Probabilmente questo periodo storico della Musica Rock non sarà ricordato per grandi nomi o per correnti rivoluzionarie, ma per la sua affascinate anarchia. I grandi nomi mancano o, se preferite, sono sempre quelli e, qualche volta, suscitano anche un pizzico di tenerezza. Le grandi major sono impegnate a spennare polli in cerca di celebrità, creando miti per mezze stagioni ma… l’underground nazionale e internazionale, privo di punti di riferimento certi e forte di una solida tradizione, evolve e sperimenta. Le piccole etichette pullulano di gruppi interessanti e si sono ritagliate una fetta, probabilmente la più intrigante, del mercato discografico. La prova provata per tutti quelli che amano il post-hardcore potrebbe essere l’ascolto dei Filth In My Garage.
Songs From The Lowest Floor, album d’esordio del quintetto bergamasco, si caratterizza per la bellezza dei testi che tradiscono disperazione e rabbia, ora cantate ora urlate; per la bravura dei musicisti che disegnano attorno al canto paesaggi sinistri, dimostrando di saper andare oltre il genere che contaminano facendo confluire elementi noise e metal.
Quarantaquattro minuti infuocati nei Black and Blue brilla di una luce propria. Il testo decadente rievoca atavici dissidi interiori sulla natura dell’animo umano. Azzeccata l’alternanza tra canto e voce in growl che rende al meglio il mood del testo attorno al quale gli strumenti costruiscono le atmosfere.
L’edizione in vinile, disponibile sul sito della Epidemic Records, è arricchita da un elegante book nel quale ogni testo ha un disegno che lo accompagna. L’edizione in cd digipack è, invece, disponibile sul sito della Argonauta Records.
Filth In My Garage – Songs From The Lowest Floor
si caratterizza per la bellezza dei testi che tradiscono disperazione e rabbia, ora cantate ora urlate