Si chiama Post-Burger (Edizioni La Gru) il primo romanzo di Fabio Pigato, autore che si avvicina da giovane alla musica, alla pittura e alla fotografia e questo libro nasce proprio dall’amore viscerale che Fabio nutre nei confronti della musica.
Sono circa un centinaio di pagine che compongno questo romanzo: intenso, vibrante, che appassiona. La voce narrante in prima persona, quella di un giovane adolescente alle prese con un lungo percorso di crescita e maturazione, è pregno di conoscenza musicale degli anni ’80 e ’90.
I movimenti musicali di quegli anni erano un corollario di abitudini autolesonistiche e rappresentavano il valido rifugio di una strana fuga da una società che si accingeva a condannare l’individuo a forme inedite e spaventose di solitudine. La musica dà voce al protagonista dal nome quasi anonimo, un giovane ragazzo dall’animo turbato, che ha vissuto durante l’infanzia un grave trauma che lo ha visto costretto all’isolamento e ad un lungo percorso riabilitativo.
Suoni e accordi, talvota stonati e talvolta confortanti, diventano l’occasione per sentirsi parte di qualcosa, per rispecchiarsi e immergere la sonda negli abissi di sé stessi. Comincia così a codificare il caos non con equazioni e algoritmi, ma attraverso il rumore e il feedback perché la malattia lo aveva reso introverso e non riusciva a comunicare i suoi sentimenti attraverso le parole. La musica non è da considersi semplicemente come sottofondo.
Le note, disposte in una detrminata sequenza, ti travolgono invetitabilmente, iluminando la strada che può portarti fuori dal caos.
E’ un’esperienza da vivere a trecentosessanta gradi, una melodia da inglobare dentro di sé attraverso ogni atomo. E’ proprio il protagonista a rimarcare questo concetto, la musica è la sua voce, diventa la sua vocazione, l’espressione della sua anima è l’appiglio che lo conduce verso la maturità. Una maturità lentamente acquisita, tra la politica degli anni ’90, i grandi avvenimenti, le grandi tragedie, i grandi talenti.
Post-Burger è un libro scritto bene, che ti catapulta negli anni ‘90 e ti fa sentire ancora vivo sulla pelle quel Seattle sound che ha inevitabilmente travolto la generazione di quegli anni.