Quindici minuti di videoclip.
Questa, forse, è la definizione adatta al nuovo film di Paul Thomas Anderson per Netflix con Thom Yorke dei Radiohead.
Ora, la prima sensazione che mi scaturisce dopo la visione del film è che mi son tornati in mente, come flussi di coscienza impazziti, le immagini di Pina Bausch e dei suoi balletti del Tanztheater, del Living Theater e delle loro coreografie folli e viscerali. Questi i primi influssi – per dirla come Raymond Carver – che il mio pensiero ha elaborato. Capisco anche che in queste parole non c’è nulla se non dei rimandi prettamente iconografici ma, solitamente, la prima impressione è quella da perseguire.
E’ il punto penso sia proprio questo.
Anima non riesce ad emergere, non come vorrebbe, non come ci saremmo aspettati e, citando Dante: “l’amore risveglia l’anima ad agire”. Nel film con Thom Yorke l’amore non esiste, direi volutamente, ma non c’è neanche la consapevolezza, né l’empatia per cercarlo. L’assenza di questo sentimento non può far ri-nascere l’anima se non attraverso la colonna sonora/pezzo musicale che lo stesso Yorke compone. E’ un film atipico, figlio di una generazione di progetti cinematografici che nascono dalla scuderia di Netflix e come tale rispecchia il suo marchio creativo.
Allo stesso tempo, Anima è un film che ti distrae, che ti cattura. E’ un film che ti disorienta i sensi, che arriva alla mente e te la scuote. E’ un film dove puoi chiudere gli occhi e ascoltare la musica e allo stesso tempo tapparti le orecchie e vedere le immagini. E’ un film polivante, polisemico, che si
guarda da diversi punti di vista.
Thom Yorke si cala nella parte di quest’uomo che (forse) reinterpreta sé stesso, che si lascia andare alla deriva della quotidianità fittizia, trasportato da coreografie e danze che ricordano l’andamento contemporaneo della vita che corre via inesorabilmente.
Sono i flussi di questo dinamismo tecnologico – di questo vento dispotico che ci porta a pensar tutti allo stesso modo – alla stessa maniera, come degli automi.
E poi c’è una borsa, che lui rincorre, imperterrito, che rappresenta l’unico oggetto empatico del film. Yorke la cerca come se fosse la sua stessa anima, quell’unico posto caldo dove rifugiarsi. Essa è, allo stesso modo, la sua missione di vita per sopravvivere a questa corrente impazzita. Forse la borsa è anche quella “cosa”, per dirla come Žižek, che lui vede come possibile progressione della sua stessa esistenza, della sua anima. Quell’entità che non si vede, ma c’è. Sempre lì, presente e costante.
Anima è un sogno, una visione dispotica dell’era d’oggi.

© Netflix