Che la musica pop italiana ed europea in genere sia in larga parte influenzata dalle più varie derivazioni della musica americana ed inglese (tradizionali e/o di più o meno recente introduzione) è un dato di fatto non contestabile. La circostanza risulta dimostrata inequivocabilmente e una volta di più dall’uscita dell’album omonimo di Hide Vincent, pseudonimo dietro cui si nasconde il vero nome del giovanissimo compositore Mario Perna, attivo da non molti anni ma già con una dote di ascolti internet non indifferente che può essere attribuita al gradimento avuto dal suo disco promozionale Imperfection.
Hide Vincent è, nei fatti, il primo vero lavoro discografico del cantautore campano. Atmosfere folkie, intime, musicalmente scarne, basate principalmente sulle sonorità di una chitarra acustica e qua e la arricchite, oltre che dagli strumenti della sezione ritmica suonati da Francesco Tedesco (basso) e Riccardo Iannaccone (batteria), dal violoncello di Sharon Viola. Praticamente un disco acustico che si inserisce all’interno di un percorso stilistico che da un lato guarda ancora alla tradizione mentre cerca di introdurre dall’altro elementi di innovazione che incidano sulla originalità della proposta di ogni singolo autore.
Tale percorso, peraltro, è stato negli ultimi anni intrapreso da un cospicuo numero di gruppi o di autori (non solo anglosassoni ma anche italiani) che non sempre riescono a guadagnare la ribalta. Chiaro indizio, questo, di quanto difficile sia, all’interno della miriade di uscite discografiche disponibili, trovare qualcosa di veramente originale che meriti un ascolto approfondito. Il CD di Hide Vincent, pur non essendo particolarmente originale, appare meritevole di ascolto.
Ci hanno convinto definitivamente in questo senso alcune delle buone canzoni che vi sono contenute, canzoni cariche di fascino come Delicate, A time before the end, Yellow lights and blue seas. Ascoltare per credere.
Hide Vincent – Hide Vincent
Ascoltare per credere