Recensioni

Banda Venturi – L’amore al tempo della lira

Scritto da Gin Tasca

Questa famiglia canta l’amore per l’amore, suona la fisarmonica della passione, batte sui tamburi dei ricordi e mai dei rimpianti, graffia le imperfezioni delle storie finite e di quelle mai iniziate

Carne e musica parlano, cantano, suonano, si avvinghiano, si stringono, si abbracciano battono al ritmo dell’unica lingua incomprensibile e, perciò, libera: l’amore.
Poeti, scrittori, esploratori e pantofolai, guerrafondai e pacifisti, musicanti e giocolieri, tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo gioito e sofferto per amore, chi precocemente, chi in età adulta, tutti abbiamo sentito quella sensazione totalizzante, bruciante e pervasiva che cambia il nostro modo di vivere e le nostre percezioni.  Neppure i ragazzi della Banda Venturi non stati immuni a questo incantesimo, anzi, questi tre fratelli bolognesi ne musicano i segni sulla pelle e le cicatrici sul cuore con l’album “L’amore al tempo della lira”.
Cantano l’amore delle carezze non date, quello che entra dal cuore ed esplode dalle mani, di corpi che si cercano nella notte e si intrecciano sotto la pioggia, di muri fatti di assenze e castelli di nebbia. Un amore che respira fra le pieghe del mantice della fisarmonica del loro padre e la passione della loro madre gitana. 
Le dieci tracce dell’album racchiudono la vita dei tre fratelli Venturi sulle note di valzer e tanghi che, da sempre, fanno da collante alla famiglia. Gianni, voce e poesia, Maurizio, musiche e chitarra, Valerio, basso e arrangiamenti, impregnano queste tracce di immagini carnose e vive, in cui si sente tutta la consapevolezza di ogni segno impresso dall’amore, mentre la fisarmonica ariosa di Manuela Turrini dà vigore al fuoco mai spento della passione.
Il titolo dell’album rimanda al vegliardo conio proprio perché il disco raccoglie le esperienze lunghe tutta una vita, a cominciare dai sogni di ragazzo del brano “Castelli di nebbia”, per poi attraversare i ricordi del padre innamorato di una madre ormai anima d’argento nel brano “Il suonatore e la ballerina”, fino ad arrivare ai tramonti infuocati di chi non si riconosce in un mondo privo di tenerezza del brano “Lo spioncino della notte”. 
Questa famiglia canta l’amore per l’amore, suona la fisarmonica della passione, batte sui tamburi dei ricordi e mai dei rimpianti, graffia le imperfezioni delle storie finite e di quelle mai iniziate.
É una storia d’amore che parla d’amore con i segni lasciati nell’anima, con l’unica consapevolezza che, per quanto profondi, non vale la pena vivere senza.

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Gin Tasca

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