La soffitta

DE ANDRÉ POETA, CANTANTE, MUSICISTA E…

Definire Fabrizio De André un cantautore ci sembra decisamente riduttivo. De André è stato molto di più, e soprattutto, forse senza neanche averci pensato, è stato un educatore. Una canzone è composta, come ormai ben sappiamo, di versi e musica; i versi si uniscono tra loro a formare un testo, con un suo significato talvolta semplice, talvolta più complesso. E’ abbastanza raro che il testo suggerisca all’ascoltatore qualcosa di più profondo di una piacevole sensazione per l’udito, anche se spesso può evocare sentimenti ed emozioni. Nel caso delle composizioni di De André, si verifica un fenomeno non frequente, che pochi altri cantanti riescono a suscitare: siamo portati a riflettere, a porci delle domande, a dirci “ma, guarda, non avevo mai considerato la cosa da questo punto di vista!” In altre occasioni, abbiamo già parlato di cantautori i cui testi avevano un significato non banale; Fabrizio De André può essere considerato un capostipite di questo genere, una di quelle persone le cui composizioni durano molto più a lungo della sua stessa vita, e addirittura diventano leggenda negli anni successivi alla sua scomparsa.
In un’altra sezione di questa rivista troviamo un’ interessante intervista del direttore di Sound36 Annalisa Nicastro ad una giovane ma molto agguerrita scrittrice, Elena Valdini. La scrittrice ha pubblicato un libro intitolato Tourbook nel quale ha raccolto la storia di tutti i tours di Fabrizio De André, pur non avendolo mai visto o ascoltato di persona, per il semplice motivo che il cantante è scomparso nel 1999, quando la scrittrice aveva appena 18 anni. Tuttavia, in questa intervista si scoprono particolari interessanti della personalità di Fabrizio, in particolare il suo grande rispetto per il pubblico, che lo portava a controllare con grande cura tutte le apparecchiature di riproduzione, perché l’ascolto fosse chiaro e di buona qualità. Non sappiamo come si comportano in proposito gli altri cantanti o gruppi, ma questo atteggiamento fa parte indubbiamente dei buoni principi dell’educatore, che vuole che il suo messaggio venga ascoltato chiaramente per poter essere recepito.
Fabrizio nacque a Genova a febbraio del 1940, da una famiglia benestante borghese: questo dettaglio ha la sua importanza per un importante episodio accaduto anni dopo, come vedremo.
Iniziò le scuole in un istituto di suore, poi, dopo un breve interludio in una scuola statale, passò alla severa scuola media dei Gesuiti dell’Arecco, a causa del suo comportamento poco allineato con gli schemi convenzionali. Ed in questa scuola si verificò il primo grave episodio della sua vita, perché fu oggetto di molestie sessuali da parte di un sacerdote: Fabrizio reagì con foga ed impeto, senza timore, ed il risultato fu che, anziché cacciare dalla scuola il sacerdote molestatore, la direzione pensò bene di allontanare lui! Ma l’accaduto venne ovviamente a conoscenza di Giuseppe De André, padre di Fabrizio e personaggio di rilievo a Genova, ed anche il sacerdote molestatore venne in seguito allontanato.
Arriviamo all’età adolescenziale, quella delle grandi scelte, ed anche in questo caso troviamo Fabrizio alle prese con le sue scelte di vita: lettere, medicina, giurisprudenza? Ma no: la musica!
I genitori tentarono di persuaderlo a studiare il violino, strumento impegnativo e di alto valore intellettuale, ma era inevitabile che un uomo con la personalità di Fabrizio avrebbe finito con il prendere la strada che lui stesso aveva scelto: aveva conosciuto alcuni amici dediti alla musica leggera, come Luigi Tenco, Umberto Bindi, Gino Paoli, e si appassionò tanto alla musica leggera che cominciò a cantare con loro in un locale chiamato “La borsa di Arlecchino”
Durante questi anni giovanili, la sua vita prese una piega decisamente sregolata e contraria alle abitudini della sua famiglia, che in più occasioni aveva tentato di influenzare il suo modo di vivere: era intimo amico fin dall’infanzia dell’attore Paolo Villaggio, anche lui genovese, e si divertiva insieme a lui a sopravvivere con piccoli lavori saltuari.
E’ del 1968 la canzone che lo ha reso famoso, La canzone di Marinella, la delicata e triste storia dell’omicidio di una giovanissima prostituta. I versi sono pieni di poesia e di rispetto per quella giovane vita stroncata, e l’amore si fa sentire attraverso la perseveranza dell’uomo che l’ha amata, che continua per anni a cercarla ed a bussare alla sua porta, rifiutando di accettare una morte così prematura e priva di senso.
Dopo il 1968, cominciano a fiorire canzoni sui temi sociali più disparati; riprendendo in parte quello che aveva realizzato Giorgio Gaber con il signor G, crea La Storia Di Un Impiegato. Si tratta di un impiegato che decide di ribellarsi al sistema che lo opprime, ma rimane individualista, ed egoisticamente non mette in comune la sua ribellione con quella dei suoi colleghi. L’opera venne duramente criticata dai sindacati, e lo stesso De André, dopo averlo pubblicato, esprime in questo modo il suo malcontento:
«Quando è uscito Storia Di Un Impiegato avrei voluto bruciarlo. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile. L’idea del disco era affascinante. Dare del Sessantotto una lettura poetica, e invece è venuto fuori un disco politico. E ho fatto l’unica cosa che non avrei mai voluto fare: spiegare alla gente come comportarsi. »
E veniamo alla serie di canzoni ispirate a personaggi di questo mondo: ne compaiono tantissimi, e possiamo farne un elenco limitato. Drogati, suicidi, impiccati, condannati a morte, prostitute, soldati, zingari, indiani d’America; ma anche professionisti, come un giudice, un chimico, un ottico, un medico. Per ognuno di essi, De André ha una storia da raccontare, perfettamente intonata alla particolarità della persona, rivelando una cultura ed un acume notevoli e talvolta sorprendenti. Così, si scopre che il giudice ha voluto diventare tale perché era un uomo di piccola statura, canzonato dagli altri, ed ha voluto assumersi il potere di condannare i colpevoli, di costringere il pubblico ad alzarsi in piedi al suo ingresso, di sentirsi chiamare “Vostro onore”. Il medico è diventato tale per vocazione, perché è felice di aiutare il suo prossimo; così, i suoi colleghi gli inviano centinaia di pazienti, tutti squattrinati, mettendolo nelle condizioni di diventare anche lui come i suoi clienti. Ed il medico è costretto, per sopravvivere, a diventare anche lui un truffatore, rinnegando i principi che lo avevano portato alla scelta della sua professione.
Verso la fine degli anni 70, per la precisione ad agosto del 1979, accade un altro episodio rilevante nella vita di De André; stabilitosi in Sardegna con la sua compagna Dori Ghezzi, diventata molti anni dopo sua moglie, viene rapito insieme a lei dall'”Anonima sequestri” sarda, nelle cui mani i due rimarranno per ben quattro mesi. E’ inconsueto che i sequestratori rapiscano un artista, perché di solito preferiscono gli impresari o i ricchi proprietari terrieri. Ma questo si spiega con le origini familiari di De André, di cui abbiamo parlato più sopra. Infatti, il riscatto, a quanto si sa, viene pagato in gran parte dal padre di Fabrizio.
I due artisti vennero liberati pochi giorni prima di Natale 1979: significativo il commento che Fabrizio rilasciò alla stampa riguardo ai suoi carcerieri («Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai»).
L’esperienza gli ispirò diverse canzoni, raccolte in un album senza titolo pubblicato nel 1981, nel quale tra l’altro si crea un parallelo tra il popolo sardo e quello degli indiani d’America, tutti e due oppressi dai loro colonizzatori. Fabrizio perdonò i suoi carcerieri, considerandoli proletari costretti a vivere in quel modo ed impossibilitati a fare scelte diverse; ma non fece lo stesso con i mandanti, persone economicamente agiate.
Nel 1984, viene pubblicato un album tutto cantato in “lingua” genovese, Creuza De Mà, che in italiano può essere tradotto con “Viottolo di mare”. De André ha compreso l’importanza dei dialetti italiani, che spesso sono una vera e propria lingua con sporadici contatti con l’italiano corrente, e in un’altra occasione si cimenta addirittura con il napoletano (Don Raffaé)!
Anche Fabrizio De André ha avuto una vita relativamente breve, come è accaduto a tanti altri artisti: è scomparso da questo mondo l’undici gennaio 1999, a meno di 59 anni. Ma la traccia che ha lasciato è tale che continuerà a vivere nella memoria di tutti per molto tempo. La RAI gli ha dedicato più di una trasmissione, tra le altre, a gennaio 2009, un’intera lunghissima puntata di “Che tempo che fa”, la trasmissione condotta su RAI 3 da Fabio Fazio. Le sue composizioni sono talvolta riportate come poesie sulle antologie scolastiche, privilegio raro per un “Cantautore”. Per questo, definire Fabrizio De André un educatore, oltre a tutto il resto, ci sembra un doveroso riconoscimento.

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

error: Sorry!! This Content is Protected !!

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Con questo sito acconsenti all’uso dei cookie, necessari per una migliore navigazione. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie vai su https://www.sound36.com/cookie-policy/

Chiudi