Interviste Recensioni

Holy Shire, Intervista + Recensione

Scritto da Gigi Fratus

E’ un buon lavoro adatto ad un pubblico più orientato verso un folk-metal che altro

Buongiorno a tutti, come state?
Bene grazie, ci stiamo gustando gli ultimi giorni prima della festa!

Si avvicina il giorno dell’uscita sul mercato della vostra ultima fatica discografica. Quali sono le vostre sensazioni in merito? Cosa vi aspettate da “The legendary sheperds of the forest”?
Speriamo che piaccia, che evochi in chi lo ascolta il mondo fantasy a tinte folk e metal che abbiamo descritto nei 10 brani, siamo curiosi di vedere come verrà accolto da chi ci ascolterà live e su disco, ci piace immaginare che ognuno si possa affezionare a una canzone differente perché le atmosfere di ciascuna sono molto diverse, e infine siamo comunque molto felici di pubblicare un lavoro che è durato qualche anno ed è una grande soddisfazione vedere realizzato.

Ho ascoltato attentamente il vostro lavoro e debbo dire che l’impressione è più che buona, forse alcuni arrangiamenti sono anche troppo articolati (nella title-track ad esempio), con suoni ed atmosfere difficilmente riproducibili live e soprattutto tolgono un po’ di quella dimensione metal di cui siete parte. Come intendete procedere nei live? Utilizzerete basi registrate o turnisti per ricreare le atmosfere del disco oppure ri- arrangerete i brani in chiave più, diciamo così, semplice ?
Useremo le basi, tra l’altro non avendo un tastierista al momento nella formazione; sicuramente gli arrangiamenti orchestrali vogliamo rimangano live, fanno parte integrante del sound dei pezzi, ma live, il carattere metal predomina. Poi sarebbe un sogno avere un’orchestra, ma appunto è troppo “fantasy”!

Uno degli aspetti che sicuramente mi ha colpito positivamente sono le due voci. Entrambe femminili e molto differenti tra loro, riescono a creare passaggi di notevole spessore scambiandosi le parti in maniera impeccabile. Come lavorate per riuscire ad essere così complementari?
In fase di scrittura bisogna iniziare ad immaginare le possibili armonie e strutture, poi si studia, si prova, si riprova e si trova la via giusta. Nel caso di di quest’ultimo lavoro in verità alcuni brani sono stati scritti (parlo sempre delle voci) con Simona (quelli che ha interpretato nel disco) mentre gli altri sono nati in seguito con collaborazioni con cantanti che hanno condiviso con noi anche periodi più o meno lunghi di live, e poi c’è Masha che ci ha regalato la sua performance in Danse

Dopo aver ascoltato il vostro album per tre giorni consecutivi devo dire che vi va dato il merito di aver confezionato un prodotto assolutamente originale e che nonostante svariati ascolti non “stanca”. Di contro rilevo però una certa difficoltà nel classificarlo. Non è un album, a mio avviso, di matrice prettamente metal ( o synphonic metal), poiché i suoni non sono così decisi e le contaminazioni folk molto presenti. È una scelta ponderata e convinta oppure sono io che non sono riuscito a carpire l’anima più profonda di “The legendary sheperds of the forest”?
Wow, grazie, 3 giorni sono tanti! No, hai colto lo spirito, in verità non ci poniamo il problema di dove ci collocheremo, e questa libertà ci fa spaziare tra atmosfere diverse e un risultato che spesso spiazza chi lo ascolta. Può essere un difetto ma è qualcosa che non disturba noi. Il tentativo è di essere noi stessi, e dico tentativo perché siamo tutti amanti di tantissima fantastica musica che ci ha cresciuti e che inevitabilmente ci ha influenzati. Sicuramente abbiamo tutti un bagaglio ma è molto eterogeneo e la sfida è far convivere le mille anime musicali che ciascuno porta con sé cercando una commistione “nuova”

Siamo ai saluti, vi ringrazio per il tempo che ci avete dedicato e vi lascio ricordando in primis l’appuntamento con il Release Party del 26 Ottobre prossimo al Legend Club di Milano, ma chiedendovi in ultimo di soddisfare una mia ultima curiosità… quanto alto vuole volare il drago?
Grazie a te/voi per il supporto. Questo secondo drago è più grandicello e ci piacerebbe volasse più in alto di suo fratello Midgard. Ma non dimentichiamo mai i primi passi da draghetti con il primo demo e poi l’EP. I draghi crescono lentamente, ma il bello è che non c’è limite all’immaginazione.

Recensione “The legendary sheperds of the forest”

Seconda fatica confezionata dal combo epic/symphonic/fantasy milanese dopo il debut album Midgard. La composizione non si discosta molto dal precedente lavoro dando continuità ad un progetto molto interessante. E già questa, di per sé, è un’ottima notizia! La band lombarda negli anni ha avuto qualche cambio di formazione e questo poteva portare anche a variare in maniera più o meno consistente la proposta musicale. Fortunatamente tutto ciò non è avvenuto, andando pure a migliorare i propri contenuti sia per quanto riguarda la composizione delle melodie che la ricercatezza dei testi. Testi di ispirazione fantasy, su tutti la saga Tolkeniana per eccellenza (c’è bisogno di ricordare quale sia?). Ma le fonti sono varie e rimandano anche a saghe più o meno recenti come ad esempio Game of Thrones et similia. Ciò che colpisce in questo lavoro è l’accuratezza degli arrangiamenti davvero eccellenti nonché il sapiente utilizzo delle due voci soliste, così diverse eppure così complementari. Vi sono passaggi, a livello vocale, dove Erika e le Guest Vocals creano vere e proprie gemme che vanno ad impreziosire i brani in maniera unica. Sulla title track vi è poi il featuring di Simona Aileen Pala ex Unicorn Vocals che ha contribuito non poco alla stesura di melodie e testi. La prima cosa che colpisce di questo album è il fatto che vi siano quattro (!!!) vocalist diverse che hanno prestato la loro voce al fine di realizzare il tutto. Oltre, naturalmente alla Dragon vocals Erika “Aeon” Ferraris. La nuova Unicorn Vocals Claudia Beltrame, ammirata dal vivo la scorsa estate non ha partecipato alle sessioni in studio poiché arruolato oltre il tempo limite.
L’album si apre con “The Source”, intro strumentale che ha il compito, attraverso un’ottima orchestrazione di aprirci la via verso il primo brano “Tarots”. Brano che si presenta da subito molto serrato, grazie alla batteria di Maxx che batte incessantemente le pelli ad un ritmo inusuale per il genere. Le chitarre ruggiscono grintose ma poi, poi arriva il flauto di Chiara ad addolcire il tutto. Le voci, concorrono a dare struttura e corpo al brano, sottolineati sempre da una sezione ritmica sostenuta alla grande. Direi che come primo pezzo non si poteva fare scelta migliore, la prima guest singer Francesca Chi ì(presente anche sulle track 9 e 11), duetta alla grande con Erika ed il risultato complessivo è ottimo. Il problema però sorge con la canzone successiva, “Danse Macabre” . Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio, il problema nasce dal fatto che a parere del redattore questo è il brano migliore dell’intero album! E forse, ma solo forse, arriva troppo presto. La breve introduzione al flauto mette subito buona predisposizione all’ascolto, l’attacco di chitarre sferza l’aria e il proseguire in sottofondo del flauto crea una magica atmosfera. La voce di Erika sottolinea e rinforza il confronto tra le sei corde di Frank e Andrea, fino all’ assolo leggero, non invasivo, che ben si sposa con le atmosfere fin lì create. Dal minuto 2 e 50” al minuto 3 e 08” poi la vera chicca. Tutto pare fermarsi e batteria e voce (quella di Simona Aileen Pala, protagonista anche alle backing vocals e complessivamente di ben 5 canzoni su 11) assurgono a protagoniste con un inciso in italiano che sa di Lacuna Coil di qualche anno fa (Comalies, Die & Rise), il ritmo prosegue poi incalzante fino alla fine dove ad impreziosire ulteriormente il tutto arriva anche Masha “Mysmane” Bonetti (Exilia). Un brano degno dei migliori Nightwish, Elvenking e compagnia cantante. Arriva poi la title-track a riempire i solchi di quella magica atmosfera che Tolkien ci ha fatto immaginare e respirare leggendo “Lord of the rings”. Foreste e mistiche creature popolano la nostra mente durante l’ascolto di “The legendary sheperds of the forest” brano prog oriented ricchissimo di suoni orchestrati e arrangiamenti fatati. “Princess Aries” ripropone una epica cavalcata e con il suo incedere continuo e senza tentennamenti, ci trascina all’interno di una mandria al galoppo. Appare la terza ospite, Lisy Stefanoni, forse si poteva interpretare con uno spirito più power-metal vista la struttura del pezzo, anche in questa prova le due voci danno sfoggio di grande qualità ed intesa ed il risultato è più che buono, manca soloun pizzico di potenza in più ad enfatizzare il tutto ma il pezzo anche così suona niente affatto male! I primi 5 pezzi sono andati e quello che poteva essere un punto di domanda inquietante, ovvero come far convivere 5 voci su un solo disco si sta risolvendo per il meglio. Ognuna delle canzoni ha una storia a sé e questo lascia basiti ad un primo ascolto ma i brani pur non avendo collegamenti diretti reggono l’impatto, non danno la sensazione di essere buttati li a riempire il disco. Hanno struttura e forza per brillare di luce propria. Inizia il brano successivo ed a fare da incipit ritroviamo il flauto di Chiara, a dare quel tocco in più. Nonostante il suono dolce dello strumento a fiato, in “Ludwig”si ha la sensazione di essere un po’ verso una deriva molto più folk che metal, anche se di stampo sinfonico. Non che sia un sacrilegio, ma, sinceramente dopo aver visto la band live, senza molti degli orpelli con i quali rivestono le canzoni in studio immaginavo qualcosa di diverso. Un suono un po’ più “nudo e crudo”, diciamo così…” ribadisco che gli arrangiamenti e le parti orchestrate sono di buona fattura, ma forse nel complesso un po’ ridondanti, facendo perdere un po’ di quell’anima prettamente metal che ci si aspetta da una band che seppure declinandolo in sinfonico come tale si presenta. “At the mountains of madness” ad esempio è potenzialmente un ottimo pezzo, ma ritengo che un rinforzo maggiore sul chorus avrebbe dato una sensazione di forza e sostanza più marcata. Le due voci funzionano ma non riescono a riempire gli spazi che gli appartengono in maniera marcata. A due terzi dell’album si ha la sensazione che si sarebbe potuto fare molto di più in chiave metal. L’ottava traccia, “The gathering” rimane nello stesso solco delle precedenti, buona base ritmica, chitarre ben presenti ma non incisive e le due front-woman ( qui presente nuovamente Simona Pala), che rivelano delle potenzialità non indifferenti ma, forse, non completamente espresse. L’assolo finale non dà l’immagine che dovrebbe, si limita ad uscire leggermente dal tappeto ritmico tracciato ancora in modo eccellente da basso e batteria. Ci si riprende (alla grande) con “Inferno” dove troviamo degli arrangiamenti meno sofisticati e quella grinta e cattiveria metal oriented che mi riconduce a picchi di soddisfazione nell’ascolto molto elevati. Ognuno esegue la sua parte in modo impeccabile ed il sound ci guadagna enormemente. Brano che per come lo immagino eseguito live darà parecchie soddisfazioni a chi lo suona come a chi lo ascolterà. “Ophelia” è un pezzo dove ad esaltarsi sono le voci di Lisy ed Erika, un pezzo dove le chitarre pesano il giusto, basso e batteria fanno il loro sporco lavoro. Un pezzo in crescendo, senza esitazioni, dove le due vocalist si danno man forte rinforzandosi l’un l’altra inseguendo una vocalità univoca, alla ricerca del massimo obiettivo possibile. Il disco si conclude con “The lake”, altro brano giocato su ritmi più serrati ed arrangiamenti più scarni. E si arriva al succo del brano, qui ad esempio l’assolo di chitarra ha una sua fisionomia e forza, le voci sono contestualizzate, la batteria riprende a battere forte e il basso martella. In definitiva credo sia un lavoro di buon livello, suscettibile di migliorie, ma con una connotazione più folk che metal. O forse un album dove non si sia voluto osare più di tanto, rimanendo un po’ a metà del guado, sicuramente interessante con picchi molto alti in alcuni brani ma anche con un paio di incisioni che personalmente non avrei prodotto così come presentati.
Se dovessi dare un voto direi che nel complesso si tratta di un buon lavoro adatto ad un pubblico più orientato verso un folk-metal che altro. Certo, “Danse macabre” potrà far innamorare molti ascoltatori…

Video:

The Legendary Sheperds Of The Forest:

Danse Macabre:

The Legendary Sheperds Of The Mountain.
Anno: 2018
Etichetta: Heavy Metal Records
Agenzia: Bagana Rock Agency

Line -up:
Massimo Pianta – TheMaxx – Drums
Erika Ferraris – Aeon – Dragon Vocals
Claudia Beltrame – DeepBlue – Unicorn Vocals
Andrea Faccini – Andrew Moon – Guitar
Frank Campese – Guitar
Piero Chiefa – Blackbass – Bass
Chiara Brusa – Kima – Flute

Tracklist:
1. The Source
2. Tarots
3. Danse Macabre
4. The Legendary Shepherds Of The Forest
5. Princess Aries
6. Ludwig
7. At The Mountains Of Madness
8. The Gathering
9. Inferno
10. Ophelia
11. The Lake

http://www.baganarock.com/
http://www.revolverrecords.com/

About the author

Gigi Fratus

Nato a Seriate (Bg) nel 1969, due grandi Amori, mio figlio Mattia e la mia Morgana, un’Aprilia RSV del 2003.

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