzoni, ma non aveva mai trovato il posto giusto. Anche se non ne afferravo completamente il significato, mi piaceva, esprimeva una profondità astratta ed era Common Sense For The Animal. A quel punto mi è sembrata perfetta per rappresentare il senso dell’intero album, e cioè dell’esperienza umana, e così l’ho scelta come titolo. 
Trovo che come esseri umani abbiamo una dualità viscerale. Da una parte, siamo le creature più sensibili e straordinarie che esistano. Creiamo musica, cinema, arte, cultura, linguaggi, architetture, medicina, scienza… quando ci penso, chino il capo letteralmente! E adesso c’è un mondo interamente digitalizzato che va oltre le mie capacità di immaginazione. È insondabile e impressionante quanto abbiamo realizzato, ma dall’altro canto, possiamo essere (e molto spesso) le creature più ridicole, insensibili, banali e autodistruttive senza alcuna comprensione del mondo e dello spazio che ci circonda, non mi capaciterò mai e continuo a chiedermi dove è mai finito il senso comune!
Il termine ‘animale’ è spesso usato in modo dispregiativo. ‘Si comportano come animali’ si dice quando qualcuno compie un atto barbaro o spregevole, quando in realtà è un comportamento prettamente umano e questo mi ha sempre dato da pensare! 

 Altri amici artisti hanno collaborato all’album e nell’arco di un anno, in anticipazione all’uscita, hai realizzato ben quattro videoclip, a conferma del tuo legame con il cinema e l’arte visiva in generale, lavorando con registi diversi e avvalendoti di una serie di collaborazioni nel mondo dell’arte indipendente a te più famigliare. Come hai vissuto questa esperienza di collaborazioni di cui tu sei di fatto “regista” attraverso la tua musica?
Credo che la cosa più bella che mi ha regalato l’intera esperienza è stato ritrovarmi in una fantastica avventura di collaborazione con così tanti amici e belle persone incontrate sulla strada. Dalla registrazione dei primi demo fino alla produzione dell’album, al missaggio, alla realizzazione dei video, la grafica dell’album, i servizi fotografici, le coreografie di danza fino all’etichetta che ha pubblicato il disco… tutto è stato realizzato in collaborazione con amici. Ed è stato incredibile. Anche qui si è trattato di vivere un’esperienza umana. Mi sono sentito orgoglioso del fatto che tutte queste persone geniali e di talento sono coloro che considero i miei amici, di essere legati dalle stesse passioni. È il motivo stesso per cui sono miei amici. 
Come attore, sei spesso ospite dell’universo creativo di qualcun altro, ed è per questo che amo recitare. Ti insegna ad essere incredibilmente umile dal momento che devi trasformarti e adattarti per sostenere una visione altrui. Ma con il progetto di King Curious, è il mio mondo, con i miei amici, facendo ciò che ci appassiona. È questo che ha reso il tutto speciale per me. 

 La copertina dell’album è bellissima e riprende lo stile del video di “A Premonition of a Lonely Soul”… è molto interessante, la sensazione è che tu voglia mostrare tante sfaccettature di te stesso che emergono dal profondo e vanno fuori controllo, nell’esigenza di rivelarsi dal tuo subconscio…? Come è nata questa copertina e chi l’ha realizzata?
Sì, la copertina dell’album e il video per il brano ‘A Premonition Of A Lonely Soul’ sono stati realizzati dallo stesso artista visivo di nome Ruffmercy. Lui è un artista incredibile e conobbi i suoi lavori a una mostra collettiva ispirata all’arte di Jean Michel Basquiat. Le sue opere mi hanno colpito subito e ho avvertito un’affinità con i suoi accostamenti stilistici: il punk, l’hip hop, la psichedelia, l’arte, il jazz, la cultura Skateboard, una specie di Francis Bacon in versione Graffiti, opere piene di luce e colori ma allo stesso tempo oscure e inquietanti. Le ho amate subito. Alla fine ci siamo conosciuti e siamo diventati amici, e sapevo che avrei voluto lui per realizzare la copertina dell’album.  Gli ho mandato una foto del mio volto e lui ha sperimentato con alcune idee. Lui lavora molto velocemente e in modo istintivo e il tutto è uscito fuori in poco tempo. In sostanza, come hai descritto, l’immagine mostra le multiple sfaccettature interiori dei miei pensieri e delle mie emozioni. Sentimenti distorti e caotici quanto vivaci e belli.

Quale sarà il futuro di King Curious? E cos’altro ci dobbiamo aspettare dall’attore Jim Sturgess? 
Non ne ho la più pallida idea, cosa riserverà il futuro a King Curious? È difficile prevedere il prossimo capitolo visto che sono così impegnato nel presente e l’album è appena uscito. Il mio unico scopo era realizzare un disco e fare dei video. Qualcosa che avesse senso per me e che risultasse espressione sincera del presente, in quel momento. Senza nessun clamore esterno o scopo economico. Che fosse genuino e per me stesso. Onestamente, non ho pianificato nient’altro… e nemmeno adesso. Mi piace sentire che con King Curious ho creato il mio “spazio protetto” dove sarò libero di esplorare altro. Altre idee per progetti musicali o poesia, chi lo sa?
Per quanto riguarda il cinema, ho alcuni progetti in pentola e altri che stanno per uscire. Ho girato un film intitolato “Apartment 7A”con Julia Garner e Dianne Wiest, si tratta di un prequel/opera complementare di un film cult degli anni ‘60 ‘Rosemary’s Baby’, e uscirà il 27 Settembre.
Ho anche girato una mini-serie per la Disney, ‘Playdate’, con Denise Gough e Ambika Mod, la storia tormentata di una coppia che permette alla figlia di andare al suo primo appuntamento… e il tutto degenera in una tragedia. Non so quanto posso rivelare su questo e dunque non dirò altro, ma essendo da poco padre io stesso, per me è stato emotivamente abbastanza pesante lavorarci. 
Poi, c’è un’altra mini-serie intitolata ‘Mix Tape’, una storia sentimentale piuttosto realistica e autentica incentrata su due personaggi che si ritrovano attraverso l’amore per la musica. Davvero un’opera sul potere della musica e come può riconnetterti istantaneamente ai tuoi ricordi passati e ad emozioni rimosse. Sulla bellezza dell’amore giovanile e sulla complessità delle relazioni nell’età adulta.

Per ascoltare o ordinare King Curious “Common Sense for the Animal”

 

A premonition of a lonely soul

The Hollowmen come

The Makeshift Numbers

About the author

Eva Milan

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