Interviste

Street Clerks, INTERVISTA

Abbiamo parlato con loro del comeback discografico, di Alessandro Cattelan e tanto altro ancora

Noti ai più per essere il gruppo che accompagna live Alessandro Cattelan su Sky Uno nella trasmissione televisiva E Poi C’è Cattelan, gli Street Clerks ci raccontano il loro comeback discografico, avvenuto tre anni dopo il debut album Fuori del 2015. Parleremo di questo e…molto altro.

Partiamo dagli albori: come nasce la band e il nome Street Clerks?
Gli Street Clerks nascono nel 2007. All’epoca avevamo circa vent’anni ed erano già più o meno cinque anni che ognuno suonava in diversi gruppi fiorentini. In quell’anno, però, avvenne l’effettiva unione dopo questa militanza in altre band. Da lì abbiamo iniziato ad esibirci insieme partendo da piccoli pub e nel giro di due o tre anni abbiamo preso a suonare con più frequenza, dapprima a Firenze per poi fare anche qualche data sparuta in Emilia Romagna. Abbiamo scelto questo nome perché ci piacevano le due parole “Street” e “Clerks” messe vicine. “Street” perché eravamo anche un po’ buskers, suonavamo dappertutto, poi con Cosimo che usava come strumento il contrabbasso e non avendo il batterista inizialmente, ci esibivamo anche per strada. “Clerks” perché avendo questo nostro stile vintage anni ’60 anche nel vestire, camicia o giacca e cravatta, apparivamo come degli impiegati o dei commessi. Commessi di strada per l’appunto.

Da qualche mese è uscito Com’è Andata La Rivoluzione?, il vostro secondo disco. Che differenze troviamo rispetto all’album di debutto Fuori?
Questo è un disco più vario: Fuori è stato un lavoro in cui le sonorità andavano soprattutto sul filone New Folk. In quel periodo erano venuti fuori i Mumford & Sons, il gruppo di punta di quella corrente lì, che ascoltavamo molto.
Com’è Andata La Rivoluzione?, complice anche la partecipazione a due edizioni di E Poi C’è Cattelan, in cui abbiamo suonato tantissimi generi, con tantissimi ospiti, non segue, per scelta, un singolo filone di riferimento. Abbiamo buttato giù dei brani e li abbiamo arrangiati così come veniva la prima, nel senso che siamo quattro persone abbastanza diverse, ognuna con il proprio background, ognuna che imprime la propria influenza su ogni singola canzone.

Visto che mi avete nominato Alessandro Cattelan, ci volete ricordare come ha avuto luogo il fortunato sodalizio con lui?
Ci ha visto in un concerto, subito dopo la nostra partecipazione a X Factor. Lui in quei giorni stava mettendo su il team per la prima edizione del suo programma, E Poi C’è Cattelan. Molto probabilmente era alla ricerca di una band e probabilmente la nostra performance l’ha convinto a fare un tentativo con noi.

Tra le vostre ispirazioni è impossibile non citare i Beatles. Ma quali altri artisti hanno influenzato il vostro percorso di crescita musicale?
Sicuramente come sonorità siamo tutti e quattro molto affezionati al Rock ‘N’ Roll. Ci piace anche l’Indie e abbiamo questa vena marcata di stampo Folk, data soprattutto da Alexander che è mezzo inglese e mezzo americano. Ci metterei dentro anche un generico Pop, che può andar bene per tutte le occasioni, senza dimenticare il movimento Brit degli anni ’90, quindi Oasis, Blur e così via.

Leggo che avete duettato con mostri sacri come De Gregori, Robbie Williams, Carmen Consoli. Chi è il prossimo nella lista ipotetica dei vostri sogni?
Mi vengono in mente Zucchero e Jovanotti. Sempre se si può sparare alto (risate, ndr). Tutto sommato può anche essere realizzabile in un contesto come E Poi C’è Cattelan, dove abbiamo collaborato anche con Robbie Williams, come dicevi tu. Anche se come band sarebbe un passo avanti duettare ad esempio con Cosmo, che abbiamo visto dal vivo ed è davvero molto coinvolgente.

Tornando a Com’è Andata La Rivoluzione?, può essere definito il disco della svolta verso la consacrazione o vedete davanti a voi un cammino ancora lungo e tortuoso?
La seconda che hai detto decisamente. Siamo stati fortunati a conoscere Alessandro, che ci ha dato l’opportunità di crescere e lavorare con lui. Dal punto di vista live effettivamente dobbiamo curare ancora molto questo aspetto. Ti spiego: se fino al 2013 avevamo suonato moltissimo nella zona fiorentina, dopo l’esperienza a X Factor, per vari motivi, abbiamo trovato difficoltà nel gestire la situazione una volta usciti da un programma che ti dà un’esposizione mediatica così forte. Adesso stiamo cercando un attimo di ritornare in modo più solido sul binario dei concerti dal vivo, per cercare di affermare l’immagine di una band live vera e propria, perché è quello che siamo e che abbiamo sempre voluto essere.

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Giovanni Panebianco

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