Ricordo un evento fumettistico della Marvel di qualche anno fa nel quale la fazione di Capitan America si scontrava contro quella guidata da Iron Man. Lo slogan pubblicitario recitava testualmente: Civil War – Tu da che parte stai?
Applicando questo quesito alla musica e nello specifico al mondo degli In Flames, la medesima domanda sorge spontanea, perché sono ormai lontanissimi i tempi in cui la band svedese pubblicava album come Lunar Strain e, soprattutto, l’ultra osannato The Jester Race, uno dei capostipiti del death metal scandinavo, brutale e senza compromessi.
Già con il successivo lavoro, Whoracle del 1997, il gruppo mostrava un ammorbidimento graduale del sound, lasciando ampio spazio a melodie strumentali e vocali, cosa che nel tempo subirà un processo di consolidamento. Questo portò ad un’onda anomala nel quale molti fan abbandonarono la nave, accostando i loro beniamini al carrozzone nu metal, che spopolerà nel decennio a venire. L’altra faccia della medaglia fu un nuovo zoccolo duro di nuovi e vecchi sostenitori che li spingerà a proseguire il cammino intrapreso a testa altissima.
Foregone è semplicemente il continuare a perseverare nel proprio credo da parte di una band considerata seminale e che ha emulatori sparsi in ogni dove, a rimarcare il fatto che intraprendere una direzione più commerciale può portare a dei frutti rigogliosi.
L’acustica “The Beginning Of All Things That Will End” è una partenza delicata e toccante, subito stroncata dalla furia di “State Of Slow Decay”, una delle canzoni più violente targate In Flames degli ultimi anni, degna dei loro album pre Whoracle. L’effetto nostalgia ha vita breve: “Meet Your Maker” e “Bleeding Out” non hanno nulla di inusuale rispetto a I, The Mask e ai dischi che lo hanno preceduto. La titletrack, divisa in due episodi, si ricorda in particolar modo per il suggestivo assolo di chitarra che spezza a metà la prima parte.
Così anche il duetto composto da “Pure Light Of Mind” e “In The Dark” non mostra nulla di eclatante, continuando a battere il ferro (o il metallo?!) finché è caldo con la forza di chorus istantaneamente assimilabili. Senza perdere colpi, anche una traccia come “A Dialogue In B Flat Minor” risulta ben inquadrata all’interno del plot: strofa di una veemenza disarmante, condita da un ritornello pop dalle linee melodiche subito riconoscibili.
Ormai questi sono gli In Flames: c’è chi ci ha fatto il callo e lo ha accettato e chi, invece, vive di memorie e vaga in seno ad un’aleatorietà autoimposta.
In Flames – Foregone
Foregone è il continuare a perseverare nel proprio credo da parte di una band considerata seminale e che ha emulatori sparsi in ogni dove, a rimarcare il fatto che intraprendere una direzione più commerciale può portare a dei frutti rigogliosi