“Per me la musica è il colore, non il dipinto. La mia musica mi permette di dipingere me stesso” Immagino una frase, toccante, di David Bowie! Bob Lobrano, frontman e creatore della cover band Bowie Dreams, riconosciuta in tutta Italia. Vogliamo cominciare da qui?
Certo, è la sintesi di un concetto fondamentale: l’espressione artistica che parte dalla musica, ma che include praticamente ogni forma espressiva. David Bowie è stato un performer a 360 gradi, che ha esplorato praticamente ogni forma d’arte per esprimere la sua complessità e raccontare a più voci la sua poliedrica personalità. Ognuno può vedere in lui ciò che più si avvicina alla propria sensibilità. E’ stato un grandissimo autore di testi e di musiche, anche se ha faticato non poco a trovare la sua identità a inizio carriera, ha esplorato le arti figurative, l’estetica della moda, il linguaggio del corpo e la recitazione teatrale e cinematografica, è stato un pioniere del web e un’icona della trasgressione. Ma più di tutto è stato un acuto osservatore dei cambiamenti, un’antenna ricettiva dei segnali deboli e un grande assemblatore di idee, con l’intento di diffonderle alla portata di un pubblico il più vasto possibile.
Ora, detto ciò, tu hai di fronte solo un appassionato di musica che ama le sfide e che si diverte a interpretare le canzoni di un grande artista, conscio della distanza cosmica che lo separa dal modello, ma che, nonostante ciò, mette in gioco la propria sensibilità per cercare di trasmettere parte di quelle emozioni, che ha potuto ricevere dall’originale, in una sorta di racconto.
Non è solo musica pop, quindi, ma anche cultura e coinvolgimento emotivo. Mi piace raccontare storie…
Con me ci sono Giulia Sacchi alla voce, Vincenzo Pugliese alle tastiere, Federico Bigi alla chitarra, Mirko Morini alla seconda chitarra, Alessandro Malavolta alla batteria e da poco abbiamo un nuovo bassista: Maurizio Rubiu.
Vi ho conosciuti 2 anni fa ad una serata al Bravo caffè, locale bolognese, ed essendo fanatico del Duca, alla fine facemmo una foto insieme e avevo la maglietta originale del concerto visto nel 1983 a Frejus, in Francia. La vostra scaletta attraversa una buona parte della sua carriera. Quale è il criterio di scelta che usate per scegliere i pezzi?
Il progetto nasce dalla volontà di “raccontare” David Bowie attraverso le sue canzoni e non necessariamente quelle più famose, ma quelle più significative. Originariamente si è partiti con l’idea di portare almeno un brano per ognuno dei 25 lavori da studio che ha realizzato durante la sua lunga carriera. Ma poi ci si è resi conto che sarebbero rimaste fuori troppe canzoni fondamentali e quindi abbiamo arricchito via via il repertorio, fino ad un totale di circa 30 pezzi. Che non sono nulla rispetto al repertorio che mi piacerebbe affrontare…
Con quale spirito vi immergete nella memoria di Bowie? Quando interpretate alcuni brani di Black Star come vi sentite? Sei riuscito a mettere insieme una band molto compatta, con dei musicisti veramente all’altezza.
L’ultimo album è uno dei più difficili da ascoltare per un fan, poiché innegabilmente trasmette un senso di opprimente consapevolezza della propria ineluttabile fine.
Ma allo stesso tempo è un ulteriore balzo in avanti che ancora pochi hanno compreso nella sua totalità. Per ora abbiamo scelto di interpretare solo Lazarus che sintetizza il miglior saluto di commiato mai scritto, a mio giudizio. Non è facile interpretarlo senza commuoversi e devo dire che le prime volte che ho provato a cantarlo non riuscivo a finire senza che mi si formasse un nodo in gola.
Volevo spendere due parole per la tua corista: Giulia Sacchi, che trovo maturata un bel po’ e sempre presente al tuo fianco. (Non me ne vogliano gli altri del gruppo…)
Giulia, come tutti gli altri componenti della band, non era fan di Bowie quando ci siamo conosciuti, ma nel momento in cui ci si è misurati con alcuni brani è emerso un crescente interesse e coinvolgimento che poi ha portato ognuno a calarsi completamente nel senso di ciò che si stava facendo. Giulia è una cantante vera, una frontwoman che si è prestata a rimanere nelle apparenti retrovie, rinforzando l’espressività vocale che Bowie ha sempre voluto esprimere con l’aggiunta di importanti voci nel suo tessuto sonoro. Oggi è spesso lei che mi corregge e che organizza l’amalgama delle nostre voci.
Vorrei provocarti chiedendoti chi avresti voluto portare sul palco al posto di Bowie. Ritieni possibile metterlo a confronto con qualche altro big?
Io, come tutti ho iniziato a cantare cover e a scrivere pezzi ispirandomi ai miei idoli. Non sono nato fan di Bowie, ma mi ha sempre affascinato il suo distinguersi e comunicare. Il mio background da ventenne è nel brit pop, nella New wave anni ‘80 dei Simple Minds, dei Japan e dei Depeche Mode. Tutti gruppi fortemente ispirati da Bowie. Diciamo che sono tornato alle origini dei miei gruppi preferiti interpretando colui che li ha ispirati.Non escludo di portare un giorno sul palco non solo Bowie ma anche chi lo ha preso a modello in modo diverso.
Dei costumi che indossi ne vogliamo parlare? È incredibile con quanta cura hai scelto i costumi per avvicinarti sempre più al personaggio. Immagino che a casa tua, come nella mia, tu abbia un reparto dedicato a David!!
Come ti dicevo il progetto nasce come performance e racconto, quindi avrebbe la sua dimensione ideale a teatro. Per questo motivo è necessaria anche una certa cura nell’abito di scena. Non mi piace scimmiottare o imitare. Ciò che faccio è interpretare, come fa un attore, mettendoci comunque sempre del suo. In fondo lo stesso Davie Jones ha interpretato moltissimi personaggi quando saliva sul palco (e spesso anche fuori da esso). Ho avuto la fortuna di incontrare Emilia Pope, una sarta teatrale di scena che si è presa il compito di realizzare, partendo da semplici fotografie, due splendidi abiti. Uno da alieno di cui ci sono solo un paio di foto (periodo Ziggy Stardust) e l’altro invece è il cappotto disegnato originariamente da Alexander McQueen per l’album Earthling (1997). Una bella sfida che però lei ha vinto a mani basse, grazie alla sua esperienza e al suo estro artistico. Il primo è molto scenografico ma anche difficile da vestire a causa del materiale non traspirante, il secondo è invece comodissimo e mi aiuta molto a entrare nel personaggio.
Ogni tanto indosso anche delle maschere di cartapesta che ho realizzato io stesso sul calco dell’opera di un ceramista ritrattista ligure, che ha fatto una riproduzione perfetta del volto di Bowie nel 2016.
Ricordo che durante un live, venne a vedervi un’altra cover band di Bowie; alla fine vennero a farvi i complimenti per la perfezione tecnica, ma soprattutto per il coinvolgimento emotivo che siete riusciti a trasmettere. A quando un disco per l’ascolto? Io non lo trovo per nulla scontato!
La rivalità tra band che interpretano lo stesso artista la trovo priva di significato. In fondo siamo persone con una stessa sensibilità e delle passioni comuni, quindi ben vengano musicisti con i quali condividere questo messaggio culturale ed emotivo. In quell’occasione è stato molto gratificante ricevere i loro complimenti.
Per quanto riguarda una registrazione, non so fino a che punto abbia senso farla in studio. Mi piacerebbe invece la realizzazione di un video live dove si trasmette l’energia del palco e dove la narrazione prende vita…
Vi ho visti anche in trio acustico. Siete stati stupendamente coinvolgenti e distributori di emozioni. La fase iniziale di David Bowie non è stata delle migliori.
All’inizio della sua carriera Bowie aveva un’urgenza espressiva impellente, ma ci ha messo un po’ a comprendere come esprimerla senza copiare i suoi modelli. In diverse occasioni si è espresso in solitaria con la sua chitarra e in ambiti molto raccolti dove riusciva a entrare quasi in comunione con il suo pubblico.
Come Bowie Dreams abbiamo provato a creare una situazione più raccolta in semiacustica con tastiere, chitarra, voci e cahon (che suono io in modo molto istintivo). Devo dire che è stato molto stimolante e mi piacerebbe che portassimo avanti questo progetto parallelo alla band in situazioni dove è oggettivamente difficile presentarsi in sette.
Per concludere ti chiedo come state vivendo questo periodo cosi restrittivo, dove l’Arte è stata per ora bandita. Molti vostri colleghi forse non riusciranno più a calcare un palco. Chissà David cosa avrebbe pensato (Quando un’artista ha completato la sua opera, essa non gli appartiene più cit. David Bowie)
I Bowie Dreams non sono professionisti della musica, ma solo amanti e queste restrizioni ci hanno naturalmente penalizzati come tutti, ma il mio pensiero va agli operatori dello spettacolo che fanno musica, teatro, rappresentazioni circensi o service di mestiere e che ora non sanno come andare avanti in questo triste momento.
Speriamo solo che questa situazione venga affrontata in un modo più equo e che si trovino presto soluzioni mediche che ci permettano di tornare a quella normalità di cui tutti noi abbiamo bisogno.
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