Protagonista di un tour acustico che lo sta portando in giro per l’Europa, Dennis Jagard, cantante e fondatore della storica punk band Ten Foot Pole, è stato ospite il 28 ottobre con il suo show al Drunk In Public di Morrovalle (MC), locale marchigiano con un occhio di riguardo ad eventi di questo tipo. Noi di SOund36 ne abbiamo approfittato per porgli qualche domanda, inerenti soprattutto al passato e al futuro della sua band.
Il tour è appena iniziato, ma cosa puoi dirci a proposito di queste prime date?
Sono andate molto bene. E’ la seconda volta che capito in Europa con il mio tour in acustico e la gente mi ha sempre accolto in maniera fantastica, partecipando e cantando attivamente. Vedere il pubblico sorridere anche se magari non conosce perfettamente i brani mi riempie ugualmente di orgoglio.
Com’è cambiata la scena punk dai tuoi esordi ad oggi?
Quando mi sono avvicinato alla scena avevo appena dodici anni e vedevo questi omoni spaventosi come i Black Flag suonare in giro e riscuotere successo. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80 giravano molte band come quella di Henry Rollins, ma il decennio seguente è entrato in gioco lo skate punk, il cui credo principale era il divertirsi insieme e rilassarsi. C’è stato un bisogno meno impellente di cantanti arrabbiati. Oggi quando vado in giro a suonare con il mio gruppo vedo una nuova generazione di ragazzi meno soggetta ad omologazioni.
C’è qualche band che segui particolarmente?
Sono rimasto un nostalgico affezionato ai gruppi di una volta come Lagwagon, No Use For A Name o No Fun At All, che è anche il mio gruppo preferito ed occupa un posto speciale nel mio cuore. Con questo non voglio dire che la musica di allora è meglio di quella di oggi, ma nel corso del tempo sono rimasto ancorato a quegli anni meravigliosi. Però c’è una band giapponese chiamata Man With A Mission, famosa perché tutti i membri indossano delle maschere da lupo, che mi ha voluto come tecnico del suono per il loro tour europeo e devo dire che il loro stile particolare mi ha decisamente sorpreso. Vi consiglio di ascoltarli.
Alla luce dei trent’anni di carriera con i Ten Foot Pole, qual è l’album a cui ti senti più legato?
Mi sento molto legato a Winning, il nostro ultimo disco, forse perché ho svolto anche il ruolo di produttore oltre che di principale songwriter. Normalmente abbiamo sempre pagato chi ci produceva come ad esempio Ryan Greene, che ci correggeva e ci diceva dove stavamo sbagliando o dove potevamo migliorare. In Winning è stato divertente non avere nessuno che poteva dirci che stavamo facendo schifo (risate, ndr). Abbiamo evitato ogni sorta di conflitto nel corso della registrazione, perchè ero inevitabilmente io ad avere l’ultima parola.
Avete progetti in atto con i Ten Foot Pole?
Sto lavorando a delle nuovi canzoni, penso che avranno prima uno svolgimento acustico e poi elettrico. Anche stasera suonerò un paio di nuovi pezzi e penso che se funzionano sotto l’aspetto acustico li sottoporrò al resto dei Ten Foot Pole. Voglio avere la libertà di sperimentare prima di trarre eventuali conclusioni.

