Il cantautore e polistrumentista Emanuele Nidi ci consegna con Silver Surfer (Autoprodotto, 2021) un album volutamente minimale, che trascende la dimensione prettamente terrigna attraverso un volo pacifista- ma a suo modo sovversivo- negli spazi siderali, mutuando dall’alieno Norrin Radd della Marvel la tensione verso la libertà e uno spleen che esita in spazi anacoretici di ideazione poetica.
Nidi trova nel citazionismo dichiarato la sua cifra espressiva più tipica, senza abdicare all’originalità ma identificando nel riutilizzo spregiudicato e spesso decontestualizzante delle fonti più disparate- dal cinema alla letteratura passando per il fumetto- il primum movens di un atto creativo che sembra resistere sottotraccia e avere un preciso peso specifico, pur nella polisemia del suo canzoniere.
Echi boniveriani, anche nel palesato ascetismo della gestazione dell’album, sembrano percorrere un lavoro volutamente senza clamori, nel quale la narrazione testuale procede sommessa, per accenni, puntellata da interrogativi umani che si fanno urgenti e necessari (Puoi sentirmi?/Puoi ferirmi?/ Cosa devo fare perché tu mi veda/ Cosa devo fare perché tu mi creda/).
Il missaggio all’americana esalta la felice consonanza di timbrica- al tempo stesso pastosa e volatile-e melodia; particolarmente riuscito il blues La trasformazione dell’aragosta, nel quale riff e fraseggi di chitarra disegnano architetture sonore dilatate, dall’andamento ricorsivo e onirico.
Emanuele Nidi- Silver Surfer
Echi boniveriani, anche nel palesato ascetismo della gestazione dell’album, sembrano percorrere un lavoro volutamente senza clamori