Si è tenuto sabato 23 luglio, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il concerto dei Blonde Redhead, il gruppo indie rock statunitense, composto dalla giapponese Kazu Makino, voce e chitarra elettrica, e dai gemelli italiani Amedeo Pace, voce e chitarra, e Simone Pace alla batteria.
Un concerto speciale, un tempo rarefatto, sospeso, in cui la band si è esibita in una reinterpretazione dell’album “Misery is a Butterfly” riarrangiato con un ensamble d’archi, due violini, due viole e un violoncello.
“Misery is a Butterfly”, pubblicato nel 2004 dalla 4AD e prodotto da Guy Picciotto, è il sesto album dei Blonde Redhead. Pietra miliare della musica indie rock degli ultimi 20 anni, è stato un traguardo fondamentale nella storia della band, uscito in un periodo particolarissimo in cui, Kazu, in seguito ad una caduta da cavallo, si era dovuta sottoporre ad una serie di interventi chirurgici, ed in più, durante l’ultimo tour, si era ammalata di broncopolmonite.
L’uscita dell’album era stata rimandata anche in seguito ad un grave lutto che aveva colpito Guy Picciotto. Qualcosa sembrava opporsi alla riuscita di questo lavoro, eppure quell’attesa è servita a rendere l’album completo, equilibrato, affinché la band potesse tornare sulle singole tracce e fare scelte puntuali. Quel tempo è stato fondamentale e ha fatto in modo che l’uscita di “Misery is a Butterfly” diventasse punto di svolta per la band, ampliandone gli orizzonti e permettendo loro di arrivare ad un pubblico molto più vasto rispetto ai lavori precedenti.
Il riferimento all’incidente di Kazu è presente all’interno dell’album: nella parte grafica ci sono diversi riferimenti a figure equestri e una delle tracce d’intitola “Equus”. Inoltre tutto l’album sembra pervaso di una evanescente fragilità.
Un album che sembra senza tempo, come ogni capolavoro che si rispetti, e che sospende quello dell’ascolto in una magica aurea di rarefatta eleganza e minimalismo.
La band ha eseguito le tracce dell’album tutto d’un fiato, pochissime parole a presentare, quasi nessuna. L’arrangiamento con gli archi è sublime e amplifica l’eleganza e la delicatezza di un lavoro che è già un gioiellino, di per sé.
Nella seconda parte del concerto la band ha dato spazio al resto del repertorio e, dopo il bis, si è fermata a salutare e a fotografarsi con il pubblico.
Un concerto durato circa un’ora e mezza, poco meno, comunque mai abbastanza per godere della loro leggera malinconia, di quel sensibilissimo equilibrio tra forza e delicatezza che fa dei Blonde Redhead uno tra i migliori gruppi indie rock di tutti i tempi.
Blonde Redhead @ Auditorium PdM
Un live sospeso in un’aura rarefatta e senza tempo che ha portato sul palco uno dei più album indie rock degli ultimi 20 anni