Interviste

Francesca Palamidessi

Palamidessi: «La Musica e l’Arte costruiscano ponti laddove si ergono muri…»

Residente a Roma, ma cittadina del mondo, la musicista e cantante Francesca Palamidessi (1991), reduce dalla pubblicazione del suo ultimo EP Wisteria (Glicine), uscito lo scorso 11 marzo, si racconta in una lunga intervista a cuore aperto, che rivela un’anima sensibile e autenticamente attenta alle molteplici sfaccettature del reale, nonché alla cultura della differenza e alla sua continua valorizzazione.

Francesca, presentati brevemente ai lettori di SOund 36…
Salve a tutti! Mi chiamo Francesca Palamidessi e faccio musica, cimentandomi in generi diversi, che si snodano dal jazz all’elettronica, da tantissimi anni. Mi definisco polistrumentista (Palamidessi si è formata studiando pianoforte classico e violino N.d.R.) sebbene il mio strumento d’elezione sia la voce. Tra le mie competenze ed esperienze musicali annovero quella della composizione e dell’autoproduzione dei miei lavori: una autentica “dichiarazione d’indipendenza” alla quale tengo particolarmente!

Quali artisti, autori o interpreti, hanno contribuito maggiormente alla tua formazione musicale?
La mia formazione ha risentito moltissimo dell’influenza internazionale, più che di quella italiana, dato che all’età di diciannove anni mi sono trasferita in Belgio: a quell’epoca, la scena musicale belga era dominata da una eterogeneità che mi ha consentito di spaziare dal jazz, dunque dall’Arte dell’improvvisazione per eccellenza, alla musica classica, da Bach a Chopin, passando per Čajkovskij. Una consistente fetta dei miei ascoltatori sostiene che questi echi classici e internazionali siano perfettamente rintracciabili nella mia musica e ne vado molto fiera!

Sempre a proposito della tua carriera, quale tra le tue esperienze e/o collaborazioni musicali precedenti ricordi con più soddisfazione?
Sicuramente quella con Calcutta (pseudonimo di Edoardo D’Erme, cantautore emergente tra i più interessanti del panorama italiano n.d.R), con il quale collaboro dal 2018. L’esperienza con la sua band mi ha permesso, non solo di accostarmi al pop, una realtà musicale inizialmente piuttosto “lontana dalle mie corde”, ma anche – e soprattutto! – di capire quanta cura e dedizione presupponga, in ogni sua fase, il confezionamento di un prodotto musicale e commerciale solo in apparenza destinato ad un pubblico “popolare”. Ne ho sicuramente fatto tesoro.

Il tuo ultimo lavoro si intitola Wisteria (Glicine) ed esplora, tra le altre, le dimensioni della spiritualità e del femminile polimorfo: quali parole useresti per invogliare il pubblico al primo ascolto?
Mi piacerebbe che, ascoltando l’EP, il pubblico prendesse parte ad una esperienza estetica immersiva, dunque non soltanto musicale, ma narrativa in senso lato: non per nulla, una delle suggestioni extramusicali che ha maggiormente inciso sulla composizione di questo lavoro è stata la lettura de La Campana di Vetro di Sylvia Plath, che pone l’accento sulla capacità dell’Arte di raccontare l’ineffabile. Se vogliamo, il mio lavoro consta di un’unica traccia sonora, scomposta in tanti piccoli ‘quadri’, ciascuno dei quali racconta un particolare aspetto della realtà che mi circonda. Ho realizzato anche un videoclip che amplia e arricchisce di ulteriori significati la trama narrativa e musicale dell’EP.

Molti dei tuoi testi, oltre che in italiano, sono incisi in lingua straniera, prevalentemente in inglese e in francese. Permettimi, a questo punto, una domanda un po’ provocatoria: si tratta di una strategia commerciale o di una semplice esigenza di comunicazione?
Sicuramente la seconda, anche se devo confessare che questa mia scelta è stata spesso oggetto di critica e di fraintendimento, proprio in un’ottica di eventuale commercializzazione del prodotto; in realtà per me, che sono andata via dall’Italia giovanissima per farvi ritorno dopo diversi anni, cantare in inglese o in francese, ma anche dare spazio, nei miei lavori, a una pluralità di voci e di lingue differenti, è soprattutto una naturale esigenza di comunicazione, nonché una rivendicazione di libertà espressiva, alla quale, finché posso, non ho intenzione di rinunciare…    

A tuo parere, quanto è importante la narrazione del Femminile oggi, e in che misura la Musica e l’Arte possono – o devono – contribuirvi?
In primo luogo, mi conforta molto constatare che, a differenza di quanto avveniva nel passato, la scena artistica e musicale stia concedendo sempre maggiore spazio alle Donne: trovo che la visibilità e l’autonarrazione del Femminile oggi siano fondamentali per contrastare il colpevole silenzio che per troppo tempo l’ha circondato; tuttavia, sarebbe ancora più bello se l’Arte e la Musica, anziché esacerbare la guerra tra i sessi, come spesso accade, contribuissero a raccontarne la differenza senza aggressività, ma con poesia e dolcezza, costruendo ponti laddove si è soliti ergere muri…

In ultimo, una domanda personale: se tu avessi una figlia, quale insegnamento ti piacerebbe trasmetterle per aiutarla a destreggiarsi nel mondo di oggi?
Io, sin da ragazzina, ho avuto pochi punti di riferimento femminili, ad eccezione di mia madre. Per qualche ragione, mi è sempre sembrato più facile avere a che fare con gli uomini, che non con le donne. Ma, crescendo, ho riscoperto con gioia e con piacere alcuni irrinunciabili aspetti della femminilità, primi tra questi la grazia, l’equilibrio e la gentilezza. Se avessi una figlia, mi piacerebbe che non avesse timore di raccontarsi, anche di fronte ad un mondo potenzialmente ostile, imparando, come dovremmo fare tutte e tutti, il sottile equilibrio tra l’essere morbidi e l’essere elastici…

About the author

Maria Concetta Trovato

Maria Concetta Trovato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filologia Moderna presso il DISUM (Dipartimento di Scienze Umanistiche) dell’Università di Catania nel 2016, con una edizione critica dei Dialoghi con Leucò di Pavese, attualmente in corso di pubblicazione per Sinestesie.
Due volte insignita del Premio Pavese per la saggistica inedita, dal 2015 è socia della MOD (Società italiana per lo studio della modernità letteraria) per la quale ha curato diversi contributi critici, editi da ETS. Nel 2021 ha partecipato all’edizione Mondadori dell’Opera Poetica di Pavese, occupandosi specificamente della sezione relativa alle prove di traduzione dello scrittore dalla poesia inglese e americana.
Ha recentemente contribuito al volume Cesare Pavese Mythographer, Translator, Modernist. A Collection of Studies 70 Years after His Death per la casa editrice Vernon Press di New York.
Attualmente è Docente di Ruolo di Discipline Letterarie e Storia, nonché Referente del Corso Serale, presso l’Istituto Alberghiero “Principi Grimaldi “di Modica (Ragusa)

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