Andrea Carboni è un cantautore italiano originario di Pisa che ha trascorso quasi tutta l’infanzia a Ginevra. L’11 aprile è la data di uscita del suo quarto album: Passanti, mostri e fantasmi, un viaggio intimo che si dipana attraverso otto tracce che mettono in luce le relazioni umane e i loro lati oscuri, le molteplici identità che un essere umano può assumere, la consapevolezza del mutare e della fragilità del vero. Ne abbiamo parlato in quest’intervista.
Da cosa è nata la tua passione per la musica e quali sono stati i tuoi primi approcci con essa?
Il mio primo approccio con la musica è avvenuto con lo studio del pianoforte, che purtroppo ho abbandonato con l’arrivo dell’adolescenza. Non ero circondato da grandi appassionati di musica quindi i primi ascolti significativi sono arrivati tardi, così come i primi concerti da spettatore. Un giorno, avrò avuto diciassette anni, ho sentito una ragazza suonare una chitarra acustica, al tempo odiavo il suono delle chitarre classiche “plettrate”, pensavo esistessero solo quelle e per me è stata un’illuminazione…dovevo assolutamente imparare a suonarla e così, un po’ da autodidatta e un po’ con l’aiuto di “ammiocuggino”, in qualche modo ce l’ho fatta. A livello di ascolti, dopo un primo periodo passato fra Dire Straits e Pink Floyd, sono stato fulminato da “Don’t look back in anger” degli Oasis, poi sono arrivati i Radiohead e i Sigur Ros e poi piano piano ho recuperato tutto quello che mi ero perso fino a quel punto, partendo dai grandi cantautori italiani e stranieri.
Come nascono solitamente i tuoi album? Puoi raccontarci del processo di composizione?
I miei album nascono tipicamente da un concept e da delle immagini, come fossero fotografie di momenti vissuti. Non amo molto raccontare storie, mi piace dare delle suggestioni dove ognuno può immaginarsi un po’ quello che più lo identifica. Forse per deviazione classica, ma parto sempre da un’idea strumentale che sviluppo fino a quando entro in connessione con essa. A quel punto le cose diventano abbastanza facili, perchè le emozioni diventano immagini e le immagini diventano parole. In questo “Passanti, mostri e fantasmi” c’è stato un processo di composizione per me nuovo e davvero significativo per la riuscita del tutto. Su suggerimento di Paolo Mauri (che ha prodotto il disco e con cui collaboro dal mio secondo album “DUE [ ]”), ho inviato a Daniela Savoldi (che ha curato tutti gli archi del disco e con la quale ho suonato live per la gran parte delle date del mio disco precedente) una prima stesura piano e voce (potrei dire anche piano e mugolii, non avendo ancora scritto le parti vocali della maggior parte dei brani) molto essenziale e solo indicativa, sulla quale lei ha composto gli archi: diverse tracce per ogni brano fino a formare vere e proprie tessiture orchestrali. Paolo ha poi allestito, con uno studio mobile, la stanza da dove da sempre compongo: per le registrazioni ho utilizzato il mio pianoforte verticale e partendo solo dalle composizioni di violoncelli di Daniela ho costruito tutto il resto, ricomponendo parti e intrecci pianistici, strutture delle canzoni e raffinando le melodie vocali.
Canti in diverse lingue: quale di esse senti più adatta per esprimere emozioni e sentimenti?
Indubbiamente l’italiano, perché per il mio modo di scrivere ho necessità di padroneggiare veramente a fondo i significati delle parole. Ci tengo poi a sottolineare che i miei testi francesi (faccio riferimento per esempio a “Des larmes et leurs cendres” del mio primo album) sono stati adattamenti di poesie di Melò, una mia cara amica francese.
Parliamo dell’ultimo album in uscita: chi sono i Passanti, Mostri e Fantasmi?
Intanto ci tengo a dire che “Passanti, mostri e fantasmi” nasce da una finestra aperta sul mare della Sardegna, terra alla quale sono molto legato. In queste otto canzoni provo a raccontare relazioni fra esseri umani che poi ritornano su loro stesse, un viaggio che mira a mettere in discussione ruoli, decisioni, sogni, ideali, in un continuo nascere e morire di passanti, mostri e fantasmi. Chiunque è o può essere trasformato in un passante, mutando da conosciuto a sconosciuto, oppure in un mostro, vedendosi attribuite qualità, particolarità, meriti, ma anche demeriti o difetti che non gli appartengono, ma che appartengono all’immaginario di chi li crea; o infine fantasmi, come chi esce da una vita ma in qualche modo, in qualche forma, rimane lì, appeso, da qualche parte. Ho cercato insomma di raccontare alcune delle cose che stanno in quelle scatole chiuse che tipicamente si mettono in un angolo e si dimenticano con la consapevolezza della loro mutevolezza, della loro fragilità e del loro essere allo stesso tempo giuste e sbagliate.
Sono previsti live dopo l’uscita del disco? In Italia e all’estero?
Certamente, vorrei portare questo disco dal vivo il più possibile, ma per fare questo è necessario molto impegno. Il set completo sarà in trio con me al pianoforte, sequencer e voce, Daniela Savoldi al violoncello e Erika Giansanti alla viola. Stiamo lavorando molto per cercare di dare un’identità al live che sia fedele al disco, ma in chiave più minimale e diretta. Sono molto contento di quello che sta venendo fuori e a partire dall’estate spero di iniziare con le prime date di quello che spero sarà un lungo tour.