Sulla musica

In Nome Della Legge – Musica di Carlo Rustichelli

Scritto da Annalisa Nicastro

Capitolo 2.1 (parte 16) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. In Nome Della Legge (’49) di Pietro Germi; musica di Carlo Rustichelli

Capitolo 2.1 (parte 16) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. In Nome Della Legge (’49) di Pietro Germi; musica di Carlo Rustichelli

Informato, durante un processo, che la miniera, appartenente al barone, è chiusa e che c’è una pratica per riaprirla che giace lì da otto mesi, si reca a far visita al barone. Il dialogo che si svolge fra i due è chiarificatore e prende toni di conflitto, ché il barone avverte il pretore di stare attento a mettersi contro di lui ( e quindi contro Turi Passalacqua), mentre il giudice gli dice che la legge deve fare il suo corso e che quelle 200 famiglie di minatori ridotte alla fame provocano ogni giorno dei fatti di sangue.
Tutta la scena è accompagnata da una suonata di Chopin, eseguita al pianoforte che si trova nella casa del barone, la quale, nella sua nostalgica e dolce bellezza, contrasta fortemente col conflitto di potere, venuto alla superficie fra Stato (il pretore) e Mafia (l’aristocrazia fondiaria che da secoli permette che la mafia viva), ma nello stesso tempo si sincronizza con lo stato d’animo del pretore che vede intorno a sé un’immensa solitudine, eccezionalmente caricata da quelle tristi note di pianoforte.
Il pretore, il maresciallo (l’unico che si ponga veramente al servizio del pretore e quindi dello Stato), il sindaco, il cancelliere e l’avvocato (che circola nella corte del barone) si trovano a fare la perizia alla miniera, la quale viene reputata inagibile.

Torna il leitmotiv ironico-burocratico che una volta di più viene a caratterizzare, anche se variato musicalmente, il lavoro di ordinanza, quindi inutile, svolto dai simboli di uno Stato che non c’è. Ma quando all’orizzonte appaiono Turi Passalacqua e i suoi uomini d’onore che cavalcano per andare ad incontrare il pretore e il suo inutile seguito, ecco riapparire, in tutta la sua forza espressiva, il leitmotiv dei titoli di testa. La marcia, la battaglia, il conflitto viene ad essere sottolineato dalla musica, ponendo l’accento sugli squadroni contrapposti che si fanno guerra non con le armi, ma con sottili e rispettose minacce.
Sembra davvero di trovarsi di fronte, con quegli ottoni che eseguono una vera melodia guerriera, a due schieramenti, pronti a darsi battaglia: da una parte Turi Passalacqua e i suoi uomini (l’anti-Stato), dall’altra il giovane pretore e il maresciallo (lo Stato). In mezzo a loro, senza alcun peso, completamente neutrali e convinti di lasciare le cose come stanno, quelli che dovrebbero essere, invece, la massima espressione della legge vera e propria. E’ certamente una lotta impari, ma che vede il pretore pieno di quel giovanile ardore e coraggio, la cui massima aspirazione è di cambiare le cose.
Si stanno svolgendo i festeggiamenti di un matrimonio e vediamo sotto il bel sole, vicino all’uliveto alcuni convitati ballare e altri seduti a godersi lo spettacolo. C’è una tipica orchestrina da festa di paese che sta suonando un valzerino passionale, la cui triste e dolce melodia si funzionalizza drammaticamente ai vari avvenimenti che si susseguono nella festa.
Per prima cosa, vediamo Vastianedda, quasi costretta, ballare con Ciccio Messana che si è invaghito di lei e che ora rifiuta la sua vecchia amante, la madre di Vastianedda; Paolino, nel vederli, è geloso, ma non può farci nulla.
Intanto, sopraggiunge il pretore, cui piacciono le feste e la musica e vuole ballare e divertirsi. Ma appena giunto ad augurare la felicità agli sposi, la musica di colpo si arresta, e tutti gli sguardi (ostili) sono puntati su di lui, per poi riprendere subito dopo, come se nulla fosse successo.
Paolino e Vastianedda si allontanano un poco per andare a parlare sotto gli ulivi: Vastianedda avverte il suo giovane amore che Ciccio Messana vuole sposarla. Il colloquio e la musica sono interrotti da uno sparo che si sente in lontananza: tutti sanno che è una regolamento di conti e ancora una volta una voce incita tutti a riprendere la musica e i festeggiamenti, come se nulla fosse accaduto. Subito dopo, nuovamente, la musica tace quando giungono Turi Passalacqua con un suo uomo, tutti e due col fucile a tracolla. Sono venuti a portare l’omaggio agli sposi, ché la caccia è andata bene. Lanciano così un coniglio morto sul tavolo, mentre, in uno stacco di scena suggestivo e colorito orchestralmente, vediamo l’altro bandito, che aveva rubato le mule del barone, giacere a terra nel suo sangue.
Tutta questa sequenza della festa è colma di avvenimenti quantomeno drammatici che vanno ad inserirsi in un crescendo che porta alla tragica fine del bandito e che creano un gioco essenziale col valzerino proveniente dalla pellicola, provocando evocazioni e suggestioni fortemente espressive, le quali riescono ad immetterci nella tremenda atmosfera che, al di là della superficie festaiola, regna sovrana.

Segue nel prossimo numero! Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione

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