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Clair Obscur: Expedition 33, recensione: un capolavoro moderno

Scritto da Tommaso Cardia

Vediamo cosa ha permesso al titolo di essere subito considerato uno dei JRPG migliori di tutti i tempi, una lettera d’amore per chi ama i Videogiochi

Clair Obscur: Expedition 33 è stato il gioco che ho atteso di più quest’anno, innamorandomi prima della storia dietro lo sviluppo del titolo, del ristretto gruppo di sviluppatori alle prese con un’impresa colossale forti del proprio amore nei confronti degli RPG, in particolare dei classici giapponesi.
Avrete sicuramente già sentito parlare del gioco, che ultimamente è sulla bocca di tutti, e delle sue forti ispirazioni a titoli come Final Fantasy X, Xenoblade Chronicles, Legend of Dragoon e tanti altri classici JRPG da cui ha preso parecchio spunto.

Partendo quindi da basi solidissime e andando a prendere il meglio da ciascuno di quei capolavori, Expedition 33 è stato capace di aggiungere delle meccaniche in tempo reale stupendamente coerenti con il resto della formula, un tentativo precedentemente provato varie volte ma mai in maniera così convincente e ben strutturata. Se infatti il sistema di combattimento è di un classico JRPG a turni come Dragon Quest, in cui ogni personaggio gioca il proprio turno richiedendo al giocatore un approccio più cerebrale e ragionato, Expedition 33 ha introdotto, oltre a dei Quick Time Event (molto semplici, più per dinamicità che per aggiungere un ulteriore livello di sfida) per far riuscire un attacco, le meccaniche in tempo reale che permettono di contrastare gli attacchi nemici: 2 tipi di parata, la schivata e il salto. Queste sono a mio avviso una vera e propria rivoluzione storica per il genere dei JRPG, qualcosa che non va a togliere nulla all’aspetto strategico tipico dei sistemi a turni ma aggiunge ulteriori strati di profondità e rende ogni battaglia davvero, davvero divertente. Raramente mi sono divertito così, il combat system di Clair Obscur: Expedition 33 è semplicemente geniale: si compone per l’appunto di una base che unisce i classici JRPG a meccaniche più moderne prese dai giochi action, e consente di sperimentare tantissimo le build per ogni personaggio giocabile, grazie a un job system decisamente particolare che non va a modificare le abilità dei personaggi, che sono comunque tante e adatte ad approcci diversi, ma ne modifica radicalmente le statistiche, le resistenze e aggiunge delle abilità passive capaci di cambiare totalmente l’approccio del giocatore alla battaglia.
Se infatti durante le prime ore tendevo ad affidarmi molto alla schivata, che offre maggiori frame di invulnerabilità rispetto alla parata ed è quindi più semplice da usare, poche ore dopo ho capito che imparare ad usare la parata era non solo più efficace in quanto mi consentiva di infliggere tantissimi danni extra con i contrattacchi, ma era anche molto più divertente e appagante. E fidatevi, specialmente le bossfight segrete di endgame vi metteranno a dura prova.
Se da un lato il sistema di combattimento è quindi qualcosa di nuovo ma che sa comunque di classico, l’esplorazione e le mappe di gioco sono quanto di più classico possibile. Ogni area è esplorabile seguendo vari percorsi, pieni di oggetti nascosti, segreti, miniboss e collezionabili utili alla comprensione della lore, il tutto in delle ambientazioni mozzafiato ispirate e con un’art direction paurosa, e senza una minimappa da consultare per aumentare l’immersione del giocatore. Ogni area è collegata da una classica mappa del mondo, elemento tipico dei JRPG di una volta che si credeva ormai superata, ma che è stata implementata splendidamente, risultando comoda, efficace anche nel 2025 come sistema.

Il livello di difficoltà, sebbene selezionabile, è altalenante. Se infatti le sfide opzionali, specialmente in endgame, sono davvero complesse e richiedono un approccio strategico e tecnico, è molto facile overlivellare se, come me, vi piace completare ogni attività secondaria prima di proseguire nella storia principale, appiattendo tanto il livello di sfida. Questo è a mio avviso un errore di level design, sarebbe stato bello aver avuto sfide più impegnative anche nella storia principale, che avrebbero peraltro aumentato l’immersione. Può essere un po’ anticlimatico affrontare un nemico presentato come fortissimo, che ha messo alle strette i protagonisti durante la cutscene, e poi tirarlo giù in un turno solo con un paio di combo.

Parliamo ora della narrativa del gioco, un altro immenso pregio del titolo, che ha una storia interessantissima, piena di colpi di scena e davvero originale. Inizialmente mi sembrava un po’ troppo ispirata alla trama di Xenoblade Chronicles 3, muovendo gli stessi identici passi, ma prende poi una svolta totalmente diversa dopo un colpo di scena che, probabilmente, mi ha colpito ancora di più avendo ben presente l’ispirazione del titolo. La storia è intensa, mi ha fatto ridere, piangere, arrabbiarmi con i nemici principali per poi arrivare a comprenderli, e ho empatizzato con ogni singolo personaggio. Ciascuno di essi è scritto benissimo, doppiato benissimo, e soprattutto è umano: i dialoghi del gioco sono tra i più realistici che abbia mai visto in un videogioco, togliendo quella sospensione dell’incredulità tipica dei JRPG classici per un approccio più umano decisamente apprezzato e che si sposa meglio con l’atmosfera del titolo. Mi è piaciuto tantissimo immergermi in una trama così profonda, incentrata su tematiche come il dolore e l’accettazione di esso, una trama come non ne trovavo da parecchio tempo, capace di lasciarmi qualcosa dentro e di legarmi tanto a dei personaggi.

Expedition 33 fa leva anche sul comparto sonoro, con una soundtrack composta da tantissime tracce diverse, cantate in francese e che parlano sempre di qualcosa di importante, oltre a dare un tono all’ambiente. Inutile dire che, anche dopo aver ormai finito il gioco al 100%, non mi sono stancato di ascoltarle e ogni volta noto dei dettagli o dei riferimenti in più che magari non ho colto ascoltandole le prime volte, essendo magari delle anticipazioni estremamente velate.

Clair Obscur: Expedition 33 si presenta come molto pesante a livello tecnico, ottimizzato benissimo, gradevolissimo come animazioni e graficamente stupendo, ma con qualche imperfezione come pop-in nel mondo aperto e collisioni a volte (raramente) problematiche, curioso infatti aver incluso delle sezioni opzionali dedicate al parkour, a mio avviso le più deboli del gioco. Nulla di sconvolgente, ma sono dettagli che vanno comunque esplicitati per onestà intellettuale.

Avrete insomma capito che, con un game loop classico ma perfezionato e modernizzato a regola d’arte, una storia incredibile, profonda e coinvolgente, un comparto sonoro meraviglioso e un’art direction spaventosa il titolo è finito di peso tra i miei JRPG preferiti di sempre, allo stesso tavolo con altri JRPG moderni come Persona 5, Xenoblade Chronicles 3, Metaphor: ReFantazio e Dragon Quest XI, sedendo a capotavola. Non ho dubbi che il titolo rimarrà un caso storico, sia per la rivoluzione apportata al genere, sia per la storia del suo sviluppo nato dall’amore puro per il Videogioco, sia per qualsiasi altro motivo possa venire in mente. Expedition 33 è davvero un capolavoro moderno, un titolo come dovrebbero essercene tanti ma che, purtroppo, è davvero impossibile da produrre se l’obiettivo finale è il solo scopo di lucro. Rifacendoci quindi anche al discorso di Sven Vincke ai TGA 2024, non posso che augurare all’industria di ricevere più lettere d’amore come questa, poiché è ciò che serve per dare un po’ di vita a questa generazione decisamente sottotono, e il successo del titolo lo sta dimostrando.

Arrivati a questo punto della recensione, non senza analisi sulla posizione del gioco nel mercato come piace a me, posso dire che Clair Obscur: Expedition 33 è il titolo che più mi ha colpito quest’anno, e che ai tanti, tantissimi pregi del titolo sono contrapposti difetti praticamente trascurabili. Probabilmente, è il JRPG più vicino alla perfezione critica che abbia mai giocato, ludicamente perfetto e tecnicamente fenomenale, a parte per qualche imperfezione dovuta al budget comunque più limitato rispetto ai grandi Tripla A, per un gioco venduto a 50 euro e non a 80 come questi ultimi. Se credete che il gioco possa non fare per voi per qualsivoglia motivo, sia un’avversione ai sistemi a turni percepiti come “lenti”, sia per altre ragioni, il mio suggerimento è semplicemente di provarlo. Mi ricorda un po’ il periodo di uscita di Baldur’s Gate 3, con il pubblico innamorato di un sistema che prima credeva vetusto o poco affine ai propri gusti, per poi scoprire semplicemente un nuovo lato del medium che potesse appassionarli. Non mi stupirei se, tra 10, 15 o 20 anni, nei nostri discorsi continuasse a spuntare fuori quel titolo uscito da 30 appassionati nel 2025 capace di dare nuova luce al genere JRPG, creando un nuovo sottogenere. Chissà, la storia nasce solo con il tempo, ma i presupposti per fare di Clair Obscur: Expedition 33 un caso storico per questa generazione e per il medium videoludico intero ci sono tutti.

Congratulazioni a Sandfall Interactive, il vostro titolo di debutto è uno dei videogiochi più belli e intensi che abbia mai giocato.

About the author

Tommaso Cardia

Nato a Bracciano (Roma) nel 2003, sono cresciuto immerso nel mondo dei videogiochi fin da piccolo, con una forte passione per il giornalismo e il mondo della critica.
Amo la creatività, l'arte, l'impronta autoriale e la libertà, e mi piace spaziare tra tutti i generi videoludici e media artistici.

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