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Detroit: Become Human, non videogioco ma opera e strumento

Scritto da Giorgia Zironi

Detroit: Become Human è uno strumento di rivoluzione ed educazione sociale oltre che una vera e propria opera d’arte

Molti videogiochi nell’industria videoludica sono passatempi, divertimenti e servizi; non è il caso di Detroit: Become Human. Il titolo è una vera e propria opera d’arte, un’avventura grafica sviluppata da Quantic Dream e pubblicata da Sony, che impone ancora una volta il videogioco come medium versatile e potente.
Detroit: Become Human è ambientato a Detroit nel 2038 e parla dell’innovazione della nostra civiltà ormai abituata alla presenza e all’uso di androidi estremamente realistici. La storia segue in particolare le vite di 3 androidi: Connor, Kara e Markus. Giocando nei panni dei protagonisti, oltre a conoscere le loro storie a volte strazianti, al giocatore viene data la possibilità di fare scelte che spingeranno gli androidi a rimanere macchine o a sviluppare emozioni umane, portandoli ad essere delle vere e proprie persone ed il giocatore ad empatizzare con essi. Questo livello di coinvolgimento, raggiungibile solo tramite le opere interattive, è fondamentale per un titolo del genere: grazie alla possibilità di impersonificare gli androidi e fare scelte per loro, il giocatore non può fare altro che immedesimarsi e capire a pieno cosa si prova ad essere discriminati, a vivere in una società basata sulla schiavitù e sfruttamento della tua gente e ad essere visti come non umani dalle altre persone. 
L’opera mette subito in chiaro il suo intento di educare il giocatore, facendo dire a Chloe, androide presente sia nella storia sia come elemento della User Interface nel menu principale, “Ma ricorda, questa non è solo una storia, è il nostro futuro.”. Quando ho avviato il gioco e ho sentito questa frase, ho subito avuto la pelle d’oca e, dopo averlo finito, ho pienamente capito il senso e l’importanza di questa frase iniziale. Detroit: Become Human non è mai stato pensato come gioco, ma come strumento per portare le persone a realizzare i difetti della nostra società ed il bisogno di empatia per gli altri. 
Per questi motivi, ritengo che Detroit: Become Human sia uno strumento di rivoluzione ed educazione sociale oltre che una vera e propria opera d’arte, e non ho parlato della sua grafica sconvolgente, del design delle scelte curato nei minimi dettagli e della musica sbalorditiva. Come giocatrice e amante della narrazione, ho adorato immedesimarmi negli androidi e vivere con loro la storia di questo titolo e, anche se a volte difficili, mi è piaciuto trovarmi a fare scelte morali perché è proprio questo senso di responsabilità che mi ha portato a ragionare sulla nostra società e su come voglio che diventi in futuro. Credo che in un mondo sempre più diviso da schermi, discriminazioni e ingiustizie, l’empatia sia una delle uniche armi che ci sono rimaste per migliorare il nostro comportamento e la nostra società e che talvolta, per insegnare questa competenza emotiva, bisogna sottoporre le persone alle stesse ingiustizie che ignorano o che considerano normali.

About the author

Giorgia Zironi

La vita è fatta di esperienze. Sono una persona curiosa che prova sempre a dire di sì a nuove opportunità, nuovi viaggi, nuove amicizie e in un mondo dove il tempo e le risorse per farlo non bastano mai, apprezzo enormemente l’impatto che una narrazione interattiva può avere sulle persone. Il mio sogno è quello di creare personaggi in cui ci si possa immedesimare e storie che vogliono essere scoperte per far vivere alle persone, anche se solo in parte, nuove esperienze

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