Ci sono tanti ragazzi italiani che partono anche per pochi mesi per studiare all’estero, compresi i miei figli. Come tanti altri genitori, ho sostenuto questo desiderio e questa scelta, inizialmente dovuta all’emulazione di altri, per dare l’opportunità ai ragazzi di imparare la
lingua e conoscere il mondo.
I ragazzi sono coraggiosi perché, dopo l’iniziale entusiasmo all’idea di avventurarsi in un luogo sconosciuto, si devono poi adattare alle piccole e grandi differenze della vita quotidiana: il cibo gli orari, i rapporti di amicizia, il metodo di studio. Conoscono nuove lingue e linguaggi, modi di vedere la vita e il futuro. Conoscono e si conoscono e scoprono attraverso la diversità le loro capacità.
Tutto questo avviene grazie alla lungimirante idea di una pedagogista, Sofia Corradi. Quarant’anni fa lei ha lottato insieme ad altri per far riconoscere alla Commissione Europea il progetto Erasmus, per cui i ragazzi potevano seguire un periodo dell’anno scolastico all’estero
senza abbandonare il proprio percorso formativo in Italia.
Il nome del progetto è ispirato a Erasmo da Rotterdam, filosofo umanista che viaggiò in tutta Europa e che scrisse, tra le tante opere, ‘L’elogio della follia” dove tra paradossi e ironia smaschera l’ipocrisia e gli inganni dei potenti e dei sapienti.
Tra gli obiettivi del programma Erasmus c’è “il promuovere lo sviluppo personale e professionale attraverso esperienze internazionali e incrementare la cooperazione tra i paesi europei e il resto del mondo”.
Mi domando allora se i nostri ragazzi, futuri sapienti, politici economisti, dopo aver conosciuto anche attraverso l’esperienza diretta, il mondo e la sua eterogeneità, riusciranno a comprendere le ragioni degli altri, i contrasti, le disuguaglianze e realmente cooperare e realizzare il bene comune?
Conoscere significa immagazzinare dati, concetti ed eventi, comprendere invece è la capacità di dare un significato, interpretare e collegare tali dati conosciuti tenendo in considerazione l’umanità con le sue fragilità. E se diamo retta a quell’Erasmus che elogiava la vera follia come unico modo per comprendere l’uomo e la sua realtà, incitiamo i nostri ragazzi a maneggiare tutta la loro conoscenza con una sana lucida follia.
Tutto questo avviene grazie alla lungimirante idea di una pedagogista, Sofia Corradi. Quarant’anni fa lei ha lottato insieme ad altri per far riconoscere alla Commissione Europea il progetto Erasmus, per cui i ragazzi potevano seguire un periodo dell’anno scolastico all’estero
senza abbandonare il proprio percorso formativo in Italia.
Il nome del progetto è ispirato a Erasmo da Rotterdam, filosofo umanista che viaggiò in tutta Europa e che scrisse, tra le tante opere, ‘L’elogio della follia” dove tra paradossi e ironia smaschera l’ipocrisia e gli inganni dei potenti e dei sapienti.
Tra gli obiettivi del programma Erasmus c’è “il promuovere lo sviluppo personale e professionale attraverso esperienze internazionali e incrementare la cooperazione tra i paesi europei e il resto del mondo”.
Mi domando allora se i nostri ragazzi, futuri sapienti, politici economisti, dopo aver conosciuto anche attraverso l’esperienza diretta, il mondo e la sua eterogeneità, riusciranno a comprendere le ragioni degli altri, i contrasti, le disuguaglianze e realmente cooperare e realizzare il bene comune?
Conoscere significa immagazzinare dati, concetti ed eventi, comprendere invece è la capacità di dare un significato, interpretare e collegare tali dati conosciuti tenendo in considerazione l’umanità con le sue fragilità. E se diamo retta a quell’Erasmus che elogiava la vera follia come unico modo per comprendere l’uomo e la sua realtà, incitiamo i nostri ragazzi a maneggiare tutta la loro conoscenza con una sana lucida follia.

