Lavorare tanto con la musica di altri mi ha riempito della necessità di esprimere qualcosa che fosse davvero mio
Dopo anni di collaborazioni, soprattutto a livello internazionale, Filippo ha dato vita ad un nuovo percorso solista che lo ha portato ad esplorare le profondità della sua anima e a riflettere sulla bellezza e sulla complessità della natura umana.
Registrato e prodotto da Filippo Dallinferno al Villa Peste Studio di Como, ‘AQUARIUS‘ è un viaggio verso l’ignoto, tra sfumature blues-rock e chitarre che riportano agli anni Settanta. Nel disco, si trova anche la collaborazione del grande armonicista Charlie Musselwhite: “sono sempre stato un amante sfegatato del blues. Ho cominciato a suonare ascoltando Freddie King, Son House ed Albert Collins. Tra i miei idoli assoluti, Charlie Musselwhite ha sempre avuto un posto speciale ed avere la sua armonica nel brano ‘Sotto i Fari del Bennet’ è un sogno che si realizza. Comunicare con lui e Gary Vincent, costruendo un ponte tra Torino (dove vivo) e Clarksdale, nel Mississippi, è stata un’emozione incredibile” commenta Filippo Dallinferno.
“Siamo ufficialmente entrati nell’era dell’Aquario. Si dice che questo cambiamento nella rotazione terrestre sul proprio asse e la congiunzione di Giove e Saturno caratterizzerà un grosso cambiamento nel genere umano e nel suo rapporto con la Terra” spiega il cantautore. ‘AQUARIUS‘ è un concept album incentrato sulla ricerca del cambiamento, il viaggio tra un punto A e un punto B che porta con sé una metamorfosi personale, una nuova crescita e la fine di una vecchia vita a favore di qualcosa di nuovo ed ancora ignoto. In termini musicali, il disco è un tributo alla chitarra elettrica, un lavoro sospeso nel tempo e nello spazio e che prova a sfuggire agli schemi e alle soluzioni moderne. I brani di ‘AQUARIUS’ evocano, con grazia e mistero, un’atmosfera intrisa di echi ed immaginario anni Settanta, oscillando tra la durezza della vita terrena e l’esigenza di elevarsi, di cercare un contatto con l’universo e con il nostro spirito.
Cosa significa per te essere un musicista e cosa vuoi che arrivi all’ascoltatore della tua musica?
Essere un musicista, e un artista in generale, significa esprimere emozioni e riflessioni, rappresentare se stessi e gli altri e accendere nell’ascoltatore immagini e sensazioni. Con AQUARIUS il mio obbiettivo è stato quello della libertà espressiva assoluta, sganciata il più possibile dalle forme convenzionali, sia nella musica che nei testi. La libertà è tutto ciò che abbiamo e spesso non la vediamo, non ne godiamo. Spero che questo lavoro possa accendere una luce, almeno una, su questo sentiero.
È da poco uscito il tuo nuovo disco. Puoi raccontarci la sua genesi?
È nato da un periodo di auto isolamento passato sul lago di Como, arrivavo da un periodo di lavoro intenso come chitarrista.
Lavorare tanto con la musica di altri mi ha riempito della necessità di esprimere qualcosa che fosse davvero mio e che portasse la mia identità sia chitarristica che autoriale a un livello di intensità superiore.
Quali sono state nel corso degli anni le tue principali influenze musicali?
Sono un amante del blues inglese e dei cantautori italiani, ovviamente la chitarra è il mezzo che mi accompagna e che influenza anche i miei ascolti ma trovo qualcosa di interessante anche nelle cose più lontane dalla mia identità. L’utilizzo della lingua italiana rimane l’elemento più affascinante per me.
In quali situazioni nascono solitamente i tuoi pezzi?
In generale sono il frutto di un momento introspettivo, o più semplicemente frutto di momenti di solitudine passati in mezzo agli strumenti. A volte è un espediente letterario a far partire il processo, a volte invece un ambientazione sonora o addirittura un suono particolare. Non ho una regola fissa, la condizione mentale è quello che conta, è come se allungassi le antenne per ricevere dei messaggi dall’esterno.