Recensioni

Carlo Maver – Solenne

Scritto da Sara Bonfili

Bandoneon e flauto, il connubio originale di Carlo Maver

Solenne” è il nuovo album di Carlo Maver, flautista, bandoneonista, compositore e scrittore. Un musicista interessato alle radici della musica popolare italiana, mediterranea e argentina, e a tutte le contaminazioni che gli derivano dai viaggi fatti: Kurdistan, Mali, il Sahara, Uzbekistan, Turkmenistan, Turchia e Indonesia. Ecco che in questo album mistico ed avventuroso allo stesso tempo, suona bandoneon, flauto, flauto basso e moxeno (flauto andino).
Vi partecipano il trombettista Paolo Fresu nel pezzo La morte non esiste, il maestro iraniano di Kamanche (violino verticale del medioriente) Hesam Inanlou nel brano Back then, we also had been.
L’album contiene 10 composizioni originali di Maver, oltre a rivisitazioni di due classici tra cui “Volver” di CarlosGardel e “Vidala Para Mi Sombra” di Julio Santos Espinosa. Un disco, come già accaduto per altri artisti, nato dalle esperienze degli ultimi anni comprese le solitudini delle quarantene, la scomparsa dei genitori, le riflessioni su una musica essenziale che si riscopre quando si compone da soli.
Carlo Maver è diplomato in flauto al Conservatorio Martini di Bologna. Allievo del bandoneonista Dino Saluzzi incontra Teo Ciavarella e Daniele Di Bonaventura a Bologna, e da lì iniziano gli affiancamenti importanti, con Eddie Gomez, Hengel Gualdi, Javer Girotto, Cheryl Porter, Simone Zanchini, lo stesso Di Bonaventura, Riccardo Tesi, tra gli altri. Poi costituisce un suo ensemble, il Maver Quartet, compone musiche per la televisione, collaborando con gli attori Natalino Balasso, Angela Malfitano, Matteo Belli e con il regista Paolo Billi. Nel 2015 ha pubblicato “Tracce d’Africa”, nel 2017 il suo primo libro “Azalai: 1500 chilometri a piedi nel deserto” (Pendragon), nel 2019 il disco, dal titolo programmatico, “Volver”.
Solenne”, spiega Maver, “perché l’uscita di un disco nuovo è una sorta di radiografia artistica di se stessi, della propria direzione e dei propri intenti. Solenne perché in un disco nuovo per quanto mi riguarda fra composizione, creazione e produzione ci finiscono tre anni di vita e con piacere mi ritrovo ancora alla ricerca di una ritualità che vede la musica come mezzo di introspezione e di ascolto più che di intrattenimento. Il solo, una sorta di ode alla fragilità, al coraggio di esporsi ai propri limiti per poterli superare, al coraggio di non riempire un silenzio. Una fragilità che si trasforma in forza grazie alla musica, risolvendo l’apparente ossimoro.”

 

About the author

Sara Bonfili

Sara Bonfili è giornalista pubblicista, videomaker e PhD in Italianistica, mamma di due maschi, innamorata della musica, soprattutto rock e jazz. Ama spezzare la monotonia delle attività quotidiane con mostre, ascolti, letture e tanta curiosità. Naturalmente, per riuscirci, non può che essere ottimista!

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