Interviste

Enrico Ruggeri & Decibel @ Pescopennataro, Intervista

“se oggi accendi qualche radio, di quelle che sappiamo, e fai zapping, capisci che ci dev’essere un anticristo, perché non è possibile che di colpo si è passati dai Led Zeppelin, dai Clash, da Bowie, da Lou Reed alle cose che ascolti oggi. Ci dev’essere una regia. Non può essere un caso”

In questo 11 Settembre ci troviamo in terra molisana e precisamente a Pescopennataro, in provincia di Isernia, un paese incantevole immerso tra le montagne, abitato da persone davvero accoglienti ed ospitali. In questa cornice fatata i Decibel concluderanno il loro tour iniziato ad Aprile, con cui hanno portato in giro per l’Italia i brani del loro ultimo lavoro, L’Anticristo, uniti ai capisaldi del loro repertorio e a quelli della carriera solista di Enrico Ruggeri. Proprio lui, insieme a Fulvio Muzio, sono i protagonisti di questa intervista realizzata pochi attimi prima del loro ingresso sul palco.

Siete stati una sorta di precursori del Punk italiano. Cosa fece scattare la molla all’epoca?
Fulvio: Eravamo compagni di classe ed avevamo gli stessi gusti musicali. Ci scambiavamo un sacco di dischi ed informazioni. Questa penso sia stata la base per la genesi dei Decibel.

Una reunion avvenuta dopo oltre tre decenni. Come è nata la voglia di tornare a suonare insieme?
Enrico: Un po’ per caso. Eravamo sempre rimasti in contatto. Io seguivo le loro attività musicali così particolari di Ambient e musicoterapia. Loro più volte sono stati visti ai miei concerti. Insomma un’amicizia che non è mai finita. L’idea è nata alla festa di un amico, una festa a porte chiuse, diciamo. Noi tre che saliamo sul palco e ci diciamo “Eseguiamo un pezzo, facciamo un vinile giallo, lo regaliamo, ne stampiamo 50 copie”. Da lì abbiamo riiniziato a scrivere. La cosa ha, poi, pian piano preso forma, è cresciuta senza che, quasi, ce ne accorgessimo. A un certo punto abbiam capito che almeno un disco dovevamo farlo ed è venuto fuori Noblesse Oblige, a cui è seguita una tournée e un secondo album.

All’ultimo Festival di Sanremo avete partecipato con la canzone “Lettera Dal Duca”, un omaggio al mai troppo compianto David Bowie. In che modo ha influenzato la vostra musica?
Enrico: La prima cosa è senz’altro l’atteggiamento. Bowie è sempre stato uno che amava cambiare, non seguiva il mercato, anzi lo anticipava. Nel momento in cui era al massimo del successo con qualcosa, faceva qualcos’altro. Aveva una grande indipendenza, al di là di composizioni meravigliose e di un ultimo album, Blackstar, che forse è il migliore che abbia mai fatto. E te lo dico io che l’ho ascoltato ancora prima di sapere che stava morendo, quindi privo di quel coinvolgimento terribile che è arrivato dopo. E’ stato un grandissimo.

Il vostro ultimo disco si chiama L’Anticristo. Come mai un titolo così ad effetto e, se vogliamo, controverso?
Fulvio: E’ un titolo sicuramente ad effetto, come hai detto tu, anche se poi il significato potrebbe esser equivocato. Noi non abbiamo inteso parlare di questioni religiose o altro, ma ci riferiamo a una sorta di lobby che sta al di sopra di tutti i potenti della Terra e che ne condiziona le scelte. Quindi decreta dove scoppieranno le guerre, dove ci saranno le carestie, fino ad arrivare in profondità, suggestionando e abbassando il livello di consapevolezza delle persone, relativamente anche ai gusti musicali.
Enrico: Diciamola tutta: se oggi accendi qualche radio, di quelle che sappiamo, e fai zapping, capisci che ci dev’essere un anticristo, perché non è possibile che di colpo si è passati dai Led Zeppelin, dai Clash, da Bowie, da Lou Reed alle cose che ascolti oggi. Ci dev’essere una regia. Non può essere un caso.

A quale canzone del vostro repertorio vi sentite più legati?
Fulvio: E’ una bella domanda. Di solito si dice che si è sempre più legati a quelle recenti, perché sono le ultime nate, quelle che si hanno ancora dentro. Però, in realtà, essendoci stato un percorso così particolare e con un intermezzo così lungo, anche le prime canzoni ci piace molto riascoltarle e suonarle. Tra queste possiamo citare quelle che proponiamo spesso sul palco: “Superstar”, “Il Lavaggio Del Cervello”, “Vivo Da Re”, “Contessa”.
Enrico: Per me “Lettera Dal Duca”, alla luce dei 34 album realizzati, rimane uno dei brani di cui sono più orgoglioso.

Qualcosa bolle in pentola al momento?
Enrico: Abbiamo navigato a vista da sempre, siamo giovani, qualcosa succederà senza aspettare altri trent’anni (risate, ndr).

Intervista e Fotografie di Giovanni Panebianco

 

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Giovanni Panebianco

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