Una piacevole chiacchierata con i Blake Rascals, band marchigiana della provincia di Ancona, nata all’inizio di quest’anno. Del loro immaginario e influenze, abbiamo parlato qui perché crediamo in chi fa musica bella in modo autentico e viscerale.
Potreste raccontarci come è nato il vostro progetto musicale e da cosa la scelta del nome della band?
I Blake Rascals nascono ad inizio 2025, da un’esigenza comune di creare qualcosa che andasse oltre il fare musica. Volevamo il disordine bello, quello che succede quando le cose ti sfuggono di mano e diventano vere. Il nome: “Blake Rascals” unisce l’immagine di William Blake che ha sempre sfidato i confini con la forza della sua immaginazione e visione a quella di “Rascals” che richiama l’idea di essere un po’ dei “furfanti” rispetto al poeta. Volevamo portare il caos della strada dentro la sua visione, essere irriverenti ma sinceri, liberi, ma allo stesso tempo profondamente ispirati da quella stessa forza che animava Blake.
Come nasce un pezzo dei Blake Rascals?
Beh…non c’è una formula precisa, sai? Di solito parte tutto da un’idea che arriva quando meno te lo aspetti. Normalmente sono io (Giuseppe) a buttare giù le prime stesure dei brani. Scrivere canzoni è un po’ come “aspettare delle consegne”, l’ispirazione arriva (a volte) in momenti imprevedibili e la pazienza è essenziale. La scrittura per me è qualcosa di molto solitario. Mi chiudo in studio o in casa e comincio a cercare un’atmosfera più che una struttura. Non mi siedo mai con l’intento di scrivere una canzone, ma piuttosto inseguo una sensazione, qualcosa che mi faccia dire: “Sì, questa ha un cuore”. Poi la porto ai ragazzi e lì cambia tutto. L’energia della band è fondamentale. Alcune canzoni prendono forma in modo naturale, altre ci mettono un po’ di più. Ma quando funziona, lo capisci subito. È come se il pezzo ti parlasse dicendoti “eccomi sono io!”.
Quali sono state nel corso degli anni le vostre influenze musicali e più generalmente artistiche?
All’inizio era tutto molto diretto. Stavi in cameretta ad ascoltare The Libertines, The Strokes, gli Arctic Monkeys e pensavi: “anch’io voglio farlo con la mia band.” Poi col tempo si cambia. Cominci ad ascoltare cose che non avresti mai immaginato.
Anche il cinema ha avuto un impatto. Kubrick, Lynch, Fellini, quel tipo di filmografia ti resta addosso. È come una sensazione che poi ti ritrovi nelle canzoni, nei suoni, nei testi. Lo stesso vale per la letteratura: Rimbaud, Dylan Thomas, Verlaine, Emily Dickinson. C’è qualcosa di viscerale nel modo in cui scrivono, come se ogni verso fosse uscito da una ferita. Dino Campana ad esempio ti fa scoprire la prosa che suona, piena di ombre e bellezza. E poi William Blake… è una specie di presenza fissa. Leggerlo oggi è ancora fondamentale. Unisce poesia, arte, profezia, parla della libertà, dell’immaginazione, del potere. Non è questione di capire tutto, ma di lasciarsi attraversare dal ritmo, come succede con un buon riff che ti rimane dentro proprio come le parole che restano in testa anche quando chiudi il libro. Alla fine le influenze si muovono, si mescolano, cambiano pelle. A volte arrivano da un disco del ’72, altre da una pubblicità alla radio mentre fantastichi di essere su un taxi a Los Angeles. Ma tutto serve, tutto finisce nel calderone.
E i vostri attuali ascolti?
Giuseppe: ultimamente mi sto perdendo in cose abbastanza lontane da quello che suoniamo con la band, anche se in qualche modo trovano sempre un fil rouge con i pezzi. Tipo Richard Hawley che ha quella scrittura sospesa, nostalgica, che sembra arrivare da un altro tempo. Mi piacciono quei dischi che sembrano registrati a mezzanotte, quando il mondo è silenzioso, ma la testa no. Riascolto spesso Scott Walker, soprattutto i dischi più strani, quelli dove non sai se stai ascoltando un’orchestra o una crisi esistenziale. È come guardare un film dentro una canzone. E poi Nino Ferrer, c’è qualcosa in lui che mi prende, quella capacità di passare dalla leggerezza alla malinconia in un attimo. Ha un’eleganza sghemba, quasi teatrale. Ti ritrovi a sorridere e subito dopo a pensare a qualcosa che avevi dimenticato.
Andrea: quando a Cillian Murphy chiesero: “Sei sui social media?”, lui rispose: “I’m too old for that, you know…”. Con la musica è uguale, per quel che mi riguarda. Di conseguenza, non sto ascoltando nulla, se non cose di almeno 20-30 anni fa.
Simone: per quanto riguarda gli ascolti vengo catturato e attratto soprattutto dal ritmo, da come la batteria riesce a conferire quel tocco speciale a un brano. Una delle mie band preferite è: A Perfect Circle, nei loro pezzi si crea un connubio perfetto tra ritmica e melodia. Apprezzo molto anche tutto il filone britpop: dagli Oasis ai Milburn, fino ai Klaxons, che ho sempre adorato. Infine, da buon batterista, non posso che amare la musica jazz, con giganti come John Coltrane, Miles Davis e Chick Corea a fare da maestri.
Cos’è essenzialmente la musica per voi?
È difficile da dire, davvero. A volte pensiamo che la musica sia una specie di eco di qualcosa che non riesci a spiegare a parole, ma che insiste dentro di te finché non la tiri fuori in qualche modo. Non è solo melodia o ritmo, è uno spazio in cui puoi far entrare le cose che altrimenti non sapresti dove mettere: i sogni strani, i ricordi sfocati, la malinconia che ti prende nei giorni buoni. È come una macchina del tempo emotiva. Può portarti da un’estate che non hai mai vissuto a un amore che non hai mai avuto e lo fa senza chiederti il permesso. Forse alla fine è solo questo: un modo per cercare qualcosa. O per perderti meglio.
Qualche anticipazione sui prossimi live e l’album?
Queste le prime date in programma:
30 Maggio – Passepartout, Recanati (MC)
7 Giugno – Hello Circle, Rocca San Giovanni (CH)
5 Luglio – Bar Pacio’s Pub, Ancona (AN)
Il primo singolo uscirà i primi di giugno, registrato al “Fleur Blue Studio” di Corinaldo (AN) con Michele Bellagamba un posto mistico che ha davvero contribuito a dare una certa atmosfera alle tracce. Abbiamo lavorato a un EP di sei pezzi, che uscirà all’inizio dell’anno prossimo, ma nel frattempo, vogliamo solo suonare il più possibile, portando la nostra musica in giro e lasciando che la cosa prenda forma in modo naturale.
Infine, un grazie a te Annalisa per l’intervista e per lo spazio che ci ha dedicato. È stato un piacere.
Line up Blake Rascals:
Giuseppe Palumbo: testi, voce, chitarra.
Andrea Marcellini: basso, cori.
Simone Raggetti: batteria.